Moto Haigo è una simpatica signora di 71 anni. Nel 1997 è stata la prima donna, nonché la terza mangaka, dopo Tezuka e Mizuki, a vincere il premio Asashi, conferito alle personalità che con il loro lavoro abbiano dato un contributo fondamentale alla cultura e alla società giapponese. Hagio ha contribuito a ridefinire il manga shōjo e nello specifico lo shonen-ai, che l’ha resa tra le più amate e influenti mangaka della sua generazione, sapendo trasferire le sue passioni letterarie per la fantascienza e il romanzo di formazione in un genere allora ritenuto minore.
L’esordio risale agli anni liceali, quando pubblica sulla rivista Nakayoshi, Ruru to Mimi, una storia breve che attira subito l’attenzione dei lettori e delle case editrici. La consacrazione arriva però nei primi anni Settanta con la serie Il Cuore di Thomas, in cui l’autrice affronta lo shonen-ai, che rappresenta di fatto uno dei primi esempi del genere insieme a Il poema del vento e degli alberi di Takemiya Keiko.
Tuttavia, il suo capolavoro resta Il clan dei Poe, serializzato tra il 1972 e il 1976 sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic dell’editore Shogakukan e raccolto in 5 tankōbon. L’edizione, fresca di stampa, dell’editore J-Pop segue quella dell’americana Fantagraphics Books in due volumi, e colma un vuoto importante in Italia, vista la scarsa reperibilità della precedente pubblicata da Ronin Manga in tre volumi circa 10 anni fa e ormai fuori catalogo.
Al centro della saga vi sono le figure di Edgar e Marybell Portsnell, due trovatelli accolti e adottati dall’anziana Hannah del Clan dei Poe, matriarca dei vampanella, un popolo di vampiri romantici e pacifici. Il contesto scelto dall’autrice è un’Europa fittizia a cavallo tra il tardo XVIII secolo e il XX secolo: la dimensione esotica (agli occhi della popolazione orientale) le permette di creare un romanzo di formazione dalle tinte gotiche in cui dipanare una saga lunga quasi due secoli. La maestria della Hagio risiede nella capacità di narrare tramite ellissi temporali in maniera non lineare, inserendo nel flusso del racconto digressioni e storie secondarie.
La capacità di giocare con i piccoli e i grandi eventi della Storia è una caratteristica peculiare della scrittura della mangaka. I suoi personaggi – romantici, disperati e decadenti – si muovono tra i margini, cercando di sopravvivere in una società allo stesso tempo disincantata e superstiziosa: un mondo in cui la scienza ha soppiantato antiche credenze, ma le cui recrudescenze più che animate da una fede magica nelle tradizioni del passato assumono i caratteri di una caccia alla diversità e all’anomalia; a ciò che non dovrebbe esserci ed, invece, nonostante tutte le belle parole del progresso, continua ad esserci.
Quello che stupisce però è lo stile narrativo dell’opera: a distanza di quasi mezzo secolo, appare fresco e sorprendente. Il debito verso Tezuka è evidente (basterebbe guardare la mimica dei personaggi, l’uso di fisiognomiche caricaturali, il ritmo e la prossemica dei corpi), ma Hagio è stata capace di innervare il tutto su uno stile non solo dinamico e funzionale – con uno storytelling preciso – ma anche elegante, in cui la decorazione è al contempo superflua e utile, non solo quindi puro vagheggiamento estetico.
Il gusto romantico ed estetizzante è il terreno in cui Moto Hagio lascia fluire passioni e tormenti giovanili, che nella loro estrema bellezza incantarono e continuano a incantare intere generazioni di lettori.
Il clan dei Poe 1-2
di Moto Hagio
traduzione di Valentina Vignola
J-Pop, novembre-dicembre 2019
brossura, 450 pp. a volume, bianco e nero
15,00 € a volume
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