L’immortale Hulk 3-17, di Al Ewing, Joe Bennett e altri (Panini Comics)
Da tempo protagonista di avventure non particolarmente memorabili, Hulk è stato un personaggio tanto centrale nell’universo Marvel quanto scomodo, per via della sua forza inarrestabile che lo rendeva un eroe narrativamente difficile da gestire. Negli anni, gli autori hanno trovato soluzioni per depotenziarlo, scacciarlo dal pianeta, metterlo contro nemici del suo livello, ma nessuno aveva veramente lasciato un segno nel canone dai tempi di Peter David.
Un po’ a sorpresa, Al Ewing e Joe Bennett sono riusciti a scrivere un importante capitolo della storia editoriale del personaggio. Partendo da una premessa apparentemente anti-narrativa (un Hulk che non può morire), il team creativo ha costruito una vicenda che ha visto Bruce Banner nascondersi nei luoghi dimenticati degli Stati Uniti, con la sua controparte – più intelligente e cattiva del solito – che emerge di notte, mentre una giornalista locale investiga sul ritorno di Hulk, dato ufficialmente per morto dal governo e dagli stessi Avengers. Seguendo la lettura di Ewing, il disegnatore Joe Bennett preleva il tratto certosino di Bernie Wrightson e le suggestioni di Rob Bottin (designer de La cosa), proponendo un Hulk pastoso, che si divelte in due come un’ostrica, trangugia corpi altrui, viene tranciato in tocchi e si riforma.
L’immortale Hulk ha così impostato un nuovo discorso, horror e introspettivo, che ha toccato le radici profonde di Hulk (la natura dei suoi poteri, la relazione tra la sua parte umana e quella mostruosa, i traumi infantili) andando proporre una lettura che mischia elementi dimenticati da anni di storie.
QUI c’è un nostro approfondimento sulla serie.