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I 10 migliori fumetti classici del 2019

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L’anno 2019 è ormai quasi alle spalle, e come tradizione è dunque tempo dei nostri ‘Best of’. Da prendere alla lettera oppure no, un po’ per ricordare quanto è accaduto di davvero memorabile in questa annata editoriale, ma anche per offrire un invito a discutere e ridiscutere le pubblicazioni che si sono affastellate sugli scaffali di librerie e edicole.

Nella selezione di oggi partiamo dal passato – remoto e prossimo – facendo il punto sui fumetti “classici”. Un modo per riconoscere il lavoro meritorio di quegli editori italiani che hanno saputo valorizzare, con una riedizione o una prima edizione, un’opera appartenente al patrimonio storico del fumetto mondiale. E anche un modo, per noi di Fumettologica, di portare attenzione su frammenti talvolta dimenticati del patrimonio fumettistico.

La nostra playlist 2019 ha preso così una forma piuttosto chiara: a dominare l’anno, fra le opere ‘storiche’ proposte dagli editori italiani, ci sono stati i maestri del fumetto francese − veri e propri classici contemporanei come Serge Clerc, Joann Sfar e Lewis Trondheim − insieme a due autori anglofoni ex-underground (uno dei quali diventato, ormai, il più famoso disegnatore pop del mondo) e a due dei più importanti autori italiani di sempre, con opere che non solo mancavano da decenni, ma che per lo più non erano mai state ‘assemblate’ in una coerente proposta editoriale.

Bazooly Gazooly, di Massimo Mattioli (Comicon Edizioni)

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Il 2019 è stato senza mezze misure l’anno di Massimo Mattioli, le cui opere sono state riproposte in ben quattro libri arrivati in libreria e fumetteria dopo anni, in alcuni casi addirittura decenni dopo la pubblicazione originale. Un fermento editoriale, peraltro, tristemente dispiegatosi pochi mesi prima della scomparsa dell’autore, avvenuta ad agosto. Coconino Press ha ripubblicato due grandi classici come Squeak the Mouse e Joe Galaxy, mentre Panini Comics ha riproposto Superwest. Comicon Edizioni ha coperto invece le storie brevi dell’autore, in alcuni casi davvero rare, con un’antologia del tutto inedita, intitolata Bazooly Gazooly.

La raccolta si concentra sui lavori realizzati da Mattioli per le riviste Frigidaire Cannibale tra gli anni Settanta e Ottanta, e mette insieme per la prima volta, in oltre 200 pagine, le storie più sperimentali di uno degli autori più eclettici della stagione fondativa del fumetto underground italiano, da quelle più puramente umoristiche e fantasiose a quelle erotiche.

Da questi racconti emerge un narratore irriverente, generoso in paradossi fulminanti, oltre che un disegnatore imprevedibile, in grado di spaziare tra una linea essenziale e invenzioni grafiche da virtuoso. «Continui cambi di stile, umorismo ferocissimo, pornografia, un fiume di rimandi al cinema e ad altri fumetti, personaggi che durano lo spazio di una striscia e che per loro ammissione “non valgono un cazzo”. Dentro ci sono Moebius, Roy Lichtenstein, Robert Crumb, il clamoroso noir a sfondo musicale Il caso Joy Division, fantascienza vintage, personaggi a un passo dal nonsense come Gatto Gattivo, Lucertola la Lucertola, Microcefalus, sperimentazioni grafiche di ogni sorta e tonnellate di idee», aveva scritto Marco Andreoletti sulle nostre pagine.

Negli anni Settanta era difficile immaginare di tenere insieme le tendenze underground ispirate a Crumb con una vocazione pop irrefrenabile. Mattioli era un’eccezione. E ci mancherà.

Un mondo nuovo, di Chris Reynolds (Tunué)

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Chris Reynolds è stato uno degli autori più rappresentativi del fumetto indie degli anni Novanta, eppure di lui si erano perse le tracce da tempo, almeno in termini editoriali. Da anni ormai i suoi lavori non erano più disponibili (gran parte erano stati originariamente autoprodotti), finché a riscoprirne l’opera non è arrivato il collega fumettista Seth, il canadese autore di La vita non è male, malgrado tutto e del più recente Clyde Fans.

È stato proprio quest’ultimo a riportare nel 2018 i fumetti di Reynolds sugli scaffali delle librerie, con un volume da lui curato per New York Review Books e tradotto di recente in italiano da Tunué. Un mondo nuovo raccoglie molte storie brevi, alcune addirittura brevissime: frammenti di un mondo lontano ma simile al nostro, e momenti di vita di un personaggio enigmatico e a tratti inquietante, per la costante sensazione di spaesamento, confessata in lunghi monologhi e riflessioni, che offre al lettore.

I racconti di Reynolds talvolta paiono pagine di un diario fantastico che mostrano vicende sospese tra reale e immaginario. Altre volte somigliano a brevi poemetti dove le parole sono posate con delicatezza ma cariche del peso delle riflessioni che portano con sé. Un tratto massiccio e neri imponenti donano forza e perentorietà a ogni figura, come se fossero incise sulla pietra.

QUI una storia in anteprima e QUI un approfondimento sul libro.

Il grande libro dell’inferno, di Matt Groening (Coconino Press)

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Il grande libro dell’inferno è l’antologia delle migliori strisce di Life in Hell realizzate da Matt Groening – il creatore dei Simpson – tra gli anni Ottanta e Novanta e pubblicate per la prima volta in volume nel nostro paese (dopo essere apparse, diversi anni fa, sulle pagine di Linus). Il fumetto ha per protagonisti il coniglio anaffettivo Binky, la sua ragazza Sheba, Bongo – figlio illegittimo di Binky – e la coppia di fratelli/amanti Akbar e Jeff, intenti a vivisezionare i rapporti amorosi, angosce, ansie sociali, politica e religione.

In Life in Hell si condensa tutta la vita di Groening come consumatore culturale, in un mix che coniuga New YorkerPunch e Peanuts. L’umorismo dell’autore si muove tra reaganismo, autoanalisi, consumi pop, arte moderna, pubblicità, televisione. Lette oggi, le sue strisce suonano allo stesso un prodotto del loro tempo e un classico senza i segni del vintage: una specie di “non si esce vivi dagli anni Ottanta”, diciamo, ma come memento senza confini.

Life in Hell è insomma la prima, amarissima prova di un autore che avrebbe poi cambiato ‘volto’ diventando uno dei pilastri dell’industria del pop. Ma se riguardate I Simpson dopo avere letto questo libro, potrete capire come mai Groening sia stato uno dei grandi artisti non allineati degli ultimi trent’anni.

QUI la nostra recensione.

La notte del Mocambo e altre storie, di Serge Clerc (Oblomov Edizioni)

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Tra i grandi protagonisti dell’irripetibile stagione di Métal Hurlant, non ci sono solo Moebius, Druillet o Bilal, ma anche autori quasi del tutto sconosciuti ai lettori italiani. Tra questi c’è sicuramente Serge Clerc, che negli anni Ottanta pubblicò sulle pagine della rivista le storie del giornalista Phil Perfect e del suo compagno di bevute Sam Bronx.

Si trattava di brevi racconti dal ritmo pulp. Piccole schegge impazzite all’insegna del noir in cui l’autore riversava idee bizzarre e grottesche senza soluzione di continuità. Spie sovietiche, femmine fatali, detective, baristi scorbutici, doposbronze incredibili, rock ’n’ roll, botte da orbi e strani misteri metropolitani si alternavano vorticosamente tra le pagine, trascinando il protagonista in un costante flusso di situazioni rocambolesche.

Il segno di Clerc, influenzato dalla linea chiara di Hergé e dall’art déco, ma filtrato dalla moda degli anni Ottanta, era al contempo sinuoso e spigoloso. Era figlio, inoltre, di una ricerca stilistica che lo accomunava ad altri autori della scuola franco-belga suoi contemporanei, che in quegli anni sperimentavano la via di una “nuova linea chiara”, tra cui vanno citati almeno Yves Chaland, Frank Margerin e Ted Benoit.

Le storie di Phil Perfect, rilette oggi tutte assieme per la prima volta in italiano, rappresentano quindi un ulteriore tassello della rivoluzione del fumetto francese iniziata da Moebius sul finire degli anni Settanta sulle pagine di Métal Hurlant, con il rifiuto del racconto classico di Arzack e Il garage ermetico, e proseguita negli anni Ottanta con il rinnovamento e la reinterpretazione personale della bande dessinée canonica. Come appunto ha saputo fare Serge Clerc.

QUI una storia completa in anteprima dal libro.

Ulysse, di Jacques Lob e Georges Pichard (Rizzoli Lizard)

L’Ulysse di Lob e Pichard è una rilettura bizzarra e stimolante del mito di Odisseo, qui interpretato in chiave fantascientifica ed erotica. L’equilibrio che i due autori mettono in scena, insolito per l’epoca, è quello tra la perfezione apollinea dell’immaginario ‘classico’, la sfrenata fantasia della fantascienza Sixties e le pulsioni psichedeliche e carnali di quei tempi.

Se Ulisse e i suoi compagni sono statuari uomini dalle mille battaglie, gli dèi sono alieni vestiti con costumi o armature sgargianti. Annoiati dalla vita sull’Olimpo, per passare il tempo decidono di giocare con il destino di Ulysse, complicandogli la via del ritorno verso Itaca. Se Zeus si presenta come un hippie, Ermes pare una specie di Rocketeer, Polifemo è un gigante che indossa un elmo da palombaro e spara raggi laser dall’occhio e l’Olimpo, con le sue torri e i suoi macchinari, sembra uscito dalla fantasie visionarie di Jack Kirby.

Al centro del racconto ci sono le peripezie di Ulysse, i capricci degli dèi, le bislacche atmosfere dei mondi di Eolo e Ade e l’incontro con donne dominanti come la maga Circe, qui in versione tossica ammaliatrice. E poi ci sono i corpi di Pichard: magri o grassi, muscolosi o formosi. Corpi che invadono la tavola, a volte affollandola, mischiandosi e attorcigliandosi per poi lasciare spazio a singole figure statuarie. Un’orgia di segni, spessi ma sinuosi.

Lassù no, di Filippo Scòzzari (Coconino Press)

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Lassù no è un volume prezioso per più di un motivo. Dal punto di vista più prettamente editoriale, perché è uno dei rari volumi dedicati negli ultimi anni a Scòzzari, tra i più grandi autori viventi, protagonista di stagioni irripetibili del fumetto italiano come quelle che tra la fine degli anni Settanta e tutti gli Ottanta ruotarono in particolare attorno alle esperienze di riviste come Il Male, Cannibale e Frigidaire.

Ma si tratta di un libro prezioso anche per la qualità dei fumetti presentati, storie fantasiose e fantascientifiche, pubblicate nel corso dei decenni su Frigidaire (tra le altre: Che cosa voglio disegnare, Macchine a Molla, Enzo Ferrari muore), AlterAlter (Ossigeno, Un buon impiego), Linus (Fango), Cannibale (Alè).

Pur carichi di inventiva, con personaggi e ambientazioni che variano tra i generi e persino le linee temporale, i racconti di questa antologia sono accomunati dalla grande capacità dell’autore di fronteggiare la realtà: Scòzzari usa il disegno e le parole per comprendere la realtà, la trascende per ispezionarla meglio, trovandosi a osservare – e di conseguenza raffigurare – un’umanità tutt’altro che perfetta.

QUI la nostra recensione del libro.

Il quaderno blu, di André Juillard (Acmecomics)

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Il quaderno blu è la prima prova ai testi di un grande disegnatore, e per di più in un genere che non era quello a cui aveva abituato i suoi lettori. Un fumetto atipico per André Juillard che, dopo aver realizzato fumetti storici con alcuni dei massimi sceneggiatori degli anni Ottanta e prima di diventare il miglior interprete di Blake e Mortimer dopo Jacobs, si cimentò con una storia romantica, pubblicata a puntate su (À suivre).

L’esperimento di Juillard fu un successo di critica e pubblico che gli fece vincere nel 1995 il premio Alph-Art di Angoulême per il miglior fumetto francese. Il quaderno blu è «una storia contemporanea che echeggia le atmosfere del cinema intimista francese di quegli anni», come ha scritto sulle nostre pagine Erik Balzaretti. «Niente più atmosfere cappa e spada, niente più Alexandre Dumas. È il momento di Tandem di Patrice Leconte, o di Film blu di Krzysztov Kieślowski con una splendida e iconica Juliette Binoche, o del modello femminile di Nikita di Luc Besson».

Tutto inizia nell’appartamento di Louise, davanti alle cui finestre senza tende si ferma la metropolitana sopraelevata di Parigi. È lo sguardo di un passeggero, con un pizzico di voyeurismo da parte di lettori e autore, a mettere in moto una vicenda di amori che nascono da ossessioni o ossessioni diventano, nel più classico triangolo lei-lui-l’altro, tutto ambientato tra mostre, musei, teatri e caffè della Ville Lumière. E il taccuino blu che dà il titolo al libro è l’oggetto chiave nello svelare menzogne e doppi giochi dei partecipanti a questa lotta di sentimenti nella borghesia parigina.

Il quaderno blu è uno di quei rari casi di capolavori imperfetti, un libro bellissimo proprio per i suoi nei. Non nel disegno, ovviamente impeccabile, una linea chiara realistica – per intenderci, più vicina a Giardino che ad Hergé – che si sposa splendidamente con le atmosfere intime e un po’ malinconiche, anche grazie alla palette di colori scelta, tenue e variata sul giallo, il verde e il rosa. Piuttosto è la trama a non essere pienamente riuscita, con un finale che risolve il conflitto off screen, l’inserimento quasi forzato di un nuovo personaggio e una conclusione che disperde i protagonisti senza tirare davvero i fili della vicenda. Il lettore viene lasciato con una sensazione di incompiutezza, che però risulta insolitamente piacevole e adatta alle atmosfere in cui Juillard ci immerge.

Un ragazzo gentile, di Shin’ichi Abe (Canicola Edizioni)

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Shin’ichi Abe è un autore di gekiga, considerato tra i figli putativi di Yoshiharu Tsuge. I racconti brevi che compongono questa raccolta apparvero originariamente in Giappone su rivista agli inizi degli anni Settanta (con appena un’eccezione di epoca leggermente successiva). Sono storie intense appartenenti al cosiddetto watakushi manga (manga dell’io), un genere introspettivo che affonda la propria indagine nell’inquietudine umana e nei suoi risvolti più profondi .

«Sono io, l’autore. Sono quasi arrivato.» Così prende il via il libro con la prima storia. I manga di Abe entrano nella mente del personaggio, dell’autore, con dialoghi acuti, inquadrature taglienti e trasversali, scenari di interni angusti e bui, dove il nero e il buio sembrano sempre prendere il sopravvento sulla luce.

Negli undici racconti di questa antologia, Abe mostra un’evidente evoluzione grafica e narrativa, in un percorso di ricerca raffinato e denso, che si esplicita nella raffinatezza cruda delle forme e in dialoghi man mano sempre più rarefatti.

QUI un nostro articolo sul libro.

La Fortezza, di Joann Sfar e Lewis Trondheim (Bao Publishing)

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Pur non essendo (ancora) stato completato, La Fortezza resta un progetto parecchio ambizioso. Creata nel 1998 da Joann Sfar e Lewis Trondheim per la casa editrice Delcourt, la serie racconta le vicende di una fortezza medievale in un mondo fantasy, tra collane che si intrecciano fra loro – raccontando parallelamente presente, passato e futuro dell’edificio – e spin-off vari.

A partire da questo primo volume, Bao si è posta come obiettivo ambizioso quello di realizzare la prima edizione integrale italiana – in sei tomi annunciati – di questa saga avventurosa ma ricca di umorismo e satira sociale, alla quale hanno partecipato nel corso del tempo anche altri importanti autori contemporanei come Christophe Blain, Jean-Christophe Menu, Boulet e Blutch.

La Fortezza è un vero e proprio fantasy eroico che allo stesso tempo gioca con i canoni del genere, a tratti stravolgendoli con la sua impronta fortemente umoristica. Qui, per esempio, i protagonisti non sono i classici eroi che girano i “dungeon” alla ricerca di tesori o di nemici da sgominare, ma coloro che gestiscono la fortezza e devono proteggerla dagli avventurieri.

QUI ci sono un po’ di pagine in anteprima e QUI un articolo di approfondimento sulla saga.

Negri gialli e altre creature immaginarie, di Yvan Alagbé (Canicola Edizioni)

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Negri gialli è un classico del panorama indipendente franco-belga, una raccolta di storie brevi dell’autore franco-beninese Yvan Alagbé, tra le figure più influenti del fumetto indipendente e sperimentale francese. Realizzato tra il 1994 e il 2011, Negri gialli racconta di vite ordinarie e travagliate e di relazioni umane solcate dalla diffidenza (una donna bianca francese e un immigrato del Benin, lavoratori sfruttati in sciopero, immigrati clandestini), mentre indaga le conseguenze della questione coloniale francese e i problemi attuali del razzismo, senza retorica e con un segno irruente e materico.

«Un negro giallo è qualcuno che ha il colore della pelle uguale al mio» ha detto Alagbé al New York Times, riferendosi al proprio retroterra misto: madre francese, bianca, e padre beninese, nero. «Quando vivevo in Benin ero considerato bianco. E quando racconto questo fatto in Francia la gente resta sorpresa perché per loro sono nero».

Si spiega così lo sguardo partecipe ma trasversale con cui Alagbé osserva il reale, carico di passione politica quanto di poesia. Nonostante alcune di queste storie siano state realizzate oltre vent’anni fa, restano testimonianze di esperienze e parabole di condizioni umane ancora oggi attuali.

QUI ci sono un po’ di pagine in anteprima.

Leggi anche: Le 10 migliori serie a fumetti del 2019

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