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La prefazione di Zerocalcare a “Dossier TAV” di Claudio Calia

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Una storia di famiglia

*di Zerocalcare

dossier tav calia

Metto le mani avanti fin da subito: per me è molto difficile esprimere un giudizio obiettivo su quest’opera. Perché Claudio Calia, in qualche modo, io lo sento appartenere alla mia famiglia. Tipo una specie di cugino lontano che parla con l’accento un po’ strano. E soprattutto, perché la storia che racconta è anch’essa una storia di famiglia.

Come Claudio confessa sin dalle prime pagine del libro, anche io, quando il suo lavoro usciva per la prima volta in libreria, non ero mai stato in Val Susa. Ma la storia recente di quella valle l’ho sentita sempre ugualmente come una storia familiare, che coinvolge i miei affetti, le mie emozioni, fatta di telefonate all’alba perché stanno sgomberando il presidio o imboccando le guardie a casa della gente, e Tizio l’hanno portato in carcere e a Caio invece gli hanno dato i domiciliari.

Insomma, chi decide di fare un fumetto sul TAV, con me gioca in casa. E a me bastava quello: ritrovarci le emozioni di questi anni, dalla morte di Sole e Baleno, che nel 1998 mi fece scoprire per la prima volta l’esistenza della Val Susa, fino ai più recenti assedi al cantiere. E quest’obiettivo il libro lo raggiunge. Ma ne aggiunge un altro, magari meno empatico, per quanto mi riguarda, ma sicuramente più prezioso se consideriamo il suo scopo: senza pretesa di imparzialità, Claudio racconta una storia lunga, espone motivazioni, snocciola dati con sincerità e trasparenza, dando voce a entrambi gli schieramenti. E non lo fa per mezzo della propaganda becera, quella che pure da ambo le parti è stata messa in campo negli anni. Io stesso probabilmente ci sarei cascato: citare i giornalisti più ridicoli o assoldati, i discorsi più belligeranti e irragionevoli di chi parla tanto di legalità e dialogo, insomma mostrare gli aspetti più grotteschi e contraddittori del fronte Sì Tav.

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Claudio sceglie un approccio meno populista e intellettualmente più onesto, senza dare spazio agli eccessi e al folklore, riportando invece quelle che sono le posizioni più asciutte e significative dei due fronti. Ed è una scelta che funziona. In questo senso il libro è decisamente efficace: informa, mette a confronto, diventa uno strumento utile a capire cosa sia successo negli ultimi anni su quel territorio e quale sia ancora oggi la vera posta in gioco. Sembra poco, ma in un sistema mediatico che ha scelto di scendere in campo con l’artiglieria pesante al servizio di una delle due parti (basti pensare a come è stata trattata la famosa vicenda del manifestante che dà della “pecorella” a un carabiniere, raccontata anche nel libro e ricollocata in un’ottica di banale buon senso), un’opera come questa è un servizio non tanto al movimento No Tav, quanto a chi cerca disperatamente di leggere i fatti di questo paese senza rinunciare allo spirito critico.

Qualche tempo fa ho disegnato un manifesto per un grande corteo No Tav a Torino. Era uno dei tanti accolli di routine, di quelli che si iscrivono nelle mie convinzioni di una vita, nelle posizioni già note e arcinote. Ebbe una discreta visibilità, perché finì riportato su varie testate nazionali, ma le reazioni che suscitò mi lasciarono abbastanza sorpreso. Mi continuavano a scrivere lettori – non hater generici, proprio lettori miei, che magari avevano pure i miei disegni nelle foto profilo dei social – sinceramente stupefatti e delusi da quella mia posizione. «Ma come: Zerocalcare è di sinistra, fa i fumetti antifascisti su L’Espresso, sposa la causa curda e adesso si schiera coi No Tav?».

Quella che a me sembrava una posizione naturale, per molti rappresentava invece una specie di cortocircuito. Il motivo è semplice: la rimozione, e la scomparsa dai media e dal dibattito pubblico di una voce “di sinistra” alternativa a quella rappresentata in parlamento ha schiacciato l’immaginario di molti giovani alla ricerca di qualche riferimento in una specie di sterile dualismo, che vede da una parte il PD come portatore di buon senso e generico progresso, e dall’altra la Lega e i Cinque Stelle, come forieri di istanze barbare, oscurantiste e retrograde. Così la voce Sì Tav del Partito Democratico è diventata quella da sostenere per “essere di sinistra”, moderni e intelligenti, mentre qualsiasi posizione critica è stata frettolosamente ascritta al campo del Medioevo, tipo i No Vax o i Terrapiattisti. Come se tutti si fossero dimenticati (ma più probabilmente non l’hanno mai saputo) che la storia del movimento No Tav è una storia precedente a questo o quel governo, ai partiti che in questo momento sono in Parlamento, e che non solo esiste una maniera “di sinistra” (ecologista, progressista, popolare e consapevole) di contestare quel treno, ma che quella è proprio la spina dorsale di quel movimento.

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«Ci sarebbe proprio bisogno di rimettersi a un tavolo, e di provare a raccontare per bene le storie di questo Paese, dei suoi territori e delle loro lotte», pensavo mentre rispondevo a tutti quei messaggi. E forse Claudio è la persona più indicata per farlo. Per questo ho accolto con sollievo la notizia di questa nuova pubblicazione: perché con questo libro, che già era un documento prezioso, ora abbiamo a disposizione un ulteriore importante mattone nella faticosa ricostruzione di un immaginario sincero, fatto di dati, informazioni e interviste, lontano dalla propaganda macchiettistica a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni. E di cui abbiamo davvero bisogno, anche fuori dalla Val Susa.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente come introduzione alla nuova edizione del volume Dossier TAV. Una questione democratica di Claudio Calia, recentemente pubblicato in una nuova riveduta edizione da Becco Giallo Editore.

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