Lo sceneggiatore e disegnatore americano Jim Starlin sarà presente a Lucca Comics & Games 2019, dall’30 ottobre al 3 novembre.
Un tribunale gestito da creature impossibili. Un uomo in stato vegetativo che spegne le stelle con il pensiero. Una gemma che ruba le anime dei suoi nemici. Una chiesa che sottomette i pianeti al suo credo con la forza bruta. Un troll che fuma, ruba e va a donne. Una lotta nello spazio profondo con uno squalo bianco. Clown inquisitori che crocifiggono i disertori e li riempiono di torte in faccia. Un Gesù Cristo spaziale che viaggia nel tempo per uccidere sé stesso nel futuro.
Ammettetelo: dopo aver letto questo elenco non vedete l’ora di leggere il fumetto in cui succede tutto questo, ovvero Warlock. Vi basterà recuperare solo 13 storie, così poche da poter essere raccolte comodamente in un unico volume, ma che rappresentano uno dei punti più alti di sempre per la Marvel.
L’autore di questo cocktail esplosivo si chiama Jim Starlin. Come racconta Andrea Fiamma, la sua vita prima di mettersi a fare fumetti è un gran casino: meccanico a Detroit cresciuto con una forte educazione cattolica, viene arruolato per andare a combattere in Vietnam, esperienza che lo “incasinò parecchio”, per usare le sue parole. Tornato alla vita civile arriva a New York con l’obiettivo di sfogare nei fumetti il trambusto che ha in testa. Viene ingaggiato dalla EC Comics e passa poi alla Marvel, dove crea Thanos e Shang-Chi e rinverdisce Capitan Marvel (quello vero, non Carol Danvers).
Alla base di questo fermento creativo c’è proprio la necessità di mettere su carta i tormenti che ha passato, aiutato dall’utilizzo quotidiano di cannabis e allucinogeni vari che vengono consumati un po’ da tutti gli autori in quegli anni di “boheme fumettistica” newyorkese. L’opera migliore di Starlin nasce proprio in questo contesto.
Siamo nel 1975 e Jim ha appena concluso la sua esperienza su Capitan Mavel, un po’ perché ha portato al limite il personaggio, donandogli una coscienza cosmica e facendogli sconfiggere Thanos diventato onnipotente grazie al Cubo Cosmico, un po’ perché se ne va dalla Casa delle Idee sbattendo la porta. Il nostro autore preferito ha un carattere un po’ fumantino e non reagisce bene alla scelta della redazione di cambiare inchiostratore per le sue matite. Sta dicendo addio alla Marvel quando viene ripescato per il rotto della cuffia dall’editor-in-chief Roy Thomas, che gli propone di lavorare su un personaggio nelle sue corde con il quale potrà fare quel che vuole.
Con l’intero parco di supereroi a disposizione, Starlin sceglie Adam Warlock, una delle più bizzarre creazioni proprio di Thomas. Starlin approfitta della sua libertà per criticare profondamente l’approccio della Marvel: i clown guidati da Lentean e Jan Hatroomi (alias Stan Lee e John Romita, all’epoca rispettivamente editore e supervisore dei disegni) puniscono un dissidente con il volto di Roy Thomas, reo di «pensare che le persone fossero più importanti degli oggetti».
A voler essere precisi, Warlock è nato in una storia classica dei Fantastici Quattro di Stan Lee e Jack Kirby, un essere artificiale chiamato semplicemente “Lui” che si ribella ai creatori e fugge nello spazio. Fa una comparsata in una storia di Thor e sarebbe destinato all’oblio se Thomas non si fosse appassionato a Jesus Christ Superstar. Nel 1972, per lanciare la nuova testata antologica Marvel Premiere, l’ex pupillo di Stan Lee riesuma Lui e lo trasforma radicalmente.
Lo mette nelle mani dell’Alto Evoluzionario, che gli dona la Gemma dell’Anima, dotata di straordinari e imprecisati poteri, e una missione: sconfiggere l’Uomo Bestia che sta portando il male sulla Contro-Terra, un pianeta gemello del nostro dall’altra parte del Sole. Adam, puro e senza peccato, lotterà per la salvezza di quel mondo e, dopo un’ultima cena in compagnia di Hulk, morirà in croce per poi risorgere dopo tre giorni. Un’analogia poco velata, insomma.
La serie non ha il successo che avrebbe meritato e, dopo un’effimera collana intestata a lui, Warlock recita gli ultimi atti della sua saga proprio sulla testata di Hulk, per poi sparire dalle edicole.
Probabilmente la scelta di Starlin di recuperarlo è dettata da due motivi. Uno è una chiara vicinanza tra la sua poetica e il personaggio di Thomas: saghe cosmiche, afflato messianico, solitudine estrema del protagonista, completamente alieno al mondo in cui si trova.
L’altro è la possibilità di un’enorme libertà. Sono anni in cui la politica editoriale della Casa delle Idee è molto semplice: finché una serie vende può continuare, altrimenti viene chiusa o cambiato il team creativo. Alla dirigenza non importa nulla di cosa c’è tra copertina e copertina, basta che piaccia ai lettori. Questa libertà, ovviamente, è più facile trovarla su testate minori come quelle di Pantera Nera o Capitan Marvel. Molto meno sulle ammiraglie Amazing Spider-Man e Fantastic Four.
Così Jim può permettersi di fare davvero che vuole con il suo nuovo personaggio: «Avevo preso Capitan Marvel, un guerriero, e l’avevo trasformato in una sorta di messia. così quando ebbi Warlock mi dissi “Ho qui tra le mani un vero e proprio messia; cosa ne faccio?” E decisi che la strada giusta sarebbe stata trasformarlo in uno schizofrenico paranoico».
Quattro storie su Strange Tales, poi sette della rediviva serie Warlock e una nuova chiusura prematura. L’arazzo cosmico di Starlin viene completato solo su due albi speciali, Avengers Annual #7 (Novembre 1977) e Marvel Two-in-One Annual #2 dello stesso anno, ma non prima di un’apparizione a marzo scritta da altri in Marvel Team-Up #55.
Tranne quest’ultimo episodio, tutta l’epopea di Warlock, se si esclude qualche aiuto per le chine, è interamente scritta, disegnata e colorata da Starlin, cosa rarissima per la Casa delle Idee: prima di lui solo Jim Steranko ha potuto fare qualcosa di analogo una decina di anni prima su Nick Fury, Agent of the S.H.I.E.L.D.
La storia riprende dove l’aveva lasciata Thomas. Warlock ha abbandonato la Contro-Terra una volta conclusa la sua missione e si dirige tra le stelle alla ricerca di una risposta sulla sua esistenza, quando incontra una ragazza inseguita da alcuni esseri armati. Nello scontro l’aliena muore, ma il potere della Gemma dell’Anima permette al messia spaziale di scoprire che era in fuga dalla Chiesa Universale della Verità, una teocrazia che venera il crudele Magus e che diffonde la sua religione con la forza. È allora che compare proprio Magus, in una sorta di proiezione astrale, e sfida Warlock: il nostro percepisce di essere legato al crudele dio, come se fosse l’incarnazione del suo lato malvagio, e che la sua missione è ucciderlo.
Le avventure che seguono sono una continua discesa nella follia per il protagonista. La sua Gemma si ribella da lui in alcune occasioni, rubando e assorbendo le anime dei nemici, che lui continua a percepire nella sua mente. Poi Warlock viene catturato, processato e catturato dall’inquisizione. Infine scopre che Magus non è altro che una sua versione proveniente dal futuro. Quello in cui si trova è un loop temporale, in cui il suo avversario manipola gli eventi per ricreare esattamente l’istante in cui è stato creato, in modo che la storia possa continuare immutata il suo corso.
In questa lotta disperata contro un destino già scritto Warlock ha tre alleati: Pip il troll, una spalla comica beona e donnaiola; Gamora, che fa la sua prima comparsa in assoluto in queste storie; Thanos, che non è morto quando è stato sconfitto da Capitan Marvel e sta cercando ancora di mettere in atto il genocidio che lo renderà gradito alla morte. Il Titano ha bisogno di distruggere il Magus perché, per quanto folle e malvagio, è il campione della vita, l’unico che potrà opporsi al suo piano. È lui che dà a Warlock la possibilità di sconfiggere il suo alter ego futuro, fornendogli però così le stesse armi con cui, al termine dell’intero ciclo, sconfiggerà lui stesso.
Il tema della lotta contro un destino già scritto è al centro di tutta l’opera. Ogni personaggio è predestinato a fare qualcosa, ognuno è stato scelto per giocare un ruolo nella scacchiera universale, e nemmeno il potere di Thanos può farci niente. A cambiare il proprio destino è solo Warlock stesso, che con uno sforzo di volontà immenso deve riuscire a cancellare il proprio futuro per impedire a Magus di nascere. Per farlo si uccide da solo, letteralmente.
La forza di questo gesto Warlock la trova nella disperazione. La Gemma dell’Anima è diventata un peso troppo grande da portare. Per un essere così puro è impossibile convivere con il senso di colpa di aver vampirizzato le anime dei suoi nemici, esseri che riteneva malvagi e che una volta fusi con la sua mente ha scoperto essere invece convinti di agire per il bene dell’umanità.
“Lui”, nato nell’ambiente sterile di un laboratorio e trasformato in un messia senza macchia, è sconvolto dalla rivelazione che non esistano un bene e un male assoluto. Quella che lui crede una lotta giusta per altri non lo è. Quello che vede come un tiranno per altri è un benefattore, e lui stesso, salvatore dell’universo, è invece un folle terrorista che cerca di affossare l’ordine precostituito.
Anche la lotta contro il Ladro di Stelle, successiva alla saga di Magus, lo mette davanti a un vicolo cieco: lui e il Ladro sono due creature uniche, senza alcun simile in tutto l’universo, destinate alla solitudine eterna. L’altro ha trasformato i suoi sentimenti in odio puro e utilizzato i suoi poteri per distruggere; lui sarà abbastanza forte da non fare lo stesso e proseguire sulla via del bene?
Starlin non dà nessuna risposta a queste domande, né a noi né al suo personaggio. Warlock, dilaniato nell’animo, si uccide, forse primo suicidio in scena della storia dei comics, che passa le maglie della censura dell’epoca solo perché camuffato da auto-omicidio. Per un paradosso, una volta morto Warlock troverà la pace dai tormenti, diventerà quel campione della vita che Thanos tanto temeva e lo sconfiggerà per sempre (o almeno per oltre una decina d’anni, quando sempre Starlin lo farà risorgere in una storia di Silver Surfer).
Il ciclo di Warlock non sarebbe così straordinario se non fosse sorretto dagli ottimi disegni del suo autore, libero di gestire ogni aspetto della narrazione. I suoi personaggi sono statuari ed esagerati quanto le parole che pronunciano sono auliche e serissime. Gli scontri tra Magus e Thanos o il confronto tra il protagonista e l’Intermediario, ad esempio, sono cristallizzati in momenti di recitazioni esasperatissime, migliaia di metri sopra le righe.
Starlin fa parte di quella generazione di autori che è cresciuta con i fumetti Marvel e ha assimilato la lezione kirbyana, il cosiddetto “Marvel Way”, per cui ogni posa deve essere la più estrema possibile per trasmettere al lettore la massima potenza immaginabile. Il suo stile però si discosta notevolmente da quello del Re, avvicinandosi piuttosto a un realismo alla Neal Adams o, meglio ancora, alla Gene Colan (che il nostro Andrea Antonazzo ha definito “anti-Kirby”). L’insieme è straniante: sembra di veder combattere delle statue ellenistiche, dalle anatomie definite e dalle pose al limite dell’irreale.
Kirby, Colan. Ma c’è una terza influenza ben visibile nelle linee di Starlin: Steve Ditko. Dichiarazioni come «Tutto quello che ho imparato sulla narrazione è merito di Ditko o di Kirby. Ma lui faceva i migliori layout» o «Questa storia è dedicata a Steve Ditko, che ha fatto conoscere a tutti noi un’altra realtà» mostrano l’amore del creatore di Thanos per il disegnatore.
Sulle pagine di Warlock Starlin mette in pratica tutto quello che ha imparato leggendo i suoi comic book. Da Amazing Spider-Man ha imparato la scelta delle inquadrature, rifiutando sistematicamente le più scontate e privilegiando l’emozione, la vertigine, lo scatto, la sorpresa. Da Doctor Strange invece ha scoperto un modo unico di disegnare gli universi alternativi e la magia, viaggi lisergici che trasformano le serie di Capitan Marvel e Warlock – come scrive Sean Howe in Marvel Comics – Una storia di eroi e supereroi riferendosi a questa celebre pagina – in «un poster psichedelico coi dialoghi».
Starlin fa però un passo oltre i suoi maestri nell’impostazione delle tavole. Sono passati una decina di anni dalla prima ondata di titoli Marvel e la sensibilità di autori e lettori è mutata. Se Kirby e Ditko basavano quasi sempre la loro narrazione su gabbie fisse (privilegiando rispettivamente 9 e 6 vignette su tre righe), gli autori più giovani iniziano a prendersi maggiori libertà. Le griglie si movimentano, i riquadri si schiacciano e si allargano, si affastellano, modificando il ritmo di lettura, rendendolo di volta in volta concitato o lento.
La lezione dei primi maestri è stata assimilata, unita a una nuova visione del mondo, shackerata con esperienze di vita segnanti e trasformata in qualcosa di nuovo da uno dei loro migliori allievi.
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