Analizzando la sterminata produzione editoriale degli ultimi anni su Roma, tanto in narrativa quanto in saggistica, Christian Raimo ha parlato di una città «sempre meno speciale, una qualunque provincia del globo, una grande periferia senza centro, un luogo meno mitico, ma magari più amato». Roma sarà distrutta in un giorno, l’ultimo fumetto di Roberto Recchioni, parte proprio dalla periferia, Ostia, precisamente, per raccontare la distruzione di Roma da parte di un kaiju (i mostri distruggi-città tipici della fantascienza giapponese) soprannominato “Nerone”, intrecciando il cammino di morte del mostro con le vite dei cittadini della capitale: Arouf, uno spacciatore immigrato di Ostia, Lucia, una donna di Acilia che va al lavoro, una famiglia impegnata in un pranzo domenicale, coppie di innamorati, il Papa.
Come scrive Raimo, una serie di opere recenti (Roma di Vittorio Giacopini, Caputi mundi di Franco Ferrarotti, Remoria di Valerio Mattioli) hanno immaginato un’apocalisse che fa sprofondare la città tra il fuoco della distruzione. Roma sarà distrutta in un giorno rientra nella casistica e, pur non esimendosi dal mostrare i luoghi-cartolina della capitale, prova a parlare anche di spazi periferici non solo geograficamente, che non hanno (o hanno perso) ruoli di centralità, in cui la vita sembra procedere ineluttabile di fronte all’orizzonte degli eventi.
E l’apocalisse, come nella tradizione delle invasioni aliene, è lì per ripulire qualche peccato sopito, non la corruzione, non il degrado: i personaggi sono legati dalla totale indifferenza verso ciò che sta succedendo fuori dal loro mondo, un’indifferenza che si declina in fuga dalla realtà, immobilità, menefreghismo. Ci si rifugia nei libri, nelle serie tv, nel cibo, nel sesso.
Il gigante di RSDIUG non problematizza un trauma (I Kill Giants, Colossal, Sette minuti dopo la mezzanotte) e nemmeno ne esteriorizza uno (Godzilla), bensì è uno stimolo che cerca di muovere le coscienze, fallendo. Alla fine, tutto si consuma davanti a un take away cinese, l’unico simbolo incrollabile capace di colonizzare una cultura millenaria, con l’alter ego dell’autore che si svela narratore e congeda i lettori. Sembra che dica, non importa come, con slanci enfatici e sregolati come fa il fumetto o in altri modi, l’importante è reagire, resistere.
Come già La fine della ragione, la produzione feltrinelliana di Recchioni cerca la via dell’instant book, provando a cogliere sensazioni dei nostri tempi e metterli sotto ambra nel modo più immediato (ma anche sbrigativo) possibile. La comunicazione è sintetica, la materia è trattata con complicità, voglia di stupire, misurata per la convidisibilità, di modo che ogni sua unità, estrapolata dal contesto, mantenga il suo senso. A differenza del suo esordio presso l’editore, però, qui si avverte la volontà di fare un passo indietro.
Se La fine della ragione, scriveva Davide Scagni, si inseriva nel percorso di autorappresentazione fungendo da riflessione sul personaggio Recchioni, Roma sarà distrutta in un giorno è meno sfrontato e votato al personalismo (presente solo nella chiosa finale). Sembra che l’autore si faccia da parte, mentre a ingombrare la scena sono altri attori: le scritte a mano sono state sostituite dal lettering di Luca Bertelè e la voce da narratore di Recchioni fa a pugni con l’aspra dogmaticità esibita in altri ambiti (La fine della ragione, Orfani, Chanbara – La via del samurai). È calma, pietosa, vernacolare, quasi favolistica («prende il trenino delle sette e trenta», «non sente più alcuna fatica e persino i piedi smettono di farle male… Almeno un poco», «c’è un brutto nuvolone nero sopra di lei»). Manca perfino l’Albero delle Pene, ricorrente in molte delle sue opere.
Più che un racconto, Roma sarà distrutta in un giorno è una playlist. Intanto perché è un featuring, come quelli che compaiono negli albi musicali, tra Recchioni e il gruppo romano Il Muro del Canto. Al suo interno, tre sezioni sono riservate alla messa su carta dei testi della band, un’opera molto simile all’antologia Bob Dylan Revisited, che era una collezione non proprio riuscita di brani riversati in fumetto. Non era riuscita perché, nonostante la caratura dei fumettisti coinvolti, sembrava sempre mancar qualcosa a quei testi. Il fatto che le tre canzoni del Muro scelte siano pensate per il recitar cantando, con quella miscela di parlato sempre sul punto di travalicare nel canto, aiuta, perché i testi sembrano meno canzoni e più brani da leggere.
È una playlist perché, oltre a questi tre segmenti, il fumetto passa da una scena all’altra affastellando situazioni legate dall’invasione, zoomate sulle esistenze comuni o divagazioni di sorta, e lo fa con la consueta schizofrenia grafica di Recchioni, che compone pagine facendo patchwork delle proprie influenze – e a esse appoggiandosi di peso – ma non riuscendo mai a coagularle in qualcosa di coeso, sperando forse che possano avere senso insieme nella mente di chi legge. Ecco che un cavallo à la Frank Miller segue una foto lavorata con qualche filtro, a cui si avvicenda un’immagine dal tratto cartoonesco che rievoca i tempi di Pugno e Technokid, per poi spuntare una tavola pittorica, e dopo ancora una caricatura da emoji, in una girandola di disegni non particolarmente ispirati.
Da questi sfilacciamenti si salva la cronaca nuda e silenziosa della devastazione di Nerone, un kaiju a metà strada tra Go Nagai, Shin Godzilla e gli Angeli di Neo Genesis Evangelion. Quando compare lui, il fumetto sprofonda come dentro a un bagno di liquido amniotico. Riflessi lattiginosi e visuali imponenti sono la cifra stilistica di questi tronconi, che sono anche le sequenze più ragionate, dove l’azione si sviscera attraverso una concatenazione di immagini, combattendo la tendenza generale del libro a lasciarsi andare a una carrellata di splash page visivamente povere, che si nebulizzano nell’occhio a cui l’autore cerca di dare consistenza aggiungendo graffi e rumore, scintillii e schizzi di sangue.
Recchioni ha tutte queste idee funzionali, pedestri ma di comprensione immediata (le fake news, la sindaca Raggi lontana dagli affari di Stato, Salvini che parla per hashtag vestito da It, il papa che, messo di fronte alla morte, invece che dubitare della propria fede si chiede se Dio esista, rivelando ben altre convinzioni), giustapposte senza una dialettica interna, anche per mancanza di ancoraggi che tengano dritta la rotta (ossia coesione nella scrittura o nel disegno). Magari non è ciò che interessa all’autore, magari ciò che cercava era creare piccoli assaggi che ogni lettore poteva piluccare alla bisogna, eppure la sensazione che si avverte è quella di essere sbalestrastri tra fluidi immiscibili, in un organismo insicuro nel dirigere la circolazione di stile e contenuti.
RSDIUG. Roma sarà distrutta in un giorno
di Roberto Recchioni feat. Il muro del canto
Feltrinelli Comics, ottobre 2019
brossura, 128 pp., colore
16,00 €
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