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“Quello che voleva essere”, natura e alienazione giovanile

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La storia di Helen, la protagonista di Quello che voleva essere, è un po’ la stessa di Carol Swain, l’autrice stessa del libro. Carol era nata a Londra e da piccola si trasferì nel Galles, e anche Helen arriva nel Galles dalla grande città. Carol non la prese proprio bene, probabilmente, visto che in pressoché tutte le fonti sulla sua biografia non manca mai un cenno alla sua alienazione giovanile, dovuta al trasferimento. Un sentimento evidentemente covato per anni, che l’autrice ha canalizzato in un graphic novel anni dopo. Un lavoro ricco di sentimento, ma anche tecnicamente molto ponderato.

quello che voleva essere carol swain

Il sentimento di alienazione, di trovarsi fuori posto e voler essere altrove o anche voler essere qualcos’altro, si trova sin dalle prime pagine del graphic novel della Swain.

Helen è una sognatrice, la tipica protagonista di una favola. È una ragazzina che cerca nella natura un luogo in cui fuggire e negli animali degli amici con cui interagire. È lasciata quasi sola, ha la famiglia e pochi conoscenti che abitano vicino. Vive in una condizione fragile dal punto di vista dei rapporti umani. Quando si sente raccontare che un uccellino può perfino essere in grado di suicidarsi – come dice a lei un anziano – allora anche le poche certezze che cerca di avere rischiano di crollare, e questo rischia di spingerla a vivere in una dimensione mentale tutta sua.

Il racconto visivo della Swain porta il lettore a vedere la protagonista dal punto di vista degli uccelli. Le pagine sono spesso un susseguirsi di vignette panoramiche dalle inquadrature sghembe e vertiginose. La pratica della regia e della messa in scena è ciò che riesce meglio all’autrice. Stride vedere una simile padronanza del mezzo associata a un disegno che manca di un tratto incisivo e personale. E stride vedere un racconto tanto sentimentale mancare di una caratterizzazione dei personaggi efficace ed incisiva, soprattutto dal punto di vista grafico.

La grafite di Swain illustra un racconto plausibilmente covato da tempo, ragionato e quasi sofferto. Eppure lo fa con forme umane e scenari dai contorni semplici e quasi ingenui, come quelli di una autrice debuttante, e Swain non lo è. Pensare che questo graphic novel appartenga a una categoria young adult giustifica solo in parte una simile semplificazione del tratto: la naiveté visiva è un aspetto che senza dubbio risuona bene con il clima sospeso e l’ingenuità dei personaggi. Ma il risultato della ‘sottrazione’ è di lasciare fuori buona parte del potenziale disturbante del viaggio mentale ed emotivo di Helen, che di traumi bizzarri ne affronterà diversi, prima di accettare una qualche nuova forma di maturità.

In originale il libro è stato prodotto da Fantagraphics, editore di opere underground e graphic novel per un pubblico maturo che raramente sconfina nel terreno young adult. Una storia di questo genere, così disincantata e favoleggiante, si giustifica invece bene nel catalogo Tunué, particolarmente attento alle migliori proposte di fumetto per ragazzi. Una ambiguità di catalogo che sembra un curioso sintomo dell’ambiguità artistica, che pone il libro al confine tra suggestione e inconsistenza.

Quello che voleva essere
di Carol Swain
traduzione di Omar Martini
Tunué, marzo 2019
cartonato, 170 pp., colore
19,00 €

Leggi anche: I primi fumetti di Tunué per il 2019

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