Il diario della mia scomparsa, di Hideo Azuma (J-Pop)
Hideo Azuma si è fatto un nome nel manga, anche in Italia, come autore di commedie per bambini di grande successo quali Pollon e Nanako SOS, note dalle nostre parti soprattutto per le loro trasposizioni animate (con i titoli rispettivamente di C’era una volta… Pollon e Nanà Supergirl). In realtà in Giappone Azuma ha fatto un po’ di tutto, dalla fantascienza alla parodie gekiga, ed è stato anche uno dei più influenti mangaka con protagoniste maliziose lolicon, diventando una figura di riferimento nella scena otaku. Sulla fine degli anni Ottanta, però, tutto cambia: dopo il boom, arriva il crollo.
Il diario della mia scomparsa racconta il tracollo psicologico di Azuma che, sottoposto allo stress da iper-lavoro, all’insoddisfazione e alla depressione, scappa di casa e molla tutto. Ma proprio tutto: vivrà per mesi come un barbone, dormendo all’addiaccio e nutrendosi di avanzi e resti trovati in bidoni della spazzatura. Riportato a casa, fuggirà di nuovo. E poi finirà per peggiorare la propria situazione, tentando il suicidio e finendo per diventare un alcolizzato al punto da venire condotto a forza in una clinica per disintossicarsi dalla dipendenza da alcol.
Il manga di Azuma è dunque un fumetto autobiografico che racconta questa incredibile discesa agli inferi – esistenziali – di un grande autore affermato. E lo fa coniugando con estrema efficacia (auto)ironia e momenti dalla tragicità unica. Con lo stesso segno dolce, rotondeggiante e caricaturale che lo aveva contraddistinto nei suoi manga comici come in quelli sexy o sci-fi, Azuma riesce a offrire uno dei più potenti, per quanto straniante, fumetti-verità dei nostri tempi.