di Elisa Pierandrei
La casbah di Algeri, un luogo mitico nell’immaginario italiano (e non solo) da quando Gillo Pontecorvo la raccontò nel film La battaglia d’Algeri (1966), è riprodotta in una ambientazione insolitamente misteriosa e realistica nel fumetto Fatma au Parapluie,(Fatima con l’ombrello) dei giovani autori algerini Mahmoud Benamar (matite), Soumeya Ouarezki (sceneggiatura e inchiostri).
Il primo volume, 64 pagine in bianco e nero tradotte dall’arabo al francese da Lotfi Nia, è uscito nelle librerie d’Oltralpe lo scorso maggio per l’editrice Alifbata (dal nome delle prime tre lettere dell’alfabeto arabo). Con sede a Marsiglia, è attiva soprattutto nella pubblicazione di fumetti di autori di origini arabe ed è diretta dall’italiana Simona Gabrieli.
Al centro della storia ci sono il quartiere della casbah di Algeri, una vecchia casa diventata oggetto di paura e fascino a causa degli ombrelli appesi alle finestre, ma soprattutto due donne, Lalla Houm e Fatma N’parapli, che proprio lì vivono. La prima, vecchia e decrepita, è considerata una specie di “strega” in grado di predire il futuro e prescrivere rimedi, mentre la seconda è una signora che parla solo in francese, ama gli ombrelli, e infonde lo spirito di un tempo lontano e perduto.
Questa storia – che, poi si scoprirà, ambientata negli anni Quaranta – racconta di un mondo profondamente umano, abitato da donne a loro agio negli ambienti privati della casbah. Prendendo spunto da aneddoti familiari ricostruiti nella scenografia a cura di Soumaya e di sua sorella Safia, Fatma au Parapluie è un racconto corale al femminile, in cui le donne si chiamano Fatma, il marchio di un destino condiviso. Non nasconde nulla di questa società fatta di regole e tabù dove le donne hanno spesso lingue biforcute e gli uomini si impongono senza educazione.
La casbah è protagonista, lo sono i suoi abitanti ma anche i labirinti di vicoletti costruiti senza un piano regolatore e la particolare architettura degli interni delle sue abitazioni. La parola casba è un adattamento in lingua italiana dell’arabo algerino qaṣba, con cui gli Europei hanno iniziato a chiamare il vecchio quartiere di Algeri che giocò un ruolo chiave nella lotta per l’indipendenza (1954-1962). Dal 1992 è patrimonio dell’Unesco. Mahmoud Benamar l’ha messa su carta con un tratto deciso – sebbene a volte un po’ statico – utilizzando il bianco e nero.
Stando agli autori, è stato scelto di presentare e organizzare le tavole prendendo spunto da tecniche cinematografiche come zoom, flashback o l’uso di diverse angolazioni per illustrare la stessa scena. Benamar ha saputo restituire una ambientazione lontana dagli stereotipi grafici con cui a volte viene rappresentata la città nordafricana. La casbah si erge dall’alto scomposta, tagliata da gradini e infranta a numerosi livelli dai piccoli e stretti vicoli. Qui gli arabi non sono affatto invisibili. I volti dei protagonisti sono talvolta ingranditi e le caratteristiche del viso accentuate, come se fossero illuminate da una lampada in un film di paura…
È raro trovare un fumetto algerino sugli scaffali delle librerie europee. Scritto nella lingua del posto in modo da evocare una realtà sociale più concreta, è uscito nel 2014 per la casa editrice Dalimen, non una qualunque nel Paese nordafricano. A fondarla nel 2001 è stata Dalila Nadjem, responsabile della nascita di FIBDA, il Festival internazionale del fumetto che si svolge ad Algeri da oltre dieci anni, e che fra gli ospiti conta ogni anno anche sulla presenza di autori dall’Italia.
In Algeria il fumetto vanta una tradizione che affonda le radici non solo in quello per ragazzi, ma anche nelle vignette dei quotidiani e nelle riviste di satira come Al Manchar (una specie di Charlie-Hebdo algerino fondato nel 1989 ma costretto a chiudere pochi anni dopo). Il fumetto ha vissuto una stagione parecchio felice grazie ad autori come Haroun, Sid Ali Melouah, Mhafoud Aider e Ali Dilem. Ma solo fino agli anni Novanta, quelli del terrorismo durante i quali i vignettisti scomodi venivano assassinati o costretti all’esilio. Sono in molti, oggi, a credere che è anche grazie a festival del fumetto come FIBDA – che a Fatma au Parapluie ha assegnato un premio – che la stagione felice della creatività algerina sia potuta ripartire.
Fatma au Parapluie vol. 1
di Mahmoud Benamar e Soumeya Ouarezki
Alifbata, maggio 2019
brossurato, 64 pp., bianco e nero
18,00 €
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