Avengers: Endgame sarà il capitolo conclusivo di quella che Kevin Feige, produttore e mogul dei Marvel Studios, ha soprannominato Infinity Saga, un arco narrativo che copre tutti e 21 i film realizzati finora e il quarto film dei Vendicatori, in arrivo nei cinema italiani il 24 aprile.
Nel mondo cinematografico, l’idea dell’Universo Cinematografico Marvel (MCU) – una serie di pellicole interconnesse tra di loro in cui i personaggi entrano ed escono dai film l’uno dell’altro, proprio come il loro corrispettivo fumettistico – ha dell’incredibile. Mai nessuno era riuscito a replicare la sensazione di leggere una serie a fumetti che vantasse la ricchezza narrativa del genere supereroistico e i possenti mezzi della Settima Arte.
In attesa di vedere come finiranno le vicende di Avengers e soci, potreste provare a rifrescarvi la memoria con un lussureggiante e impegnativo binge-watching di tutti i film dell’universo cinematografico Marvel.
Info di base:
I film Marvel raccontano di supereroi, uomini e donne (ma anche divinità, alieni, alberi e procioni) dotati di capacità sovrumane che sono al servizio della comunità per difenderla da minacce che ne mettono a rischia l’esistenza. Ma quando il pericolo è troppo grande, i singoli eroi si devono unire in un supergruppo chiamato Avengers che sappia far fronte comune. Il loro nemico più temibile, nel corso delle vicende, si rivela essere Thanos, un alieno alla ricerca di sei artefatti noti come le Gemme dell’Infinito, che gli permetterebbero di diventare invincibile.
Diviso in “Fasi”, l’universo Marvel al cinema è nato come una serie di storie di supereroi, a poco a poco sempre più legate tra di loro, portando avanti una narrazione più ampia. Questo sforzo costante produce, come ha scritto Antonio Dini su queste pagine, «una “radiazione narrativa di fondo” apparentemente impercepibile, ma che in realtà alla lunga fa emergere un cambiamento profondo, rendendo l’esperienza estremamente appagante». Sono così arrivati i film degli Avengers, che segnavano idealmente la chiusura di una fase e l’inizio dell’altra. Come una festa di fine anno scolastico, questi film creano un senso di comunità, attesa ed euforia.
Se le prime due fasi dell’universo cinematografico Marvel riuscivano a mischiare storie intimistiche e grandi conflitti, la terza presenta una nuova direzione editoriale: far diventare ogni film un film degli Avengers. Ecco allora che in Captain America: Civil War ci sono quasi tutti gli eroi Marvel a darsele di santa ragione, in Spider-Man: Homecoming compare Iron Man e Thor: Ragnarok ha come co-protagonista Hulk.
La conseguenza immediata di questo nuovo corso è una gara al rilancio in cui ogni film deve presentare sempre più personaggi, conflitti, momenti epici. Diventa però difficile, come scrive Dini, «far percepire il singolo film degli Avengers come un media-event, un capitolo spettacolare, definitivo. Serve sempre qualcosa di più, bisogna alzare la posta». Con il passare dei film, preparatevi ad assistere a messe in scena sempre più rutilanti che cercano di non perdere mai il filo del racconto e delle relazioni tra i personaggi che animano queste storie.
I film dell’Universo Cinematografico Marvel rappresentano un ciclo decennale che ha indicato la direzione verso cui ora tutti i grandi studi cinematografici si stanno muovendo: la creazione di un universo condiviso – proprio come è sempre stata prassi dei fumetti – in cui personaggi e situazioni si traghettano da film a film e non cessano mai il loro percorso.
Numero di film:
21, divisi in tre “Fasi” che scandiscono la chiusura di varie trame ma allo stesso tempo rilanciano la narrazione sottostante alla Infinity Saga.
• Fase 1: Iron Man (2008), L’incredibile Hulk (2008), Iron Man 2 (2010), Thor (2011), Captain America – Il primo Vendicatore (2011), Avengers (2012).
• Fase 2: Iron Man 3 (2013), Thor: The Dark World (2013), Captain America: The Winter Soldier (2014), Guardiani della Galassia (2014), Avengers: Age of Ultron (2015), Ant-Man (2015).
• Fase 3: Captain America: Civil War (2016), Doctor Strange (2016), Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017), Spider-Man: Homecoming (2017), Thor: Ragnarok (2017), Black Panther (2018), Avengers: Infinity War (2018), Ant-Man and the Wasp (2018), Captain Marvel (2019).
Regole d’ingaggio:
Nel pacchetto di visione sarebbero da includere anche le serie ambientate nella stessa realtà dei film (Agents of S.H.I.E.L.D., Agent Carter, Inhumans, Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage, Iron Fist, The Defenders, The Punisher, Runaways e Cloak & Dagger) e i cortometraggi in live-action che hanno contribuito ad aggiustare in corsa alcuni errori o a carteggiare asperità della trama. All Hail the King, per esempio, rassicurava i fan sull’esistenza di un altro Mandarino oltre a quello fasullo interpretato da Ben Kingsley in Iron Man 3.
Tuttavia, nonostante Agents of S.H.I.E.L.D. dialoghi attivamente con gli avvenimenti dei film, ci limiteremo ai prodotti per il grande schermo, perché c’è un confine tra passione e masochismo che non andrebbe mai oltrepassato (ed è un confine che costerebbe 11 giorni, 2 ore e 17 minuti del vostro tempo).
Tempo richiesto:
Per vedere tutti e 21 i film occorrono 44 ore e 50 minuti lordi. Considerando una media di 10 minuti di titoli di coda per film arriviamo a un monte ore netto di 41 ore e 20 minuti. Io direi che, se volete prendervela comoda, potete dedicare un fine settimana per ogni “Fase”.
Personaggio da seguire:
La scelta più ovvia sarebbe Iron Man, ma l’uomo di ferro con la faccia di bronzo è come una Coca-Cola, frizzante, di bell’aspetto, ma non particolarmente complesso. Tony Stark, per quanto sia l’affascinante bastardo che abbiamo imparato a conoscere, non matura, non cresce, non si sviluppa, non c’è il divertimento nel vederlo esplorare lati diversi di sé finché non trova la quadratura del cerchio. Certo, reagisce alle situazioni (come i postumi dell’invasione dei Chitauri) ma una volta sbrogliata la matassa torna al punto di partenza.
Dalla prima scena di Iron Man, Tony Stark è Robert Downey Jr. in tutte le sue mossette, i suoi tic, i suoi sguardi e i gesti. Le insicurezze, i dubbi, i rimorsi e gli atti di spavalderia che ha nel primo film dei Marvel Studios sono gli stessi che avrà in tutti gli altri film. Gli autori lo affrontano da una prospettiva diversa quando assume un ruolo criptogenitoriale nei confronti di Spider-Man in Spider-Man: Homecoming e Avengers: Infinity War, ma non è una dinamica che vediamo granché sviluppata.
La hybris e le convinzioni che ha nel primo film («è un mondo imperfetto, ma è l’unico che abbiamo… Creda, quando non serviranno più armi per mantenere la pace, costruirò mattoni per ospedali pediatrici») sono le stesse che lo porteranno a creare Ultron e a coinvolgere un ragazzino in una guerra tra adulti, soltanto spostate di contenuto.
Thanos sarebbe sicuramente una figura che varrebbe la pena analizzare, ma purtroppo è rimasto nell’ombra per tutta la Infinity Saga e il suo percorso si riduce a un unico film. Secondo me è più divertente seguire il percorso di maturazione del ragazzone tutto patriottismo e gentilezza verso le vecchiette che attraversano la strada, ovvero Steve Rogers, alias Captain America. Meno urlato, meno evidente, il suo arco narrativo tra amore per il paese e disillusione nei confronti delle istituzioni è la spina dorsale del franchise.
In alternativa, è altrettanto vivida la storia di Loki, personaggio tragico dell’MCU (egoista, manipolatore, eppure in fondo capace di atti d’affetto), un po’ per l’ottima resa attoriale di Tom Hiddleston, un po’ per la scrittura, ma soprattutto per l’assenza di altri cattivi dotati di grande personalità.
Miglior momento:
Chiamatemi ingenuo o banalotto (caratteristiche che effettivamente mi appartengono), ma lo schiocco di dita di Thanos in Avengers: Infinity War è un momento che soddisfa dieci anni di storie, attese, congetture. Un K.O. tecnico da cui è difficile rialzarsi.
Miglior sequenza d’azione:
Ce ne sono due che mi hanno colpito per la capacità di trasmettere la sensazione di pericolo, apparente ineluttabilità e paura per la vita dei personaggi. Una è il salvataggio dei passeggeri dell’Air Force One da parte di Tony Stark in Iron Man 3, l’altra è l’attacco del Soldato d’Inverno e dei suoi uomini a Nick Fury in Winter Soldier.
Quest’ultima la spunta perché rimane la scena che più ricordo del film, la sua forza non è diminuita di fronte a ripetute visioni ed è un esempio di sequenza dove progettazione, coreografie, scrittura e montaggio non sbavano mai e inchiodano lo spettatore al suo posto, non concedendogli nemmeno il lusso di respirare.
Quando fare la pausa bagno:
Raccontando la maratona a cui partecipò prima dell’uscita di Infinity War, l’inviata di Polygon riportò il commento di una ragazza che si chiedeva durante quale film gli spettatori si sarebbero lasciati andare a un pisolino ristoratore. «Penso che tutti puntino ad Age of Ultron». Mi trovate in disaccordo.
Pur essendo un film farraginoso sotto molti punti di vista, ha i suoi momenti, come pure Iron Man 2, l’altro film contro cui tutti puntano il dito quando si parla di brutti cinecomic Marvel (ma, ehi, se questo è brutto, i film dei Fantastici Quattro o certi capitoli degli X-Men sono da processo di Norimberga).
No, a vincere la palma di film che può andare avanti mentre voi siete a fare una pausa bagno è Thor: The Dark World, lungometraggio che ha lo slancio di un fermacarte, lo stesso che ha firmato la regia, guarda caso. Non che i film Marvel abbiano chissà quale impronta autoriale: ogni guizzo è ben accolto se riesce ad adattarsi alla struttura rigidissima che circonda il regista, il quale può sperare ogni tanto di lasciar cascare un’idea personale. Certi ci sono riusciti, come James Gunn, Shane Black, Kenneth Branagh, Jon Favreau. Il regista di The Dark World proprio no.
Thor: The Dark World è quel genere di pellicola che potete tenere in sottofondo mentre state riempiendo di cuori Mara Venier su Instagram e avete gli occhi troppo pieni di frollata bellezza veneta per farci stare dentro altro.
Scena dopo i titoli di coda per cui vale la pena aspettare:
Il pranzo silenzioso di The Avengers, per idea, ambientazione e payoff emotivo-narrativo, insomma una ricchezza concettuale fuori scala. E dura soltanto 10 secondi.
Miglior cameo di Stan Lee:
Il buon senso mi obbliga a dire che la scena migliore è quella di Guardiani della Galassia Vol. 2 in cui Stan Lee chiacchiera con gli Osservatori e racconta loro tutti i suoi precedenti camei. Se il metacinema e il compiacimento dello spettatore vi diverte solo fino a un certo punto, forse troverete più efficace la scena finale di Ant-Man. In lingua originale, sentirlo dire tramite la voce di Luis «craazy stupppid fine» fa abbastanza ridere.
Franchise che potete saltare:
Il primo consiglio di getto sarebbe stato quello di zompare a piedi pari i tre film di Thor, un po’ perché il secondo capitolo è stato appena eletto il nadir dell’Universo Cinematografico Marvel, un po’ perché nemmeno gli altri due sono la scampagnata a divertimento-landia che promettono di essere (Thor: Ragnarok ha un minimo di charme ma scade subito nell’irritante). E poi il primo Thor, per quanto pacchiano, ha avuto il merito di introdurre il dio del tuono e il suo carismatico fratello Loki.
A conti fatti, quindi, il franchise più irrilevante è Ant-Man, che per quanto simpatico è arrivato a due film senza impattare minimamente il grande arazzo Marvel. Per qualsiasi evenienza, vi basti sapere questo: un amorevole ladro con problemi famigliari ruba una tuta che gli permette di rimpicciolirsi e parlare alle formiche, fa fatica a dimostrarsi un buon padre per la figlia che ama ma alla fine tutto si risolve per il meglio e l’eroe rimedia pure una nuova fidanzata, anche lei dotata di una tuta rimpicciolente.
Franchise che NON potete saltare:
Due risposte, quella di testa e quella di cuore. La prima vi dice che è la trilogia di Capitan America a svettare sui franchise. Il primo, mai abbastanza applaudito, è un film d’avventura del sabato pomeriggio, diretto da un Joe Johnston sul pezzo, con un buon cattivo e un finale da crepacuore (con quel malinconico «avevo un appuntamento» detto da Steve), che ha dettato il tono dell’MCU in maniera molto più decisa di quanto non abbia fatto Iron Man.
Il secondo è un thriller con scene d’azioni impeccabili che si fa forza del miglior materiale di base mai scelto da Feige (la gestione di Capitan America di Ed Brubaker) e il terzo un Avengers 2 ½ che comunque fa il suo mestiere.
Il cuore però arriva e con uno scappellotto ficca un po’ di ragione in quel cervello: la struttura portante di tutto l’universo Marvel verte sui Vendicatori, e saltare il loro franchise sarebbe come non fare l’albero a Natale.
Miglior poster:
Da molti anni ormai la piaga dei brutti poster ha ridotto l’industria cinematografica a una fabbrica che sforna un abominio dietro l’altro. Attanagliati da paletti burocratici, indagini di mercato e contratti insindacabili (che magari prevedono che l’attore X occupi almeno il 60% dello spazio sul cartellone, costringendo i grafici a cedere alla scorciatoia dei faccioni volanti), i poster dei film sono un pallido ricordo di ciò che erano stati fino agli anni Ottanta, quando non erano ancora risultati di formule e bilanciamenti dettati da agenti e capi del marketing.
Senza neanche stare tanto a discuterci, uno dei peggiori poster (in generale) è quello di Spider-Man: Homecoming. Sul migliore, la lotta è dura. Il primo poster ufficiale di Ant-Man, in cui i creativi hanno giocato con la capacità di Scott Lang di ridursi alle dimensioni di una formica, vince più per l’assenza di concorrenza che per la bontà dell’idea in sé.
Se invece volessimo allargare lo sguardo al mondo dei poster su licenza, realizzati da case come Mondo e Poster Posse, nate proprio nel tentativo di riportare il disegno, l’originalità e il bello nella cartellonistica cinematografica, decidere il migliore diventerebbe – quello sì – un compito arduo. Avrei potuto scegliere questo poster citazionista di Guardiani della Galassia realizzato da Matt Ferguson o il concentrico Spider-Man: Homecoming di Martin Ansin, ma come si supera la semplicità e il simbolismo del poster per Captain America: The Winter Soldier disegnato da Doaly?
In che ordine guardarli:
Se stessimo parlando di Star Wars, potremmo stare ore a dibattere su quale ordine scegliere per avventurarsi nell’epopea di George Lucas traendone la soddisfazione migliore (i fan discutono attorno almeno quattro modi fondamentali di visione). Nel caso dell’universo Marvel, la situazione è un po’ più comoda e lasciata allo spettatore.
Potete optare per il gusto alla vaniglia, ossia l’ordine di uscita nelle sale, partendo quindi da Iron Man e arrivando a Captain Marvel. Pro: vi facilitate la visione senza inutili schemi o diagrammi nel tentativo di ricostruire la cronologia delle saghe. Vi godrete lo spettacolo così come l’hanno pensato i produttori e tanto basta. Contro: non potrete annoiare l’eventuale vostr* compagn* di maratona con commenti ficcanti come «Ecco, questo ricordatelo che poi tornerà più avanti» o «Lui è il papà di Iron Man!».
Altrimenti, con un po’ di aiuto, seguire l’ordine cronologico della narrazione potrebbe procurarvi un piacere diverso, specialmente spostando la visione di Captain Marvel all’inizio della maratona di modo che la scena dopo i titoli di coda di Infinity War sia un vero colpo di scena anche per gli spettatori digiuni di fumetti. Io non mi sono mai azzardato, quindi se ci provate fatemi sapere.
Perché guardarli insieme:
In America sono disposti a pagarvi se vi sottoponete alla maratona non-stop dell’MCU. Se avete la cittadinanza lì, potrebbe essere un buon motivo. Per tutti gli altri, invece? Dunque, la visione ravvicinata di tutti questi film potrebbe risultare parecchio noiosa perché molti sono origin story dalla struttura codificata e canonica. E, anche a causa di un compartimento tecnico di direttori della fotografia, scenografi e concept artist quasi identico che si trasferisce da film a film, a un certo punto vi sembrerà di guardare un unico strabordante film che ricomincia da capo ogni due ore.
Per fortuna questa sensazione svanisce a metà del percorso, quando tutti gli elementi cominciano ad addensarsi. Insomma, superata la fase in cui bisogna sistemare i pezzi sulla scacchiera, giocare può essere parecchio divertente. La critica che molti facevano a questo universo di essere una grossa serie tv ad alto budget di cui bisogna aspettare mesi o anni per vedere l’episodio successivo in questo contesto si ribalta e diventa un punto di forza.
Rimandi, citazioni, buchi di continuità, tutto, nel bene e nel male, sarà più chiaro di fronte a una visione consecutiva. In particolare potrete apprezzare il senso di world building che sanno fare solo Kevin Feige e i suoi. Guardate in Spider-Man: Homecoming come la scena con i video istruttivi di Capitan America capitalizzi sulla conoscenza pregressa che abbiamo del personaggio per strappare una risata e allo stesso tempo faccia percepire come vengono vissuti i supereroi dalla gente normale.
La maratona, poi, culmina con la prima metà di un finale di stagione che mantiene tutte le aspettative, al contrario della maggior parte dei finali di stagione (o di serie) prodotti dal mezzo televisivo.
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