Le leggende giapponesi raccontate da Elisa Menini – e pubblicate in tre albi monografici dal gruppo Incubo alla Balena – sono state tra le più interessanti autoproduzioni italiani degli ultimi anni. Non solo per la limpida abilità narrativa e grafica dell’autrice, ma anche perché i suoi albi sono autoproduzioni nel vero senso della parola. Menini ha realizzato infatti le copie del volume Momotaro – il suo primo libro – completamente con le sue stesse mani, in serigrafia, pagina per pagina, copia per copia. E si è trattato di un gran lavoro, visto che tale tecnica di stampa richiede una notevole lavorazione.
I tre volumi che l’autrice ha autoprodotto in precedenza (Momotaro, Il gatto dai quattro colori e Il cappello di paglia) sono albi di grande formato che adattano a fumetti antiche leggende giapponesi.
Momotaro è per esempio un racconto molto popolare in Giappone, incentrato su un bambino nato da una pesca. Una storia probabilmente nota a chi legge manga, visto che è stata citata molto spesso all’interno di alcune serie parecchio popolari (come in quelle di Rumiko Takahashi, tra cui Lamù, che dalle leggende giapponesi attingeva ampiamente).
Ben presto i primi albi autoprodotti le sono valsi le attenzioni di Igort – narratore nipponista di prim’ordine – che l’ha accolta nelle fila di Oblomov Edizioni. Nippon Folklore raccoglie così le prime tre storie autoprodotte e ne aggiunge altre quattro.
Menini reinterpreta le leggende immergendosi con passione e competenza nella tradizione iconografica e narrativa nipponica, ma senza inciampare nello stereotipo. L’autrice non adotta un segno particolarmente ispirato al manga, né nel segno, né nell’impostazione della pagina. Il suo progetto è nato infatti per unire fumetto e stampa, e nel suo percorso è evidente come abbia tenuto presente esperienzialmente la cultura della stampa giapponese (lo ukiyo-e), applicandola al metodo più contemporaneo della serigrafia (contro l’incisione su legno dello ukiyo-e).
Il tratto morbido e asciutto di Menini ricorda gli incisori giapponesi del Diciottesimo o del Diciannovesimo secolo (quelli dediti più alle figure che agli scenari). Anche l’applicazione del colore richiama l’incisione, con una tavolozza cangiante a seconda delle storie, ma sempre stesa con nettezza e varietà cromatiche tenui. Spesso le pose dei personaggi ritratti ricordano più la cultura del tatuaggio giapponese che l’immaginario manga, proprio perché i soggetti prediletti della tradizione del tatuaggio giapponese sono prevalentemente animali mitologici o maschere, presi dalla tradizione e celebrati per significati mistici o epici (perlopiù dai malavitosi, poiché è usanza che il tatuaggio sia loro prerogativa).
È con estrema delicatezza che Menini prende ispirazione dalla cultura del Sol Levante, senza cadere nella trappola dello sterile compiacimento citazionista o imitativo. A questo aggiunge una spiccata sensibilità moderna, indirizzata all’essenzialità del segno, posto all’interno di una composizione della tavola spesso verticale e ricca di immagini (dunque – senza timore – anche occidentale).
Il lavoro di Menini ha senza dubbio il merito di portare un immaginario folkloristico al pubblico italiano senza l’orpello del fanatismo, coniugando sensibilità grafiche diverse con grande efficacia.
Nippon Folklore
di Elisa Menini
Oblomov Edizioni, gennaio 2019
Brossurato, 128 pp., colore
20,00 €