Belle storie di Silver Surfer non ne ho letto tante, ma quelle poche me le ricordo tutte, perché lo erano davvero. La trilogia di Galactus, qualche episodio disegnato da John Buscema, Parabola di Stan Lee e Moebius. Poi il nulla, per decenni interi. Di recente, solo la gestione di Dan Slott e Michael Allred ha lasciato il segno.
È difficile scrivere belle storie di Silver Surfer, perché è difficile fare qualcosa di originale stando in quei confini (Slott stesso, per scrivere il suo celebrato ciclo, ha dovuto un po’ tradire lo schema di base e immaginarsi Silver Surfer come un Doctor Who della Marvel) o uscire dall’impostazione di Stan Lee, «una visione della fantascienza del tutto naïf, concepita in un epoca di fantasie sfrenate come gli anni Sessanta» come ha scritto Marco Andreoletti.
Dagli anni Ottanta in poi, nessuno ha più voluto avere a che fare con Silver Surfer e con quel tipo di visioni, e chi lo ha fatto ha sempre e solo cercato lo sguardo nostalgico. Non a caso fu Lee a scrivere Parabola – solo lui poteva, nella decade reaganiana, catturare quel senso di innocenza passatista – mentre il ciclo di Slott/Allred è tutto impregnato di reminescenze.
Tra Parabola e la gestione Slott/Allred c’è però stata un’avventura che i più hanno dimenticato, che non è mai stata la fan favorite di nessuno e che nessuno cita come esempio felice di storia del surfista d’argento. Si tratta di Silver Surfer: Requiem, titolo del 2007 di J. Michael Straczynski ed Esad Ribic, da tempo fuori catalogo e che Panini Comics ha ristampato nella collana di grande formato Grandi Tesori Marvel.
Eppure è un fumetto che, oltre a essere valido di per sé, mostra come declinare il personaggio con piglio contemporaneo. In Requiem, Silver Surfer ha scoperto di essere prossimo alla morte. Se all’inizio reagisce cercando soluzioni alla finitudine del suo essere, capisce presto di dover soltanto mettersi in pace con il cuore e provare a sistemare le storture degli altri. Quale miglior trama per quello che Grant Morrison definì «il primo supereroe emo»?
Ecco che per sequenze intere Norrin Radd sfreccia tra galassie color malva lasciandosi andare a riflessioni sulla mortalità che sarebbero piaciute a Stan Lee. In Silver Surfer il Sorridente riversava con tutta la magniloquenza di cui era capace lunghe considerazioni su temi come l’emancipazione, la rivalsa del più debole sul più forte, la giustizia e la speranza. I suoi dialoghi sfociavano, come scrive Andrea Queirolo, in «aforismi e frasi ad effetto, ricche di roboante, ingenua ma dolce filosofia».
Straczynski resta fedele all’afflato melodrammatico di Radd ma, da autore con una mentalità più scafata, lo asciuga da verbosità superflue e lo mette contro situazioni concrete. Non più drammi morali ma super-problemi che dovrebbero essere alla portata di un supereroe come lui.
Lo scrittore parla dei grandi temi universali con pragmaticità e realizza, insieme al personaggio e al lettore, che non esistono soluzioni facili a problemi difficili. Va contro le trovate populiste che sembrano risolvere i problemi con un solo gesto e invece non fanno altro che spostarlo da un’altra parte. Un atteggiamento lucido che poi lo scrittore perderà in opere future (come la pessima Grounded, una saga di Superman dove Kal-El non fa che snocciolare risposte facili a domande complesse).
Una pagina dal notevole impatto visivo descrive le conseguenze catastrofiche delle ipotesi offerte da Spider-Man a Silver Surfer durante un loro incontro. Per esempio, gettare a pioggia ori e metalli preziosi sulla popolazione ne indebolirebbe il valore, i diamanti varrebbero meno di un chilo di frutta, chi ha investito in quel settore finirebbe al lastrico e così via, in un effetto a catena più devastante del problema che ci si proponeva di sbrogliare. Più avanti, Silver Surfer sarà chiamato a risolvere una guerra tra due razze aliene i cui leader vivono lontano dal conflitto, intoccati dai combattimenti. La scelta del surfista sarà la meno scontata di tutte.
Ecco allora che nei quattro capitoli liturgici (i titoletti Kyrie, Sanctus, Benedictus e Agnus Dei sono parti della messa) si riesce a parlare di simbologie cristologiche, amicizia, amore e pace evitando i luoghi comuni, soffermandosi su aspetti di esperienze umane che trasmettono concetti enormi con piccoli dettagli. Come una morte annunciata a sguardi e non a parole e solo una volta ottenuta la consapevolezza, espressa, ribadita, urlata.
Altrettanto impressionante per rigore è il lavoro dell’illustratore Esad Ribic. Dopo una gavetta come animatore nello studio Zagreb Film della sua natia Croazia e alcuni lavori per Antarctic Press e DC Comics, si era fatto conoscere con le copertine di Wolverine, House of M e della miniserie Loki. Nello stretto giro di qualche anno, la Marvel gli affidò una serie di graphic novel dipinti molto validi che ripensavano personaggi di seconda fascia, come Namor (Sub-Mariner: Abissi, un horror nautico in cui Namor è una presenza silenziosa da far raggelare il sangue) e Silver Surfer.
Passato in tempi recenti alle sole matite, Ribić si distingue per il suo stile emaciato, come se i suoi disegni fossero avvolti da una foschia lattiginosa che affila i volti e le forme, lasciando macchie di rossore sulle nocche e le guance. I pallidi candori e la luce diffusa che crea visioni eteree nelle sue tavole sono quindi perfette per il crepuscolare Silver Surfer.
Il croato usa il colore più come farebbe un direttore della fotografia che un pittore. «Non me ne frega un cazzo dei colori» disse in un’intervista a Multiversity Comics. «Sono più interessato alla luce, alle ombre, alla profondità di campo. I colori servono per aggiungere senso dello spazio.»
A volte ancora incerto sui volti, Ribić dipinge sulla pagina la grande compostezza di Radd, si destreggia con l’azione più concitata, inventa mondi alieni al confine col fantasy e mantiene sempre saldo il suo occhio. Evita inquadrature bislacche – le più avventate sono quelle dal basso, che mettono Silver Surfer in posizione dominante e divina – e sceglie punti di vista che conferiscono alla pagina enorme pacatezza, austerità ma anche senso di epica (sensazione che il grande formato dell’edizione non fa che accentuare). Nei pochi luoghi che la prevedono non riesce a trasmettere l’ironia, forse anche perché la pittura lo ingessa più di quanto farà la matita, ma il continuo rappresentare Silver Surfer con pochissimi gesti e pose rende Requiem una lezione preziosa sul minimalismo attoriale del personaggio.
Alla fine, giocoforza, tra rimandi religiosi e monologhi, Requiem scade in una chiusa un po’ troppo pomposa e affettata, ma la sobrietà di testo e disegni resta un esempio ammirevole nel canone del personaggio.
Silver Surfer: Requiem – Grandi Tesori Marvel
di Joseph Michael Straczynski e Esad Ribic
traduzione di Luigi Mutti
Panini Comics, dicembre 2018
cartonato, 112 pp., colore
22,00 €
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