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Il Moon Knight di Bill Sienkiewicz

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Nel numero #32 della rivista Werewolf By Night, dedicata a Jack Russell, il licantropo della Casa delle Idee, Doug Moench introduce una sua creatura: Moon Knight.

moon knight bill Sienkiewicz fumetto marvel

Spesso visto come la versione marveliana del cavaliere oscuro, Mark Spector è, invece, figlio di una tradizione tanto pulp quanto fumettistica che affonda le sue radici negli anni Quaranta, nel pieno della Golden Age. Le origini esotiche e le atmosfere oscure e thrilling dei racconti catturano un immaginario che fanno sì che il personaggio, se da un lato possa incorrere in somiglianze un po’ troppo marcate con l’uomo pipistrello, dall’altro, invece, incarna una rilettura noir e urbano del Phantom di Lee Falk.

In seguito a quella breve, ma intensa, apparizione, il personaggio migra tra le varie pubblicazioni dell’editore sino a conquistarsi una serie regolare, che viene pubblicata nella prima metà degli anni Ottanta.

Panini Comics ha appena pubblicato Notti di luna piena un bel volume di oltre 400 pagine, in cui ha raccolto oltre alle origini del personaggio apparse sulla rivista antologica The Hulk, i primi 15 numeri della serie Moon Knight, a firma della copia Moench e Sienkiewicz.

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La prima pagina di Moon Knight #1

La scrittura di Moench è indecisa: le storie si aprono con toni adulti, vediamo un Mark Spector calato nei bassifondi di una metropoli abitata da prostitute, barboni e gente umile, ma si muovono spesso in maniera impacciata e ingenua, assecondando tropi della narrazione supereroistica della Silver Age.

La schizofrenia in cui Moench immerge il suo eroe, un semplice espediente narrativo utile a dotare il vigilantes di una serie di devices quasi obbligatorie, diventerà negli anni la matrice per dispiegare le potenzialità del personaggio.

Ad esempio, il breve, ma intenso, ciclo di Warren Ellis si basa propria sulle diverse identità di Moon Knight: tassista, miliardario, mercenario, supereroe. Invece nelle avventure realizzate da Huston e Finch assistiamo al racconto di un depresso clinico.

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Da Moon Knight #9

Moench pone le basi, quindi, dell’universo di Moon Knight: le origini mistiche, le ambientazioni urbane ed esotiche, che affondano nel milieu pulp e horror dei primi anni Quaranta. Lo scrittore dà il meglio di sé proprio quando fa emergere quest’ultima componente, creando personaggi come Morpheus che catturano l’immaginazione del giovane Sienkiewicz.

Ed è proprio l’evoluzione del disegnatore di Elektra Assassin a diventare l’elemento più interessante di questo volume. Lo stile emerge lentamente, soffocato dalle chine di inchiostratori troppo classici, tra cui spicca negativamente per eccesso di armonia Frank Giacoia. Il tratto nervoso e ruvido di Sienkiewicz si fa strada numero dopo numero, compreso solo da solo un asso delle chine come Klaus Janson.

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Da Moon Knight #9

Il numero 9 di Moon Knight è sintomatico: libero di inchiostrarsi, Sienkiewicz incomincia a sperimentare. Le prospettive si fanno più audaci, i volti diventano più espressivi e inquieti, le ombre acquistano maggiore spazio, così come l’utilizzo delle onomatopee. Alcune soluzione come quella a pagina 252, una classica gabbia a nove celle in cui Moon Knight avanza con un movimento circolare e ascendente, sottolineato da una crescendo onomatopeico, ricorda alcuni espedienti che ritroveremo sia in Elektra Assassin che in quel Big Numbers, che fu croce e delizia del disegnatore.

Moench sembra quasi assecondare la crescente maturità di Sienkiewicz con storie sempre più cupe, dando spessore anche ai personaggi secondari, fino a quel punto tratteggiate come poco più che macchiette. Moon Knight #11, in questo senso, rappresenta lo spartiacque. Qua, Sienkiewicz sottolinea i diversi registri con maestria, ma soprattutto fanno capolino alcuni suoi vezzi, che diverranno tipici del suo stile, in particolare l’uso espressionistico e decorativo delle chine. Il sangue che cola a pagina 298, imbrattando le vignette è uno strappo, un lembo che svela il genio.

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Da Moon Knight #11

Sono indizi, piccoli segnali, che esplodono negli ultimi quattro numeri raccolti nel volume. Tra citazioni di Gene Colan (il Daredevil di Moon Knigh #13 ne è sicuramente debitore) e di Neal Adams, Sienkiewicz ritaglia la propria identità. Sempre più oscuro e violento, ci fa sussultare a ogni tavola, sino a pagina 394, tra le più belle del volume, grazie alla tecnica mista e a quel close up che sembra quasi omaggiare il grande Jack Cole.

La manciata di numeri che conclude l’avventura di Sienkiewicz su Moon Knight non sono raccolti in questo volume, così come le sue splendide copertine. Ma, una seconda raccolta potrebbe concludere degnamente questo recupero, che resta un mush have per i fan tanto del cavaliere lunare che del disegnatore.

Moon Knight – Notti di luna piena
di Dough Moench e Bill Sienkiewicz
traduzione di Pier Paolo Rochetti, Giuseppe Guidi, Fabio Gamberini
Panini Comics, dicembre 2018
cartonato, 416 pp., colore
37,00 €

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