Dieci anni dopo Spirou – Il diario di un ingenuo, Émile Bravo torna a raccontare la sua versione del fattorino più famoso del fumetto con il primo volume della quadrilogia Spirou – La speranza, nonostante tutto, pubblicato a dicembre da Edizioni Cosmo / Nona Arte e finito dritto dritto nella nostra selezione dei migliori fumetti dell’anno e tra i candidati al Grand Prix d’Angouleme 2019.
Come per la sua prima opera, Bravo ci propone un romanzo di formazione, la maturazione di Spirou attraverso il periodo buio della Seconda Guerra Mondiale.
Il 24 aprile nel 1938 nelle edicole del Belgio esce il primo numero di Le Journal de Spirou. In prima pagina, la prima tavola disegnata da Rob-Vel del titolare del giornale, l’avventuriero eterno ragazzino così amato in Belgio e in Francia da essere per lungo tempo l’unico concorrente di Tintin.
Le sue storielle avventurose, realizzate dal suo creatore e dalla moglie Blanche Dumoulin, sono poca cosa sia per testi che per disegni in confronto a quelle che una decina di anni dopo firmerà André Franquin, ma anche in confronto a quelle che, in contemporanea, viveva il personaggio di Hergé, ma riscuote ugualmente un grande successo.
Il 10 maggio del 1940 la Germania nazista invade il Belgio per poter aggirare le difese francesi e marciare su Parigi come già fatto nella Prima Guerra Mondiale. Nel giro di diciotto giorni l’esercito belga è costretto a capitolare e inizia l’occupazione militare del paese, che durerà quattro anni. Il controllo tedesco si concentra ovviamente anche sui mezzi di comunicazione, giornali in primis.
Ma cosa fa Spirou mentre i tedeschi occupano il suo paese?
Se andiamo a leggere i racconti usciti su Le Journal de Spirou in quei quattro anni, ci accorgiamo che la guerra non viene mai citata nelle pagine a fumetti. Le avventure si susseguono normalmente, tra umorismo, indagini e viaggi in paesi esotici. Non ci sono tedeschi, non ci sono conflitti, non si parla di attualità.
È una cosa abbastanza naturale, a ben pensarci: non potendo schierarsi contro gli invasori, ma non essendo nemmeno obbligati a fare propaganda in loro favore, gli editori di giornali per ragazzi e i loro autori preferiscono allontanare il più possibile i personaggi dalla realtà belga.
Hergé, che vede chiudere il giornale Le Petit Vingtième a causa della guerra ed è costretto a passare al collaborazionista Le Soir, tra il 1940 e il 1944 spedisce Tintin prima nel Sahara durante un’indagine di traffico di droga, poi nell’artico a caccia di un meteorite, in fondo all’Atlantico alla ricerca del tesoro del Liocorno e infine sulle Ande, per il mistero di una mummia inca. Nulla quindi che possa lontanamente metterlo sotto i riflettori degli occupanti.
Rob-Vel segue la stessa condotta, mandando addirittura Spirou sul pianeta Zigomus pur di tenerlo lontano da casa. Anche Jijé, titolare della serie dal 1943, si tiene alla larga da argomenti spinosi: introduce il personaggio di Fantasio per dare una spalla comica al protagonista e mettere in scena brevi storie ricche di gag.
Per avere un accenno al conflitto bisognerà aspettarne la fine: nel 1946 Franquin firmerà una delle sue prime storie, intitolata Le tank, incentrata su un carro armato americano.
In questo contesto si inserisce il nuovo libro che Émile Bravo dedica a Spirou. Nel seguito di Spirou – Il diario di un ingenuo, in cui raccontava la vita del fattorino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale – guerra causata in parte da Fantasio, ricordiamolo – l’autore francese ci mostra Spirou alle prese con l’invasione tedesca: l’albergo dove lavora viene bombardato, un suo amico ebreo tedesco viene deportato in Francia per il timore che sia una spia, perde i contatti con Kassandra, la sua amata, una giovane polacca; vede un mezzo militare centrato da una bomba a pochi metri da lui, vive l’occupazione militare, la censura del giornale di Fantasio (Le Soir, proprio quello su cui usciva Tintin), il razionamento.
Prosegue così la sua evoluzione caratteriale, una maturazione attraverso le difficoltà del conflitto che lo porterà a diventare pian piano un po’ meno ingenuo e un po’ più realista.
Certo, il cambiamento non sarà mai completo. Spirou è troppo buono per essere cinico: non rinuncerà mai ad aiutare gli altri, siano i ragazzini di strada o Fantasio, che continua a mettersi nei guai inseguendo l’obiettivo di diventare un giornalista, così come non smetterà mai di mettersi dalla parte dei deboli. Il suo amore per la ragazza lontana è assoluto e platonico come può esserlo solo quello di un adolescente romantico.
Il libro si muove quindi tra dolce e amaro, tra momenti drammatici che si sciolgono in farsa e situazioni che un normale fumetto di Spirou si sarebbero risolte con una gag slapstick delle più classiche, ma che qui portano alla morte in scena di un personaggio.
Nonostante le numerose gag che Bravo inserisce nella trama, l’ombra della guerra si ingigantisce pagina dopo pagina, dando al fumetto uno strano sapore – invero molto realistico – di angoscia e leggerezza al tempo stesso.
Per rendere ancora più forte questa sensazione, l’attenzione dell’autore si concentra esclusivamente sui personaggi belgi e i loro alleati; i tedeschi che compaiono nel fumetto sono poco più che delle ombre, degli uomini neri che sfilano nelle strade e minacciano la popolazione, terribili come i racconti, inventati e esagerati, che i bambini fanno su di loro.
Sembra chiarissimo da che parte stia il fumettista, e con lui Spirou; la rappresentazione del conflitto sarebbe quasi manichea, buoni contro cattivi, se non ci fossero dei particolari a scardinare questa certezza, come la deportazione dei civili tedeschi da parte dei “buoni” o qualche gesto di generosità o di rispetto da parte dei “cattivi”, che siano gli invasori o i collaborazionisti.
Bravo apre così gli occhi anche a noi lettori, oltre che al suo protagonista, sulla realtà umana, dopo averci un po’ annebbiati immergendoci completamente nel punto di vista del ragazzino stesso.
La ricchezza dell’intreccio è bilanciata dalla chiarezza del disegno. Il tratto di Bravo discende direttamente dalla linea chiara di Hergé più che dal segno mosso di Franquin e della scuola di Marcinelle con cui Spirou è quasi sempre stato tratteggiato.
Quasi. Perché, a ben vedere, lo stile di Rob-Vel e anche di Jijé sono molto più simili a quello di Hergé che a quello del Franquin maturo. Bravo torna quindi in qualche modo alle origini del personaggio, all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, anche da un punto di vista estetico.
Fedeltà e citazionismo, ma anche, soprattutto, rivisitazione di un’icona. Leggerezza e profondità miscelati con sapienza. Una piccola folla di personaggi, i cui caratteri vengono tratteggiati con poche azioni e pochi segni ma resi immediatamente interessanti e realistici. Spirou – La speranza, nonostante tutto è, insomma, uno dei racconti più interessanti proposti di recente dalla letteratura disegnata d’Oltralpe.
Spirou – La speranza, nonostante tutto
di Èmile Bravo
traduzione di Marco Farinelli
Nona Arte, dicembre 2018
cartonato, 88 pp., colore
19,90 €