Dopo la nostra selezione dei migliori fumetti classici pubblicati nel 2018 in Italia, è arrivato il momento di spostare l’attenzione (e la memoria) per guardare a un altro settore, tra le pubblicazioni apparse durante l’anno: i migliori fumetti seriali.
Una selezione nella quale dominano i giapponesi, grazie alla elevata qualità media dei loro prodotti più popolari, completata dalle più raffinate tra le serie americane viste in Italia nel corso degli ultimi 12 mesi e da una delle vere eccellenze del fumetto italiano di questi mesi.
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Ping Pong voll. 1-5, di Taiyo Matsumoto (Hikari/001 Edizioni)
Ping Pong è una serie apparentemente insolita per un fumettista dalla spiccata sensibilità autoriale come Taiyo Matsumoto, l’autore degli apprezzati Sunny e Tekkon Kinkreet. Il mangaka, nelle sue opere viste finora in Italia, ci ha abituato a scenari immaginari, nei quali interagiscono personaggi dalle psicologie complesse e travagliate, messi di fronte a eventi ordinari ma più grandi di loro. Con Ping Pong, invece, l’autore ha realizzato una serie lontana dalla sua abituale comfort zone per mettere in scena uno spokon (così si chiama il manga di ambientazione sportiva) incentrato sul ping pong.
Matsumoto vince la sua sfida realizzando un manga avvincente, sia dal punto di vista narrativo che grafico, con disegni essenziali e ruvidi, ai confini dell’estetica underground, e una costruzione della tavola imprevedibile, frutto di una notevole ricerca. Ping Pong racconta la tenacia e la determinazione del giovane sportivo come metafora di rivalsa e affermazione di sé, accentuando i tratti esistenzialistici della storia, attenta a un contesto quotidiano ricercato e vibrante.
QUI la nostra anteprima del primo volume.
Mercurio Loi nn. 9-14, di Alessandro Bilotta e autori vari (Sergio Bonelli Editore)
Un anno dopo averci colpito come una delle migliori serie a fumetti del 2017, tocca ribadire il concetto: Mercurio Loi è uno dei prodotti seriali più interessanti dell’intero panorama fumettistico, e senza dubbio il migliore tra quelli progettati in Italia. Merito della qualità della scrittura di Alessandro Bilotta, ma anche della marcata personalità dei suoi disegnatori, da Andrea Borgioli a Sergio Gerasi, passando per Francesco Cattani e Sergio Ponchione (solo per citarne alcuni).
Nei sei episodi pubblicati nel corso del 2018 abbiamo visto Mercuio e la sua spalla Ottone alle prese con scimmie allevate come esseri umani, rivoluzionari che cercano di cambiare il mondo con l’immobilità anziché con le armi, un circolo di individui intelligentissimi, contrattempi sentimentali, avventure notturne e agguerritissime società segrete.
Mercurio Loi è anche e soprattutto un viaggio fra i meccanismi del racconto, trasformato in ragionamento, in “metodo”. E dell’avventura, naturalmente che Bilotta quasi “scarta” con slalom brillanti e arguti, mostrandoci quel che si nasconde tra una azione e l’altra, con la costante di un protagonista affascinante e carismatico. Anche quando troppo enigmatico o saccente.
Chiisakobe voll. 1-4, di Minetaro Mochizuki (J-Pop)
Il più recente manga di Minetaro Mochizuki (Dragon Head, Tokyo Kaido) è uno dei migliori fumetti giapponesi letti negli ultimi anni. Chiisakobe racconta la travagliata storia di un ragazzo costretto ad affrontare la morte di entrambi i genitori. Già gravato dalla necessità di mantenere in piedi l’impresa edile di famiglia, il protagonista trova la sua vita scombussolata anche dall’arrivo in casa di una giovane donna e di un gruppo di orfani rimasti senza tetto.
Il lavoro di Mochizuki mostra un continuo e appassionante equilibrio tra toni freddi e apatici − in particolare dei disegni, con una linea chiara che ricorda la raffinatezza di certo fumetto d’autore europeo − e passaggi densi di emotività. Non manca nemmeno di divertire, con malizia romantica e sexy e con scene buffe offerte dal giovane cast di orfani. Rappresentare uno spaccato di realtà è senza dubbio uno degli obiettivi di Mochizuki, con uno dei suoi lavori più sinceri e raffinati. Sebbene la storia sia tratta da un racconto in prosa (dello scrittore Shugoro Yamamoto), Mochizuki riesce a offrire un punto di vista proprio e a esprimere a pieno la sua sensibilità di narratore.
Mettetela così: portare a termine il romanzo quotidiano e ordinario che è il minimalista Chiisakobe, potrebbe essere una delle esperienze di lettura più “faticose” che si possano provare nel fumetto contemporaneo. Ma è la fatica che serve a ottenere, in cambio, una potente, sottile scarica emotiva.
QUI la nostra anteprima del primo volume.
Tokyo Alien Bros voll. 1-3, di Keigo Shinzo (Dynit)
Keigo Shinzo è uno dei giovani mangaka più interessanti del momento. Al suo esordio in Italia, ha già alle spalle una candidatura alla selezione ufficiale di Angoulême 2018 proprio con Tokyo Alien Bros., breve serie in tre volumi dallo spunto fantascientifico ma dai toni da commedia. I protagonisti sono infatti due fratelli alieni dal buffo aspetto − sono simili a condom giganti con occhi e bocca – inviati sulla Terra per scoprire se è possibile sfruttarne le risorse. I due assumono sembianze antropomorfe e, con i nomi Fuyunosuke e Natsutarō, iniziano a scoprire i meccanismi del nostro pianeta.
Il loro approccio alla vita e al nuovo pianeta è, almeno inizialmente, differente. Il primo è cinico, affabile e si lascia andare volentieri ai piaceri terrestri, pur dovendo prenderne ancora le misure. Il secondo è più ingenuo e non riesce ad apprezzare ciò che la Terra ha da offrire, visto che lo costringe a uscire dal (suo) seminato. Sotto l’aspetto caricaturale si cela allora un fine lavoro di scrittura dei personaggi, che racconta in maniera sardonica i nostri tempi.
Mister Miracle vol. 1, di Tom King e Mitch Gerads (RW Lion)
Dopo Sheriff of Babylon – che segnalammo tra le migliori serie del 2017 – lo sceneggiatore Tom King e il disegnatore Mitch Gerads si sono dedicati a uno dei personaggi creati da Jack Kirby negli anni Settanta per DC Comics: Mister Miracle. E nonostante il drastico cambio di ambientazione e di personaggi – senza patemi per l’eredità kirbyana – il duo creativo ha fatto centro un’altra volta.
La serie, composta di 12 episodi (di cui RW Lion ha finora presentato la prima metà), si concentra in particolare sulla relazione tra il protagonista e sua moglie Big Barda, attraverso storie introspettive che affrontano il tormento interiore dei personaggi, cresciuti nei campi di concentramento del mondo apocalittico di Apokolips (governato dal malvagio Darkseid) e ancora alle prese con gli incubi derivanti dall’esperienza.
Attraverso le nuove avventure di questi “Nuovi Dei”, King racconta quindi i traumi della guerra – da lui vissuta in prima persona quando era un agente della CIA – ma si sofferma anche sul ruolo contemporaneo del supereroe (qui calato in un contesto più ordinario) e su argomenti sensibili assai: la religione e la fede.
QUI la nostra recensione.
Happiness voll. 2-7, di Shuzo Oshimi (Panini Comics)
Volete un fumetto “di genere” che presenti tutti gli stereotipi del caso e che pure, senza negarli, riesca a stupire? Magari persino a offrire qualche emozione? Tenete allora d’occhio Happiness. Per noi, una delle più inattese sorprese del 2018, firmata dallo stesso autore de I fiori del male (Panini/Planet Manga), Shino-Chan non sa dire il suo nome (Panini/Planet Manga) e Dentro Mari (RW Goen).
Shuzo Oshimi ha sempre raccontato storie di adolescenti, ma rispetto al passato in questo seinen punta con forza sul sovrannaturale, in chiave horror: Happiness è infatti una storia di vampiri. Il contesto scolastico, l’evolversi della relazione tra un ragazzo e una ragazza e le sfide emotive del passaggio all’età adulta sono lo sfondo, tanto solido quanto canonico. Tuttavia la tensione psicologica e l’eleganza del disegno ne fanno non solo la sua opera più matura ma un manga seriale davvero avvincente e interessante.
Makoto è spesso bullizzato a scuola. Ma una notte, tornando a casa, viene attaccato da una ragazza misteriosa che gli offre una scelta: morire o vivere da vampiro. La sua nuova condizione è a tratti inebriante e in altri momenti disgustosa, e l’angoscia nel gestire le nuove pulsioni (la sete di sangue, la libido) attraversa scene dall’alto tasso di inquietudine. Tutta la trama si discosta poco dai binari tipici del filone, eppure la personalità del trattamento di Oshimi emerge progressivamente, rivelando un approccio più drammatico e meno prevedibile di Tokyo Ghoul (per restare al manga) o della serie tv Twilight.
A sorprendere sono soprattutto l’attenzione ai dettagli dei comportamenti – la scelta dei luoghi in cui Makoto si isola, le reazioni biologiche alla “sete”, la gestione della rivelazione agli amici e familiari, le diverse attitudini al vampirismo dei personaggi – e le atmosfere. Oshimi usa un disegno al tratto, ricco di ombre e tratteggi morbidamente sporchi, fino a offrire passaggi quasi astratti, di grande gusto stilistico. Nel volume 5 la storia si complica e si fa ancora più corale, virando verso il thriller: c’è da affrontare la polizia, ormai sulle tracce dei vampiri, e un serial killer. Ma sul finale, tutto cambia con un flashforward: 10 anni dopo, che fine avranno fatto tutti? Sembrava, e invece…
X-Men Grand Design vol. 1, di Ed Piskor (Panini Comics)
Ed Piskor, l’autore di Hip Hop Family Tree (storia dell’hip hop a fumetti), si dedica a uno dei più popolari super-gruppi di Marvel Comics, gli X-Men. E lo fa con un progetto dal forte gusto vintage, partendo proprio dalle origini del gruppo. L’approccio di Piskor è filologico: parte dalla prima storia degli X-Men − con l’arruolamento dei membri fondatori da parte del Professor X e la prima battaglia con la Confraternita dei Mutanti Malvagi di Magneto − e rinarra tutte le primissime avventure dei mutanti con il senno del poi, alla luce di tutte le rivelazioni e i cambiamenti che gli autori successivi a Stan Lee e Jack Kirby hanno introdotto sulla serie.
Le pagine sono fitte di testo e di vignette, illustrate con uno stile dettagliato (e l’utilizzo di retini e di una carta fintamente ingiallita). L’idea è quella di ri-narrare i primi 300 numeri di Uncanny X-Men nel giro di pochi volumi, e quindi la compressione delle vicende si fa necessaria, ma senza provocare un intasamento del ritmo della narrazione. Il risultato è «una vera e propria celebrazione dell’eredità creativa dei mutanti della Marvel, ideale punto di ripartenza per ritrovare lo spirito originale di quelle storie» come ha scritto Andrea Fornasiero sulle nostre pagine.
Berlin vol. 3, di Jason Lutes (Coconino Press)
Dopo 22 anni di pubblicazioni, Berlin di Jason Lutes, una delle opere fondative del graphic novel statunitense negli anni Novanta, arriva finalmente a conclusione con il terzo volume, dal titolo Città di luce. Si tratta di una fiction storica corale, ambientata nella capitale tedesca durante gli anni del declino della Repubblica di Weimar (1928-1933) e prima dell’ascesa del Nazismo.
In questi ultimi passaggi le vite dei personaggi che hanno portato avanti il racconto finora continuano a incrociarsi in mezzo a momenti cruciali della storia tedesca. Si arriva così a un epilogo pacato, colmo di significato e, in buona sostanza, di poesia. Negli Stati Uniti Berlin è stato pubblicato in albi a partire dal 1996 (ne erano previsti 24, poi ridotti a 22) e in seguito in volumi, tradotti in Italia da Coconino Press (La città delle pietre nel 2003 e La città di fumo nel 2008). Un tassello di Storia del fumetto contemporaneo che, finalmente, chiude la propria autorevole parabola.
QUI la nostra recensione.
Spirou: La speranza, nonostante tutto – Prima parte, di Émile Bravo (Nona Arte)
Dieci anni dopo Spirou – Il diario di un ingenuo, Émile Bravo torna a raccontare le vicende del fattorino più celebre del Belgio con un libro che è finito dritto dritto tra i candidati ai premi di Angoulême 2019 quasi prima di uscire. Il successo del precedente era stato talmente grande da far aumentare l’aspettativa per questo nuovo libro, prima parte di un affresco più grande, che prevede la pubblicazione di quattro volumi in tre anni. Come nella storia precedente, Bravo inserisce Spirou – di norma protagonista di vicende umoristico-avventurose – in un vero e proprio romanzo di formazione, con il ragazzino che diventa spettatore di alcuni dei momenti più tragici del Ventesimo secolo: lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la capitolazione del Belgio e la sua occupazione da parte dei Nazisti.
Il lettore segue questi fatti dal punto di vista di Spirou, ovvero un giovane di Bruxelles che si barcamena tra il lavoro e il cercare di aiutare gli altri, siano i ragazzini di strada, una coppia di ebrei fuggiti dalla Germania o Fantasio, che continua a mettersi nei guai inseguendo l’obiettivo di diventare un giornalista. Prosegue così la sua evoluzione caratteriale che lo porterà, attraverso le difficoltà quotidiane e lo struggimento per la sua amata − giovane polacca ebrea di cui non ha notizie da tempo −, a diventare pian piano meno ingenuo e più realista.
Nonostante le numerose gag che Bravo inserisce nella trama, l’ombra della guerra si ingigantisce pagina dopo pagina, dando al fumetto uno strano sapore – invero molto realistico – di angoscia e leggerezza al tempo stesso. Fantasio che rischia di essere impallinato dai Nazisti, il contadino comunista che nasconde i soldati feriti nel bosco, gli screzi tra gli scout cattolici valloni e gli indottrinatissimi giovani collaborazionisti dell’Ordine nero della lega fiamminga, addirittura la morte in scena di un personaggio attraverso quella che in altri contesti sarebbe stata una buffa gag slapstick, sono solo esempi dell’atmosfera che permea il volume. Il piccolo eroe comico Spirou, ‘amico’ di generazioni di bambini francofoni, con Bravo è diventato un esemplare testimone e interprete della grande Storia.
Capitan America nn. 97-103, di Mark Waid e Chris Samnee (Panini Comics)
Negli ultimi due anni c’è stato un gran fermento attorno a Capitan America. La serie del personaggio è attualmente gestita dalla superstar letteraria Ta-Nehisi Coates e da Leinil Francis Yu, ma prima di loro un altro team creativo aveva traghettato Steve Rogers attraverso tempi incerti. Si tratta di Mark Waid e Chris Samnee, autori di un incisivo segmento di storie.
Waid, già narratore del Capitano a metà degli anni Novanta, ha avviato il ciclo con La patria dei coraggiosi, arco narrativo che ha raccolto gli strascichi del crossover Secret Empire e in cui Capitan America è stato impegnato a ricostruire la propria reputazione e il rapporto con il proprio paese. Con i successivi Fuori dal tempo e Terra promessa gli eventi hanno preso una deriva fantascientifica − Cap è catapultato in un futuro distopico −, e lo scrittore, pur virando dritto verso l’escapismo, è riuscito a non mollare il colpo nel raccontare e ragionare sulla nazione “in crisi identitaria” che Cap rappresenta.
Anche Samnee ha tirato frecce inattese dal suo arco. Studioso delle forme essenziali di Alex Toth, ha messo su carta soltanto i pochi segni che servivano per descrivere un mondo. Il suo senso del ritmo, l’occhio mai banale e la composizione fluidissima delle tavole hanno reso questa manciata di albi un piacere da guardare. La loro gestione del personaggio è stata davvero breve, eppure ci è parsa – nonostante il cono d’ombra proiettato dall’arrivo di Ta-Nehisi Coates – una delle migliori di sempre.