Di fumetti, in questo 2018, ne sono usciti davvero tantissimi. E siccome a dicembre è tempo di bilanci e selezioni, come ogni anno è dunque tempo di ‘Best of’. Un po’ per ricordare quanto è accaduto di davvero memorabile in questa annata editoriale, ma anche per offrire un invito a discutere e ridiscutere le pubblicazioni uscite durante l’anno.
In questa selezione partiamo dal passato – remoto e prossimo – ripercorrendo il meglio dei fumetti classici e delle riedizioni che abbiamo letto nel corso dell’anno. Un segmento del mercato fumettistico che non smette di crescere, al punto che iniziamo a chiederci: è ancora significativa la differenza quantitativa fra titoli inediti e titoli classici pubblicati ogni anno?
In attesa di dati e risposte, la nostra playlist 2018 ha preso una forma piuttosto chiara: a dominare sono i maestri del fumetto giapponese − da Osamu Tezuka a Yoshiharu Tsuge − insieme a due dei più importanti autori italiani di sempre, con opere che mancavano da decenni in libreria. Completano il quadro alcune notevoli operazioni di riscoperta e valorizzazione, con un recupero che offre persino un’occasione per illuminare un frammento di storia dell’arte rimasto troppo a lungo in ombra.
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Sono un giovane mediocre, di Gérard Lauzier (Rizzoli Lizard)
Quanto è vero, penoso e irritante il diciottenne Michel, autoritratto di un paio di generazioni di fallimenti giovanili? Parecchio. Michel è figlio di una buona famiglia borghese e vuole “svoltare”. È convinto di essere sottovalutato, di avere enormi potenzialità e si atteggia. Tipico figlio del suo tempo, è carico di ideali del Sessantotto e/ma anche di pregiudizi nei confronti delle classi popolari, che immagina di poter elevare, avvicinandole alla cultura.
Una sera incontra Salima, che prova a sedurre fallendo miseramente. Proseguirà disprezzando sempre più se stesso e la sua famiglia, fino a decidere di combinare qualcosa della sua vita. Lo ritroviamo però 10 anni dopo, divenuto un artista – minore, nella provincia francese – che ha bruciato le proprie ambizioni: «Cosa ho fatto della mia vita?! Niente!!!». Non gli resta che inseguire, nell’adulterio, gli ultimi brividi della trasgressione piccolo-borghese.
La storia del memorabile uomo mediocre di Lauzier, che gli valse il Grand Prix di Angoulême nel 1993, è un capolavoro di critica ‘reazionaria’ alla sinistra, al Sessantotto, alla democratizzazione della cultura. Nel brivido di una rivolta che non si materializza mai per davvero, Lauzier tratteggia forse uno dei più spietati e precisi ritratti del velleitarismo ideologico, del giovanilismo e del narcisismo contemporanei, anticipando – come sottolinea Raffaele Alberto Ventura nella prefazione – la disgregazione ideale raccontata nei romanzi di Houellebecq. Una splendida edizione che combina due storie (datate 1982 e 1992), corredata da ottimi testi di accompagnamento e vestita da una grafica impeccabile, per una delle riletture più importanti non tanto dell’anno, quanto del decennio.
Barbara, di Osamu Tezuka (J-Pop)
Barbara è una senzatetto. Eppure recita versi di poeti francesi. Il celebre scrittore Mikura la incontra per strada, rimane colpito dalle sue citazioni letterarie, la invita a trasferirsi a casa sua e le offre una nuova vita. Barbara si rivela una donna ammaliante, una musa per artisti, sebbene loro non se ne rendano conto. Finché Mikura – che nasconde un temperamento irrequieto, un umore lunatico e alcune perversioni sessuali – non ne scopre i segreti, diventandone ossessionato.
Una delle prime ma anche migliori opere del Tezuka più “gekiga” degli anni Settanta. Un’epopea tragica, intorno all’arte e alle illusioni, immersa in un’epoca turbolenta attraversata anche da qualche spinta esoterica. Un lavoro rimasto attuale, che continua ad attirare l’attenzione dei lettori, tanto che presto uscirà in Giappone un film live action ispirato al manga.
Stigmate, di Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti (Logos Edizioni)
Tra le esperienze a fumetti più forti e rappresentative dell’opera di Lorenzo Mattotti, Stigmate è una storia che indaga la religiosità attraverso la parabola di vita di un uomo qualunque, dalla caduta alla rinascita. Si tratta di una storia cupa, toccante e a tratti violenta che racconta la caduta e la rinascita di un uomo violento a cui il risveglio da un sogno restituisce due stigmate sulle mani.
Su testi di Claudio Piersanti, Mattotti crea con razionale frenesia tavole di una potenza unica, mostrando una via ancora da percorrere, dopo aver fatto lo stesso in passato con Fuochi. La linea “fragile” e il bianco e nero di Stigmate porta con sé un dinamismo travolgente, con un tratteggio fluido e graffiante, che coniuga in maniera imprevista la poesia grafica di L’uomo alla finestra con la cifra materica di Fuochi.
Odissea mistica dell’esistenza umana, nera come la china graffiante di Mattotti, Stigmate è un’opera nata per caso e per fortuna (anche nostra, di lettori, che dopo vent’anni siamo qui a ricordarla e di cui difficilmente ci dimenticheremo).
Le spaventose avventure di Kitaro, di Shigeru Mizuki (J-Pop)
Kitaro è il più popolare e longevo tra i personaggi creati da Shigeru Mizuki, influente autore giapponese che ha segnato la storia del manga del secondo Dopoguerra con fumetti incentrati sul folkore. La popolarità delle creature soprannaturali note come yokai, nel Giappone contemporaneo, deve molto proprio alle sue opere. Il manga pubblicato da J-Pop racconta le avventure di un gruppo di spiriti, su tutti Kitaro stesso – che ha le sembianze di un bambino – tra tinte horror e umorismo velato di nero.
Il volume offre una selezione del meglio di una serie particolarmente longeva, che ha accompagnato per un decennio (dal ’59 al ’69) la carriera del mangaka, adattata in diversi film, anime e videogame. Diciamolo: un must-read. Se si parla di classici del manga, Kitaro è infatti una pietra miliare, almeno in Giappone. A Mizuki va il merito di avere raccontato favole oscure della tradizione giapponese riuscendo ad affascinare lettori di ogni età. Ed è un potenziale che da questa raccolta riesce ad emergere, e che fa sperare – sebbene sappiamo che non sarà facile – di poterne leggere altre.
La notte, di Philippe Druillet (Magic Press)
L’operazione di riproposta delle opere di Druillet da parte di Magic Press è continuata nel 2018 con uno dei fumetti più noti e apprezzati del visionario autore francese. La notte racconta di un mondo in rovina, nel quale bande di motociclistici depravati alla Mad Max o Ken il guerriero si scontrano con poliziotti vampiri, con un un’impronta horror tipica delle opere di Druillet. Lo scopo dello scontro? Ottenere il controllo di un particolare tipo di droga.
Psichedelia e fantasy si fondono al meglio tra queste tavole, caratterizzate da colori acidi e scenari inquietanti. La trama assume risvolti dolorosamente esistenzialisti per il protagonista, finanche a raggiungere momenti poetici (con citazioni di Baudelaire). La natura così sofferta e pessimista dell’opera trova origine nel vissuto dell’autore, che nel 1975 aveva perso la moglie, e in La notte canalizzò ed esorcizzò i dolori che ne conseguirono. QUI la nostra recensione.
Storia della santa Russia, di Gustave Doré (Eris Edizioni)
Il maestro dei maestri dei maestri dell’illustrazione. Il più famoso interprete visivo della Divina Commedia di Dante. Il più inventivo, influente, invidiato disegnatore europeo dell’Ottocento. Insomma, Doré. Del quale molti hanno visto immagini o sentito parlare, ma pochi avevano visto i fumetti.
Si tratta di opere visivamente potenti e moderne ancora oggi, come dimostra questo volume, composto da oltre 500 vignette realizzate alla fine del Diciannovesimo secolo. Un’opera satirica figlia del proprio tempo, ma soprattutto uno dei più significativi esempi di quella forma espressiva che nell’Ottocento nessuno chiamava Fumetto, eppure già lo era. Prodotta nel 1854, La storia della santa Russia conduce una satira apertamente politica degli stereotipi nazionalisti, prendendo di mira la nazione degli zar, contro cui Francia e Inghilterra erano all’epoca in guerra, e ricostruendone la storia a partire dalla sua fondazione. Oltre a questo, però, googlate e badate bene alle tavole: la loro creatività grafica è impressionante non solo per l’epoca, ma anche rispetto ai migliori artisti del fumetto odierno.
QUI si può leggere in anteprima la postfazione del volume, scritta da Guillaume Dégé, artista e scrittore francese, in cui si afferma che «Gustave Doré ha rivoluzionato ciò che non esisteva [il fumetto]. Ed è stata un’impresa notevole. Questa è la differenza tra il genio e il progresso».
Nejishiki, di Yoshiharu Tsuge (Oblomov Edizioni)
Tra le numerose proposte viste in questi ultimi anni in Italia sul fronte del gekiga − corrente del manga dai temi ‘maturi’, nata tra gli anni Cinquanta e Sessanta − questo volume spicca sugli altri. Si tratta infatti di una antologia che raccoglie alcuni dei racconti più significativi della carriera di Yoshiharu Tsuge, maestro del fumetto d’autore nipponico e figura decisiva proprio del gekiga.
Proprio Nejishiki, che dà il titolo al volume, fu pubblicata in Giappone nel 1968 in un’edizione speciale della rivista di fumetto e controcultura Garo, e segnò una svolta per il mondo del manga. L’autore trascriveva in forma di fumetto un suo sogno, in cui un uomo, punto da una medusa su una strana spiaggia, vagava alla ricerca di un medico, tra allucinazioni e paranoie sulla morte.
L’approccio iper-soggettivo di Tsuge, lontano da quello del manga tradizionale, sorprese molti per i suoi contorni visionari, diventando un cult generazionale che è ormai ritenuto tra i vertici artistici del manga nel Novecento. QUI un articolo su Nejishiki e QUI un’intervista in cui abbiamo chiesto a quattro autori ed esperti (David B., Paolo Bacilieri, Zack Davisson, James Stacey) di parlarci dell’influenza di Tsuge.
Annalisa e il diavolo, di Guido Buzzelli (Coconino Press)
Dopo La Trilogia, pubblicata lo scorso anno sempre da Coconino Press, nel 2018 è arrivato un volume che ha raccolto alcuni tra i più celebri racconti realizzati da Guido Buzzelli tra gli anni Settanta e Ottanta.
Come si è visto in una recente mostra tenutasi a Bologna in occasione del festival BilBOlbul (qui alcune fotografie), quella di Buzzelli è stata un’esperienza particolarmente innovativa e personale all’interno del settore del fumetto d’autore italiano. Buzzelli fu infatti tra i primi in Italia a mettere al centro del racconto storie l’autore, le sue visioni e le sue ossessioni. Il risultato furono anche queste storie fantastiche e visionarie, pervase da un’amarissima vena di satira sociale.
Se in Annalisa Buzzelli cerca di sedurre una donna sfruttando le proprie abilità di fumettista, in un beffardo girone di invenzioni grottesche e auto-finzione da diario, La guerra videologica immagina un futuro in cui la tv, passatempo pervasivo, manda in onda programmi a base di morti e violenza, consumati però nella più totale indifferenza. L’intervista è invece una lunga e paradossale autoanalisi che, insieme a L’Agnone, costituisce una specie di testamento artistico: una critica alle illusioni del potere e della perfezione, incarnata nella “mostruosità” di un’arte mostruosa – il fumetto – che Buzzelli fu tra i primi a spingere verso la piena emancipazione creativa.
Kin-der-Kids, di Lyonel Feininger (Oblomov Edizioni)
Assieme a Little Nemo di Winsor McCay, Kin-der-Kids dell’autore americano ma di origine tedesca Lyonel Feininger è considerato uno dei più importanti e affascinanti capisaldi del fumetto dei primi anni del Novecento, in un’epoca quasi pionieristica per la Nona Arte (fu pubblicato negli Stati Uniti tra il 1906 e il 1907). Le tavole di Kin-der-Kids seguono le vicende di un gruppo di giovani esploratori impegnati in un viaggio avventuroso nella vasca da bagno della casa di famiglia, inseguiti da uno scheletrico avversario.
Tra i primi fumetti statunitensi a presentare una sorta di continuity, l’opera di Feininger spicca oggi soprattutto per la visionarietà delle trovate visive e verbali. L’autore veniva dal mondo delle Belle Arti – e lì sarebbe tornato dopo la chiusura della sua seconda serie, Wee Willie Winkie’s World, anch’essa ripubblicata in questo volume – e alcuni elementi dei suoi lavori artistici sono evidenti anche nei suoi fumetti, a partire dall’enfasi che riponeva su forme, linee e colori.
Dopo che una selezione di tavole è apparsa negli scorsi mesi sulla nuova incarnazione di Linus diretta da Igort, Oblomov Edizioni ha riproposto l’opera di Feininger in edizione integrale, all’interno di un volume cartonato di grande formato che può contare anche su una postfazione entusiastica di Art Spiegelman, l’autore di Maus.
Marvel Omnibus: La sensazionale She-Hulk (Panini Comics)
A fine anni Ottanta, John Byrne era tra gli autori più ‘caldi’ del momento, all’interno del mercato supereroistico, dopo il suo ciclo di Uncanny X-Men con Chris Claremont – e storie come La saga di Fenice Nera e Giorni di un futuro passato – e i rilanci in grande stile di Fantastici Quattro e Superman. Quando gli fu affidato il personaggio di She-Hulk − all’epoca considerato minore e tutto sommato ancora da modellare − Byrne adottò però un approccio molto diverso da quello dei suoi precedenti lavori, con un taglio meno classico e più irriverente (o post-moderno, per dirlo in altri termini).
Come evidente già dalla copertina del primo albo − utilizzata da Panini Comics per il volume in questione − She-Hulk parla con i lettori, rompe la quarta parete e usa il sarcasmo come arma da affiancare alla super-forza. La serie di Byrne fu infatti uno dei primi esempi di commedia supereroistica meta-narrativa, un filone che avrebbe trovato quasi 20 anni dopo il suo nuovo alfiere (ma dotato di molta meno classe) in Deadpool.
Questo volume in formato Omnibus raccoglie per la prima volta in Italia tutte le storie di Byrne − tra cui il celebrativo numero 50 della serie, con omaggi di autori come Dave Gibbons, Walt Simonson, Howard Chaykin e Frank Miller (che presentò un’inedita She-Hulk in versione Sin City), tradotte per la prima − e ultima − volta più 20 anni fa in albi ormai introvabili se non sulle bancarelle dell’usato.