Con novant’anni di avventure sparse sui mezzi più disparati, tra cinema, tv e fumetti, a Topolino non sono mancate le storie da raccontare. È proprio nei fumetti che la vitalità creatività del personaggio si è fatta (e si fa ancora) sentire. È un Topolino che parla per lo più italiano, grazie alla tradizione di storie realizzate dal nostro paese.
La mole di racconti dedicati a Topolino è enorme e scegliere tra tutte le sue possibili periperizie espone giocoforza a qualche mancanza. Tuttavia, in queste dieci storie troverete tutti gli aspetti che definiscono Topolino come personaggio, nonché il meglio di una produzione che abbraccia due continenti e quasi cento anni di Storia.
Topolino e il misterioso “S” flagello dei mari
Testi di Floyd Gottfredson e Ted Osborne, matite di Floyd Gottfredson
Nel 1935, Floyd Gottfredson era al lavoro sulla striscia quotidiana di Topolino da ormai cinque anni e aveva già realizzato svariate avventure, sia come autore completo sia affiancato da sceneggiatori. Ma il ciclo di strip che inizia il 30 settembre di quell’anno, per concludersi il 4 gennaio 1936 si stacca nettamente dalla produzione coeva per un semplice motivo: l’introduzione del primo, grandioso personaggio inventato da Floyd Gottfredson.
Come spiega bene Luca Bertuzzi, uno dei motivi che fanno di Gottfredson il più grande autore di Topolino è l’invenzione di personaggi immortali nell’immaginario dei lettori anche se comparsi per una storia sola: Giuseppe Tubi, Macchia Nera, il dottor Enigm, la Spia Poeta e il Pirata Orango, l’antagonista del Misterioso “S”.
Topolino sente alla radio che molte navi stanno venendo assalite al largo, il carico rubato e i passeggeri rapiti. Unico indizio, un messaggio troncato che parla di un misterioso “S…”. Il topo si mette quindi agli ordini del capitano Setter per fare da esca ai pirati su una nave militare travestita da cargo.
Scopre così che “S” è un sottomarino dotato di un enorme artiglio magnetico, con il quale attira le navi da depredare. Il comandante è un enorme scimmione vestito in alta uniforme, con monocolo e mantello, fortemente debitore del Capitano Nemo di Jules Verne, il Pirata Orango. Con la sua ciurma e il suo armamentario fantascientifico, che sta testando sulle navi, è intenzionato a dominare il mondo.
Una vera spy story che non sfigura davanti ai romanzi di James Bond, personaggio che esordirà però nel 1953.
Topolino e il mistero di Macchia Nera
Testi di Floyd Gottfredson e Merrill De Maris, matite di Floyd Gottfredson
L’esordio di uno dei nemici storici di Topolino è un giallo mozzafiato e a tratti inquietante grazie proprio alla presenza dell’inafferrabile Macchia Nera. Il criminale sembra quasi dotato di poteri sovrannaturali, tanto è in grado di muoversi non visto persino in commissariato. Imprendibile, misterioso, così come misterioso è il suo scopo; i suoi furti infatti si limitano a macchine fotografiche di una marca di poco pregio, che raggiunge anche nei luoghi più protetti, smonta e poi abbandona.
Insieme a Macchia Nera, nella storia – pubblicata a strisce sui quotidiani statunitensi dal 20 maggio al 9 settembre del 1939 – compare per la prima volta il Commissario Basettoni, anche lui destinato a tornare più volte al fianco di Topolino.
Come sempre, Gottfredson dedica molta attenzione a caratterizzare il nuovo antagonista di Mickey. In particolare gioca su un contrasto fortissimo e comico nella sua personalità: Macchia Nera è spietato e al tempo stesso ha il cuore tenero. Per questo cattura Topolino ben tre volte ma, invece di ucciderlo a sangue freddo, costruisce delle trappole simili alle macchine di Rube Goldberg, dalle quali il nostro eroe riesce sempre a salvarsi.
Ciliegina sulla torta, per fare uno scherzo al suo capo datore di lavoro, nelle strisce finali Gottfredson mostra il volto del criminale… del tutto identico a quello di Walt Disney.
La storia è grandiosa anche grazie alle prodezze di Topolino. Mai lo si era visto così dinamico, sia nei disegni che nelle azioni. Non esita a buttarsi a capofitto nell’avventura, si traveste, guida come un pazzo l’auto o la moto. Quello di questa storia è l’eroe gottfredsoniano per eccellenza: ottimista, iperattivo, furbo e dal forte senso di giustizia.
Il ciclo di Eta Beta
Testi di Bill Walsh, disegni di Floyd Gottfredson
Le strisce di Topolino sui giornali statunitensi si susseguivano quotidianamente una dopo l’altra senza interruzioni o titoli a separare i vari episodi.
Quelle uscite tra il 22 settembre 1947 e il 30 aprile del 1948, i primi mesi di presenza di Eta Beta nella serie, vengono comunemente divise arbitrariamente in sei diverse storie, pur essendo molto omogenee per tono e narrazione. Tra la scoperta da parte di Topolino dell’Uomo del Duemila in una caverna e la morte della Spia Poeta, portato a fondo in pieno oceano dal peso delle troppe medaglie che si è autoappuntato, è difficile trovare delle vere cesure. Ci sono sequenze che hanno un’unità narrativa, ma scivolano una nell’altra, spesso diluite in un gran numero di strisce “sciolte”, che giocano soprattutto sulle stranezze della nuova spalla di Topolino.
In questo ciclo Bill Walsh riversa tutta la sua inventiva, creando con Eta Beta il personaggio più bizzarro della sua carriera. Qui nascono il gonnellino che contiene qualsiasi oggetto e la sua passione per la naftalina (mandarini cinesi in salamoia, in originale), Flip il gangarone, la capacità di prevedere il futuro, presto scomparsa, e così via.
Ad affiancarlo, per rendere più folle il tutto, inserisce continuamente membri del cast altrettanto bizzarri, scienziati pazzi, bambini geniali, gorilla intellettuali guardie del corpo. Soprattutto la già citata Spia Poeta, crudelissimo megalomane che si esprime solo in rima, intenzionato a dominare il mondo grazie all’Atombrello, invenzione di Eta Beta che protegge da qualsiasi minaccia compresa la bomba atomica.
Floyd Gottfredson, che ha ormai affidato allo sceneggiatore l’intero processo di scrittura, ha qui finalmente raggiunto la maturità stilistica. Il suo Topolino è forse meno dinamico di quello del decennio precedente ma è molto più espressivo. È tecnicamente perfetto.
Come il suo autore, anche Mickey ha raggiunto la maturità. Da qualche anno non ha più i pantaloncini rossi, è diventato una persona rispettabile e rispettata dalla comunità. Sono queste le avventure che escono nei primi numeri del Topolino in formato libretto tra il 1949 e il 1950, prese a modello dagli autori italiani che di lì a poco inizieranno a produrre storie per il settimanale.
L’Inferno di Topolino
Testi di Guido Martina, disegni di Angelo Bioletto
La prima storia italiana a uscire per intero sul Topolino libretto (dal numero 7, 1949, annunciata già in un albo speciale l’anno precedente) inaugura anche il filone delle Grandi Parodie, ovviamente con l’opera letteraria italiana per eccellenza.
Guido Martina crea una versione disneyana dell’Inferno dantesco, ma non per questo molto meno crudele: l’autore , infatti, è noto per la ferocia delle sue sceneggiature, in cui i personaggi non esitano a insultarsi, picchiarsi, minacciarsi di morte. Col senno di poi possiamo dire che le sue bolge avrebbero potuto essere anche più crudeli.
Topolino e Pippo vengono ipnotizzati da un alleato di Gambadilegno al termine di una messa in scena teatrale della prima cantica della Commedia. Credono quindi di essere Dante e Virgilio e all’improvviso si ritrovano nella selva oscura.
Da lì parte la loro discesa agli inferi, attraverso gironi adattati ad hoc da Martina. I peccatori e le pene sono pensati per il target del giornalino, basando il contrappasso su quello che vivono quotidianamente tra casa e scuola. Uno degli esempi più forti è il bosco che prende il posto di quello dei suicidi; all’interno delle piante sono rinchiusi i vandali che a scuola hanno rovinato i banchi: con i loro tronchi verranno realizzati dei nuovi banchi di scuola che saranno distrutti da altri studenti maleducati.
Angelo Bioletto non brilla come disegnatore dei personaggi disneyani, che Martina inserisce pescando anche dai vari film oltre che dalla produzione a fumetti, mentre regala delle rappresentazioni suggestive degli ambienti e dei vari diavoli, destinate a influenzare molti autori successivi.
Ma è la penna dello scrittore a rendere la storia un vero capolavoro. Non si limita infatti a sceneggiare, con balloon e didascalie tradizionali, ma inserisce in ogni vignetta della storia delle didascalie in endecasillabi concatenati, come quelli che Dante usò per la Commedia. Un lavoro immenso che gli valse un primato, quello di essere l’unico autore ad essere accreditato in una storia Disney fino ai tardi anni Ottanta.
Topolino e l’unghia di Kalì
Testi e disegni di Romano Scarpa
Nato a Venezia nel 1927, Romano Scarpa fu animatore e fumettista tra i più rappresentativi della tradizione Disney italiana, autore di centinaia di storie celeberrime (Paperino e le lenticchie di Babilonia, Topolino imperatore della Calidornia, Zio Paperone e l’ultimo Balabù, Paperolimpiadi) e creatore di moltissimi personaggi, tra cui Atomino Bip Bip, Trudy, Brigitta, Filo Sganga, Paperetta Yé-Yé, Gedeone de Paperoni e Plottigat. Insieme a Floyd Gottfredson e Carl Barks, ha contribuito al canone disneyano in maniera fondamentale.
Rispetto ad altri professionisti del fumetto, Scarpa era, per sua stessa definizione, «il più disneyano». Gli altri erano «troppo personali, molto lontani da quello che era il genere Disney, legati un po’ troppo al nostro mondo, che è piccolo in confronto a quello che è il mondo universale disneyano».
Tra le sue storie topoliniane non può non essere citata Topolino e l’unghia di Kalì, pubblicata sui numeri 183 e 184 di Topolino nel 25 marzo e nel 10 aprile 1958 (con chine di Luciano Gatto).
Dalla collezione privata di Rick Purcell, marito di una cara amica di Minni, è stata sottratta l’unghia di una statua dedicata alla dea Kalì composta da un materiale resistentissimo. Il mistero si infittisce quando una figura che pare essere la dea Kalì stessa viene avvistata nelle case di numerosi cittadini. La polizia reputa il caso un evento di poco conto e così Topolino, accompagnato dall’amico Pippo, si fa carico delle indagini.
Scarpa imbastisce una trama dal gusto noir che sarebbe piaciuta a Hitchcock e fa del retino tipografico un vezzo stilistico per richiamare le strisce di Gottfredson e aumentare il senso di mistero.
Topolino e la dimensione Delta
Testi e disegni di Romano Scarpa
L’esplorazione dell’infinitamente piccolo, un tema che ha affascinato tanti autori, da Italo Calvino a Richard Matheson, è passata anche per Romano Scarpa, che nel marzo 1959 s’inventa Topolino e la dimensione Delta, pubblicata nei numeri 206 e 207 del settimanale.
Una nevicata di zucchero filato e poi di neve luminosa allarma Topolinia. È opera di un ricattatore che minaccia di far piovere acido fenico se non riceverà un milione di dollari. Investigando sulla questione, Topolino fa la conoscenza di Atomino Bip Bip, una creaturina azzurra portata in vita dal Dottor Enigm, lo scienizato dell’era atomica che Topolino aveva incontrato anni addietro (in Topolino e l’uomo nuvola, di Gottfredson).
Enigm ha scoperto di poter passare in una dimensione denominata Delta, impercettibile nel nostro mondo. Atomino è in realtà un atomo che Enigm ha ingrandito «due biriliardi di volte» e che è capace di trasformare a piacimento la materia. Con l’aiuto di Atomino, Topolino riuscirà a risolvere il mistero e a salvare la città dalla catastrofe.
Fantascienza, umorismo e mystery sono gli elementi che Scarpa dosa sapientemente per questa storia in due parti che è rimasta negli annali. Merito anche dell’invenzione di Atomino Bip Bip, nuovo personaggio che rappresenta l’atomo che inizialmente Scarpa non sapeva come rappresentare. L’autore faticò a trovare un design che rimandasse all’idea dell’atomo senza che questo fosse d’intralcio alla resa del personaggio. Sperimentò varie strade, tra cui un Atomino anziano, una testa a forma di ghirlanda o una soluzione in cui gli atomi gli ronzavano intorno alla faccia.
Topolino e il mistero del Mundial
Testi di Massimo Marconi, disegni di Massimo De Vita
Tutte le prime storie del filone della macchina del tempo sono molto belle, in particolare quelle disegnate da Massimo De Vita, che a metà degli anni Ottanta è, insieme a Giorgio Cavazzano, il miglior disegnatore all’opera su Topolino. Il segreto della Gioconda, Il segreto di Napoleone, Gli enigmi del tempo, tutte queste e altre storie di poco successive avrebbero meritato parimenti di comparire in questa “Top 10”.
La nostra scelta però è ricaduta sull’avventura più particolare di questo filone. Scritta da Massimo Marconi e non da Pezzin o Concina, inventori della macchina del tempo, è la prima che vede Topolino non viaggiare nel passato ma nel futuro.
La storia è dell’aprile del 1986 (Topolino 1584). Zapotec e Marlin, appassionati di calcio, vogliono indagare i famosi ultimi sei minuti di partita giocati da Gianni Rivera, nella finalissima di Città del Messico dei Mondiali del 1970. Perché il commissario tecnico Valcareggi aspettò così tanto a far entrare l’Abatino? Per dirimere la questione Topolino e Pippo vengono inviati nella capitale messicana, ma il giorno della finale dei Mondiali di Messico ’86. Seguire la partita e saperne il risultato in anticipo o andarsene per non rovinarsi la sorpresa?
Al dilemma sono chiamati a rispondere tre sceneggiatori d’eccezione, tutti e tre in qualche modo legati all’allora freschissimo trionfo dei Mondiali di Spagna ’82, con tre differenti versioni del finale: l’attaccante dell’Inter e della Nazionale tedesca Karl-Heinz Rummenigge, l’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini (in tribuna durante la finalissima con il suo storico “Non ci prendono più!!!”) e il commissario tecnico Enzo Bearzot.
Ovviamente nessuno dei tre finali prevede che Topolino e Pippo assistano alla partitissima (nemmeno Pertini era in grado di prevedere il futuro!). Resterà loro e ai lettori la curiosità e un piccolo insegnamento, diverso in ogni finale, su come vivere in modo corretto la passione per lo sport.
Topolino e il mistero della voce spezzata
Testi di Silvano Mezzavilla, disegni di Giorgio Cavazzano
Una telefonata misteriosa raggiunge diverse persone in città, tra cui Topolino, dando inizio a un’indagine che ruota attorno alla scomparsa, avvenuta un anno prima, del professor Norton. Pubblicato su Topolino nn. 1834 e 1835, del gennaio 1991, Topolino e il mistero della voce spezzata è un giallo molto cupo per i canoni del settimanale, in cui il Nostro è il protagonista unico di una vicenda asciutta, che si muove rapida tra i luoghi umidi di Topolinia e lascia pochissimo spazio alla comicità.
È una storia inquieta che non dà sollievo nemmeno nel finale e non concede mai catarsi al lettore. Tante sono le vignette di ambientazione, che non muovono la trama ma raccontano un umore (le prime cinque pagine sono dedicate a dipingere una città che non sfigurerebbe in una short story di Raymond Chandler). Il vuoto, l’oscurità e la pioggia vengono disegnati come poche volte accadrà in Disney.
I temporali, il rabbuiarsi del cielo e l’acqua che cade a scrosci diventano il personaggio principale della storia, accompagnando le ricerche di Topolino fino a un finale amaro, con una splash page della città affogata tra la notte e le luci artificiali che sembra uscita da un noir giapponese.
Anderville
Testi di Tito Faraci, disegni di Giorgio Cavazzano
Nato nel 1999, sull’onda del successo di PKNA, la serie Mickey Mouse Mystery Magazine presenta una versione noir dei classici gialli di Topolino, che si trasferisce da Topolinia a Anderville, metropoli ultramoderna, popolosa e pericolosa, per andare alla ricerca del suo amico Sonny Mitchell misteriosamente scomparso.
Gli sceneggiatori della serie, principalmente Tito Faraci e Francesco Artibani, giocano sugli stereotipi del genere hard boiled precipitandoci dentro Topolino, che si ritrova spiazzato dalla situazione molto diversa da quella a cui è abituato: ad Anderville non ci sono poliziotti compiacenti che chiedono aiuto ai detective dilettanti, né criminali pasticcioni e sovrappeso, bensì terroristi, politici corrotti, gangster.
Faraci e Giorgio Cavazzano lavorarono al numero pilota, il più riuscito della serie. Il disegnatore approfittò del formato maggiorato rispetto a quello di Topolino e della gabbia libera per sperimentare virtuosismi grafici, soprattutto nelle inquadrature, nell’impaginazione e nel taglio delle vignette.
Il Cavazzano di Anderville è uno dei migliori di sempre: si lascia andare a immagini di ampio respiro, il suo occhio è più movimentato e la narrazione fluisce senza affanni. Perfino nei momenti ponderati (Topolino che entra per la prima volta nell’ufficio di Sonny) la sua matita vibra irrequieta cercando la posa migliore, l’inquadratura più efficace.
E poi il vapore che spiffera dai tombini, i lampioni usciti da The Spirit, i gargoyle sui grattacieli, lo stile liberty, gli uffici pieni di carte e scartoffie, gli schedari. Il team creativo mette su carta tutto un corollario di riferimenti noti, dando loro nuovo lustro.
Topolino e il Mondo che verrà
Testi e disegni di Casty
Il primo kolossal di Casty è anche una delle migliori storie che abbia prodotto. Ha tutti gli elementi che i lettori avevano già potuto apprezzare nelle storie precedenti, in cui era accompagnato da altri disegnatori: avventura, ironia, una lieve satira sociale, interpretazione attentissima dei caratteri dei personaggi, richiami alle storie classiche di Gottfredson e Scarpa…
Il fatto però che Andrea Castellan decida di disegnare da solo la storia – con grande sforzo ma buon risultato – gli permette di mantenere il pieno controllo della sua creatura in modo prima impossibile. Ogni ingranaggio funziona perfettamente, nessuna inquadratura, nessun movimento è diverso da come l’ha pensato in fase di sceneggiatura.
Uno strano mezzo di trasporto arriva a una base artica nella quale vivono due scienziati, isolati dal mondo da trent’anni. Custodiscono qualcosa che i minacciosi occupanti del veicolo vogliono attivare; per farlo, però, serve un codice che è in mano al professor Gutenabend di Topolinia.
Minni è a casa del professore quando i cattivi arrivano da lui. Terrorizzato, Gutenabend le affida un foglio e la fa scappare dal retro. Topolino e i due iniziano a indagare: sul foglio ci sono delle coordinate, che portano a un magazzino abbandonato, e un codice, che inserito in una console nella struttura attiva un gigantesco robot, che rapisce Minni e vola via.
Topolino, accompagnato da Eta Beta, scopre che fa tutto parte di un piano machiavellico per la conquista planetaria ordito da un suo antico nemico: la Spia Poeta. Vuole attivare i quattro robot dell’operazione “Mondo che verrà”, per ricattare i governi e infine conquistare il mondo.
La storia, pubblicata su Topolino dal 2721 al 2724 del gennaio/febbraio 2008 e a oggi stranamente ristampata solo una volta, resta uno dei capolavori di Casty, soprattutto per la figura dell’antagonista.
La Spia Poeta torna a essere il malvagio della vicenda dell’atombrello. Senza scrupoli e megalomane, ricatta i nemici e tradisce i suoi alleati per puntare al dominio del mondo. Il personaggio cresce di puntata in puntata man mano che mette in atto il suo piano, fino a un finale grandioso, quando da solo, mentre tutto precipita, cerca ancora disperatamente inutilmente caparbiamente di attivare il segnale che lo renderà signore del mondo.
Selezione e testi a cura di Alberto Brambilla e Andrea Fiamma