Le storie di Topolino firmate da Casty sono spesso un ottimo spunto per analizzare personaggi che diamo ormai un po’ per scontati. Non è tanto l’alta qualità delle trame e dei dialoghi a fornircelo, che si può trovare anche nelle opere di altri autori, quanto l’utilizzo unico nel panorama contemporaneo che ne fa.
Ne abbiamo già abbondantemente scritto sia io (qui e qui) che Andrea Tosti (qui e qui), ma la recente pubblicazione di Tutto questo accadde domani su Topolino n. 3284 in occasione delle celebrazioni dei novant’anni di Mickey Mouse ci obbliga a tornare sull’argomento.
La storia è un seguito – richiesto espressamente da Valentina De Poli ai due autori, come dichiarano nell’intervista pubblicata sul settimanale – di Tutto questo accadrà ieri (Topolino n. 3030, 2015), scritta da Casty e disegnata a quattro mani con l’amico Massimo Bonfatti, noto soprattutto per Cattivik, Leo Pulp e le strisce dei Girovaghi.
In quell’avventura, per salvare la Minni del presente, prigioniera di Gambadilegno, Topolino torna indietro nel tempo, spinto da un videomessaggio del Pippo degli anni Trenta salvato in uno smartphone custodito per ottant’anni nella soffitta dell’amico. Nel passato, Mickey incontra la sua versione giovane e insieme sconfiggono Pietro, intento a prendere il controllo di Topolinia grazie al guanto magico di Amnèzja, che gli permette di controllare la volontà altrui e – guarda un po’! – cancellare la memoria. Tornato nel presente, Topolino salverà Minni grazie a un altro piccolo paradosso temporale e cancellerà la memoria al suo nemico.
Tutto questo accadrà ieri è notevole non solo per la trama ma anche per la messa in scena. Casty e Bonfatti, lavorando a quattro mani sulle tavole, completando l’uno i disegni dell’altro, riescono a fondere in modo inedito i loro stili. Bonfatti, iperdettagliato, influenzato da Jacovitti, Bonvi e dall’underground classico, “sporca” i disegni scarpiani di Casty, arricchendo i fondali, riempiendo le vignette di dettagli e oggetti, aggiungendo carattere alla storia che si stacca così dal corpus castyano diventando un unicum dal punto di vista visivo.
Contribuisce ovviamente anche l’ambientazione anni Trenta, che spinge i due autori verso un design vintage nei protagonisti (Topolino in braghette, Minni con la gonna a fiori, Pippo con il gilet) e soprattutto nei comprimari, che sembrano usciti dritti dritti dalle storie di Floyd Gottfredson.
Tutto questo accadde domani è ambientata esattamente tre anni dopo la prima avventura. Gambadilegno è riuscito a ottenere di nuovo il guanto di Amnèzja, trafugandolo da casa di Topolino (in un modo un po’ facilone, bisogna dire, unico punto debole della trama) e a diventare il signore incontrastato di tutto il Calisota, utilizzando il guanto magico, una flotta di droni e degli smartwatch dotati di geolocalizzatore per controllare la popolazione.
Topolino, insieme a Zapotec, Marlin e Pippo, si oppone alla dittatura e porta nel presente la sua versione degli anni Trenta per aiutarlo. Con lui arrivano anche Minni e, più tardi, Pippo. Insieme distruggono i sistemi di controllo di Gambadilegno e mandano nel passato un avvertimento per Mickey perché distrugga il guanto prima che Pietro lo trovi.
Fra gli aspetti più interessanti delle due storie troviamo la rappresentazione di Topolino e Minni, in particolare le differenze tra le versioni degli anni Trenta e quelle degli anni Duemila. Casty ha ben presente il topo in braghette e quello moderno e ne mostra le diverse sfaccettature del carattere, non limitandosi a battute sull’essere ingrassato o al cambio di mise.
Il giovane Mickey è molto più scavezzacollo e sanguigno del Mickey maturo, rispecchiando le differenze tra le avventure disegnate da Gottfredson e quelle pubblicate sul settimanale negli ultimi decenni. Anche Minni ha un carattere più impulsivo e ingenuo nella versione giovane, complici anche gli occhi con la pupilla “a fetta di torta” che addolciscono i volti di tutti i personaggi rispetto alla maturità. Solo Pippo non sembra essere cambiato molto in novant’anni di storie…
Ma la vera star di queste storie è senza dubbio Gambadilegno. Raramente si è visto il gattone così megalomane, sornione e crudele al tempo stesso. Casty e Bonfatti gli cuciono addosso un abito che non indossava da tempo, o che forse non aveva mai indossato in questo modo.
È un piazzista che vuole conquistare il mondo blandendo la gente e convincendola a seguirlo, impossibile non leggere anche nel suo piano una lieve satira nei confronti della nostra classe politica attuale. Al tempo stesso è un criminale senza scrupoli, pronto all’assassinio per portare a termine il suo piano. Bastano due scene per inquadrare perfettamente questa versione di Pietro.
La prima è all’inizio di Tutto questo accadrà ieri. Topolino corre al faro diroccato per salvare Minni e lì la trova legata a una gru, sospesa sulla scogliera. Pietro lo accoglie armato di pistola, che gli punta alla testa. Sappiamo che non ha intenzione di ucciderlo, vuole solo impedirgli di viaggiare nel tempo e rovinargli il piano di novant’anni prima, ma la minaccia è reale. Gambadilegno è pronto ad ammazzare Minni facendola spiaccicare sugli scogli (e ci proverà al termine della storia) così come a cacciare un proiettile nel cranio del topastro.
Quante volte abbiamo visto negli ultimi venti, trent’anni un criminale così efferato sulle pagine del settimanale? Le policy Disney hanno sempre impedito di parlare di morte e hanno quindi limitato drasticamente l’uso delle armi nei fumetti. In questo caso Casty si è tenuto sul limite di quanto consentito per creare un senso di minaccia reale per Topolino e Minni.
Non sarebbero bastate delle vuote parole del gattone per produrre lo stesso effetto.
Pietro è completamente fuori di sé, come dimostra anche lo sguardo spiritato che gli autori (ma giurerei che ci sia la mano di Bonfatti più che di Casty) gli disegnano negli occhi. È spinto allo stremo dal suo desiderio di vendetta nei confronti del topo. È disposto ad uccidere a sangue freddo.
L’altra è in Tutto questo accadde domani, l’entrata in scena nei panni dell’Ingambissimo al party che ha dato nella sua villa per radunare i principali capi di Stato e assoggettarli al suo volere. Indossa un kimono verde e rosa per nascondere il guanto di Amnèzja e per avere un aria solenne, ma che appare invece pacchiano e di cattivo gusto come tutti gli abiti che indossa credendosi elegante. Entrando nel salone delle feste, il suo saluto ai potenti della Terra è “Bonsuaahr! Bonsuàr a tulemònd!”. Il saluto in francese maccheronico è come il vestito: vorrebbe essere di classe, risulta cafone.
Pietro cerca di relazionarsi con re e presidenti mettendosi al loro livello, addirittura cercando di impressionarli con sfarzo e maniere eleganti, ma mostra solo di essere un parvenu, un pirata e contrabbandiere che si spaccia per un gran signore. È solo un piazzista che ha fatto strada. Potrebbe anche suscitare simpatia se non si conoscessero le sue intenzioni megalomani e malvagie.
Questa versione di Gambadilegno ci appare così interessante perché anomala rispetto a quella a cui siamo abituati a incontrare. Il personaggio che conosciamo oggi è il frutto di un’evoluzione durata più di novant’anni, tre anni in più del suo antagonista preferito.
L’evoluzione di Gambadilegno
Il primo Gambadilegno animato di Walt Disney è un orso con una gamba di legno che compare nel cortometraggio Alice solves the puzzle del 1925 ed è chiamato Bootleg Pete. Anche nei corti del coniglio Oswald compaiono dei personaggi analoghi, sempre nel ruolo di antagonista, con forme e nomi leggermente diversi. Possiamo dire che tutto sommato si tratta dello stesso personaggio che non ha ancora trovato una fisionomia definitiva.
18 novembre 1928, viene proiettato per la prima volta Steamboat Willie e Topolino esordisce ufficialmente nei cinema. Con lui è in scena un gatto grande e grosso senza gamba di legno e che non viene mai chiamato per nome. Si tratta del nostro Pietro? Probabilmente no, visto che ha entrambe le zampe.
Meno di due anni dopo, nel lancio delle strisce quotidiane di Mickey Mouse viene annunciato un antagonista di nome Terrible Tom, del tutto identico a lui. Vediamo solo il volto, quindi non sappiamo se ha protesi o meno.
Come mai Disney e Ub Iwerks non hanno riutilizzato da subito il loro cattivo contro Topolino ma hanno inventato questo Tom? Questione di diritti: Oswald era di proprietà del distributore Charles Mintz e loro temevano che con lui fossero compresi anche tutti gli altri personaggi.
Il nodo legale però si scioglie rapidamente e nell’aprile del 1930 vediamo finalmente in scena il vero Peg-Leg Pete, disegnato da Win Smith nella storia Topolino nella Valle Infernale. Terrible Tom non comparirà mai, soppiantato da quello che resterà l’eterno rivale di Topolino.
Gambadilegno è un ladro ignorante ma spietato. Gottfredson lo utilizza più volte nelle sue storie, facendogli fare il pirata fluviale, il pirata dell’aria, il ladro, il contrabbandiere, la spia nazista, la spia comunista, il capo mafioso… è raro che lavori in autonomia, più spesso è il braccio di un individuo ambiguo come lo strozzino Eli Squick o l’avvocato Lupo o al soldo di una potenza straniera.
Una ventina di anni più tardi, mentre Gottfredson realizza ancora capolavori sui quotidiani americani, alla sua produzione si affiancano due filoni di storie con Topolino.
Il primo è quello statunitense dei comic book; il secondo quello del nostro Topolino che, passato nel 1949 da essere un giornale al formato odierno, ha necessità di un numero maggiore di storie per le quali coinvolgerà sempre più autori italiani.
Pur lontanissimi per formazione e capacità, sia i vari sceneggiatori americani sia i nostri Martina, Barosso, Dalmasso prendono intuizioni, situazioni e personaggi di Gottfredson e li annacquano, riciclandoli a dismisura senza capirli a fondo. Topolino diventa così il “perfettino amico delle guardie” che tanti lettori superficiali odiano. Gambadilegno perde la sua crudeltà e soprattutto la sua dignità per diventare un ladro un po’ sciocco, un po’ pasticcione, destinato a finire dietro le sbarre al termine della storia.
Il passo seguente, attuato dalla generazione successiva di autori, è stato rendere Gambadilegno quasi un personaggio positivo.
È il destino di molti antagonisti rammollirsi nel tempo: in ambito disneyano è successo a Macchia Nera o al Razziatore (soprannominato infatti ormai “Razziadilegno” negli ambienti Pkers più ortodossi); fuori da Disney pensiamo a Orloff di Martin Mystére o al buon vecchio “Prima o poi conquisterò il mondo!” Piccolo di Dragon Ball. Gamba è l’emblema di questa trasformazione dei nemici del fumetto popolare, arrivando a mentire a Trudy fingendo di dover compiere un furto per poter vedere la partita in pace a casa di Topolino.
Questo mutamento è da ricercare anche nella frequenza sempre maggiore di storie prettamente umoristiche e demenziali dagli anni Novanta in poi, in particolare quelle della coppia Faraci/Ziche, quest’ultima anche come autrice unica, o più recente di Sio. È come se molti autori contemporanei non fossero in grado di far smettere a Pietro la maschera buffa indossata per queste farse e fargli riacquisire la sua dignità di criminale più temuto del Nord Calisota.
Arriviamo così ad avere una storia – bellissima, non lo si può negare – come Dalla parte sbagliata, in cui Tito Faraci e Paolo Mottura mandano Topolino al salvataggio di Pietro, arrestato ingiustamente per contrabbando di armi in un paese latinoamericano.
È forse l’analisi più profonda mai pubblicata del rapporto tra il gatto e il topo, alterna registri comici e drammatici come solo il miglior Faraci sa fare. Riesce anche a restituire dignità al criminale. Ma non riesce a staccarsi dalla rappresentazione di uno che, in fondo, ha qualcosa di buono.
Analogo discorso vale per Topolino e il fiume del tempo, sempre del 1998, sempre di Faraci, stavolta con Francesco Artibani e Corrado Mastantuono, in cui Pietro e Topolino vanno alla ricerca del relitto dello Steamboat Willie per scoprire, alla fine, che se le loro vite fossero andate in modo diverso forse sarebbero potuti anche essere amici.
Una strada diversa è invece quella che sceglie negli anni Cinquanta Romano Scarpa. Il fumettista veneziano non cede di un millimetro sulla crudeltà di Pietro, anzi, lo rende molto più intraprendente che nelle strip di Gottfredson. Lo mette a capo di una rete criminale inarrestabile, gli fa rapire e sostituire un sovrano europeo, addirittura, cosa che nelle storie di Gottfredson era accaduto solo una volta, in Topolino e le meraviglie del domani, lo fa aspirare alla conquista del mondo in Topolino e la Dimensione Delta.
Per Casty, questo è il vero Gambadilegno, forse anche più cattivo. Come per la sua opera in generale, distilla il suo personaggio da quelli di Gottfredson e di Scarpa, adattandoli però al Ventunesimo secolo. Ne approfondisce la psicologia, ne sviluppa i tratti più grotteschi o ironici, ma ne mantiene tutta la perfidia. Il Gambadilegno di Casty non sarà mai amico di Topolino. Non condivideranno mai un pacchetto di patatine.
C’è un modo giusto per rappresentare Gambadilegno?
Lo so, in questo contesto è una domanda retorica che non ha una vera risposta, ma è la domanda che gli sceneggiatori di Topolino dovrebbero porsi ogni volta che si ritrovano a usare l’antagonista più antico.
Dovrebbero essere consapevoli delle stratificazioni – proprio in senso geologico, uno strato sopra l’altro di storie e autori – che in quasi un secolo hanno inspessito la pelle del gatto per andare a darne una versione personale ma coerente con quasi tutte le altre. È quello che hanno fatto Faraci e Casty: consci che le differenze sono troppe, hanno scelto ognuno una via e l’hanno percorsa fino in fondo.
La via “nemiciamici” è certamente la più semplice, quella più versatile. Gambadilegno è buffo, comodo come spalla ma utilizzabile anche come protagonista visto il suo essere quasi un buono. Il rischio di questa strada è quello di renderlo una macchietta, togliendogli la caratterizzazione che Floyd Gottfredson gli aveva dato dall’esordio: stupido, ignorante, però anche malvagio.
La via del Gamba crudelissimo è più impervia. È un personaggio più affascinante di quello ormai classico, più primordiale, tremendo e potentissimo. Il Gambadilegno di Gottfredson prima, e di Scarpa e Casty poi non sfigura al confronto con i grandi cattivi della letteratura popolare, del cinema o del fumetto d’avventura.
Ma sono convinto che gran parte del suo fascino sia dato dalla rarità con cui lo vediamo in scena. Un personaggio di questo stampo è probabilmente troppo vintage per i lettori moderni, che se ne stancherebbero presto. E probabilmente è anche troppo difficile da scrivere molti degli sceneggiatori di Topolino, che rischierebbero di trasformarlo in un criminale di peso ma vuoto.
Un cattivo bellissimo ma da centellinare per preservarlo.