Oblò è un nuovo magazine a fumetti ideato da Claudio Calia e Omar Martini – il primo autore di fumetti, il secondo editore responsabile dell’ormai defunta Black Velvet – insieme a un ampio gruppo di collaboratori.
La rivista mostra uno sguardo personale su piccole produzioni a fumetti italiane e non solo, tanto che già nel primo numero sono presenti fumetti di un autore brasiliano, Julitos Koba, al fianco di Enrico Girotto e Clara Mogno. Oblò è una produzione che nasce dal basso, autoprodotta, ma composta da professionalità dall’esperienza decennale, come gli stessi Calia e Martini, con i quali abbiamo discusso per capire come è nata e come si svilupperà la rivista.
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Ormai da anni i tempi non sono più facili per le riviste, in Italia. Eppure nell’editoriale di apertura ammettete che i dubbi non mancano sulla necessità di produrne una. Quindi, come e perché avete deciso di avviarne una?
Omar Martini: Perché, nonostante le difficoltà indicate, è importante avere un veicolo periodico che permetta di offrire degli “assaggi” di quelli che, noi riteniamo, possano migliorare e diventare i nuovi autori che vedremo in futuro in pubblicazioni di più ampio respiro. Riteniamo che sia importante, soprattutto in questo momento, che ci sia un rapporto tra gli autori che selezioniamo e i lettori.
È tramite questo scambio di idee e opinioni che questi autori possono crescere e vedere quali sono i propri punti di forza e quali invece gli elementi che potrebbero essere migliorati. Ma questi riscontri, se vogliamo che siano efficaci, devono essere rapidi, proprio come una conversazione: i tempi della realizzazione di un libro – per quanto sia un passo e un passaggio importante – sono eccessivamente lunghi per avere un riscontro concreto se il percorso che sta seguendo un autore è corretto oppure no.
Nel migliore dei casi, il rapporto è esclusivamente con il proprio editor; nel peggiore, con se stesso o con il proprio giro di conoscenze. La rivista invece ha il pregio, visti i tempi più stretti di lavorazione, di dare feedback più veloci e, di conseguenza, di consentire quegli aggiustamenti necessari per poter crescere.
Il nome da cosa deriva?
Claudio Calia: Vediamo il mondo del fumetto dall’esterno, dall’oblò di una nave da crociera, nuotando sott’acqua e a testa in giù. Mentre la crociera del fumetto procede tra mozzi, cucine, piscine e idromassaggi, noi stiamo all’erta ad avvisare dell’eventuale arrivo dei cattivi, da fuori. Ovviamente tra i soci questa visione assume significati diversi, da chi sta in un continuo dentro e fuori la nave a chi ama il fumetto, magari comprandone giusto due/tre all’anno.
Come mai la scelta di autoprodurvi? È stata una necessità o una scelta?
OM: Forse entrambe le cose. C’era senz’altro una impossibilità di investire quei capitali che sarebbero serviti a una classica struttura editoriale, ma dall’altro c’è anche la curiosità di verificare quali possano essere strade alternative sia di stampa che di diffusione delle nostre pubblicazioni: tirature controllate, diffusione “face-to-face” degli albi, una rete di manifestazioni amiche, e poi anche altre idee che bollono in pentola… sono tante le strade che si possono percorrere e vogliamo verificare quali potrebbero essere le nuove soluzioni per valorizzare e, soprattutto, far arrivare i nostri amati fumetti anche ad altre persone che, altrimenti, non li avrebbero potuti trovare.
In quali circuiti è distribuita Oblò?
OM: Al momento sono un po’ limitati… quasi un “porta a porta”. C’è ovviamente il sito, da dove è possibile acquistare sia l’albo “fisico” che quello in formato digitale. Poi ci saranno le fiere e/o presentazioni a cui parteciperemo in giro per l’Italia. Quelle più immediate sono Treviso Comic Book Festival, a settembre, e poi Lucca Comics & Games a ottobre. Ovviamente, tramite i vari social media, annunceremo quando e come sarà possibile trovarci.
La prima cosa che si può notare guardando Oblò è la grafica che ricorda i primi anni di Linus. Come mai questa scelta così evidente?
CC: In un mondo del fumetto così smaliziato, cinico ed eccessivamente sarcastico come quello contemporaneo, l’idea è quella di ripartire dall’ingenuità. Da quegli occhi di lettori fortunati che non conoscevano i fumetti che avevano comprato, in quell’aprile 1965, e si trovavano in mano i Peanuts, Li’l Abner, Krazy Kat e Braccio di Ferro. Per la prima volta. Ovviamente, con le debite proporzioni.
Come avete scelto gli autori e i fumetti da ospitare?
CC: I primi tre autori (Enrico Girotto, Julitos Koba, Clara Mogno) sono stati selezionati da me, e poi li ho proposti agli altri soci. Alcuni di noi stanno vagliando altri disegnatori per i prossimi numeri. Il faro è cercare autori nuovi, rifuggire dall’ansia di avere l’ospite “famoso” di turno, raccontare cose che la gente possa capire e sentire proprie.
Ospitate anche un autore brasiliano, come mai questa scelta di andare oltre i confini, e specialmente in un paese non molto conosciuto da noi nel campo dei fumetti?
OM: Perché ci piace spaziare. Perché ci piace curiosare anche in luoghi non canonici per trovare quelle sorprese che poi vorremmo presentare anche ad altre persone, ad altri lettori. Il nostro obiettivo principale è il fumetto italiano, ma non vogliamo darci limitazioni e cercheremo, ovunque ne avremo l’occasione, la possibilità di trovare nuovi autori interessanti.
Cosa ci sarà da aspettarsi nei prossimi numeri?
CC: Per qualche numero ancora vogliamo dare la possibilità ai Clara Comics e al GattoCane di crescere e maturare, fino a prevedere, magari in seguito, progetti più complessi. In più, cercheremo di scovare un autore straniero a numero, a partire dai luoghi meno scontati del panorama fumettistico mondiale. Le attività dell’Associazione non si limitano a produrre la rivista da cui prende il nome: proporremo presto delle sorprese anche con altri tipi di pubblicazioni.