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Viaggio d’artista tra i fantasmi orientali

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di Carlotta Vacchelli

In Cina, i poliziotti e i criminali pensano che i fantasmi siano i fuorilegge dell’aldilà. A Hong Kong c’è una caserma infestata, senza entrate e immersa nell’ombra. Sulla facciata, il sigillo del Dio delle mura impedisce ai fantasmi di uscire.

A Osaka, i fantasmi e i gangster si assomigliano: non si vedono, non se ne parla, ma esistono. Così, il direttore di un’eminente rivista giapponese racconta una leggenda su un uomo spaccato a metà, quando a insistere su un argomento tanto imbarazzante è l’impertinenza di un fumettista francese, che, estraneo ai costumi del Paese di cui è ospite, non ha ben chiaro lo statuto di convenienza, per non dire liceità, di una domanda.

Nel corso della presentazione di Diario Italiano vol. 2 ospitata dal Porte Aperte Festival di Cremona lo scorso primo luglio, David B. ha descritto la percezione dello straniero da parte deagli abitanti locali durante le sue peregrinazioni orientali tra il luglio e l’ottobre 2005. La condizione di elemento forestiero gli ha permesso l’esplorazione dei temi a lui più cari: misteri, miti, sogni, paure. In una parola, fantasmi.

Leggi le prime pagine di Diario italiano Vol. 2

diario italiano 2 david b coconino graphic novel

E David B., che da bambino ha “visto morire suo fratello tre volte al giorno”, di fantasmi ha una certa esperienza: se nel Grande Male e in Babel, l’autore indaga la società francese raccontando i fantasmi della propria famiglia, in Diario Italiano offre spaccati delle civiltà con cui entra in contatto durante il proprio viaggio, tramite la rappresentazione di storie taciute, assecondando la dimensione orale del racconto.

Il progetto Diario Italiano, che, per ora, si compone di due volumi (ma è in corso la gestazione del terzo, che racconterà Osaka e la Sicilia), si inserisce in una tradizione precisa, da cui la seconda parola del titolo, ‘Italiano’: è un italiano archetipico quello del diario alla David B., che indica cioè più il genere, il quaderno di viaggio dell’artista, che l’argomento. A differenza del primo Diario, che perlustra le favole di Trieste e le credenze di Bologna passando per le tortuosità di Venezia, il secondo volume percorre il rapporto degli abitanti di Hong Kong e Osaka con il fantastico e la sua incidenza sulla società.

Come ha notato Michele Ginevra, coordinatore del Centro Fumetto Andrea Pazienza di Cremona che ha moderato il dialogo con l’autore durante la presentazione del libro, la formula diaristica ha un ritmo interessante, che unisce l’indagine etnografica, volutamente episodica e fluttuante, al documento grafico del proprio vissuto. È per il tramite della ‘metafora grafica’, come David B. ha definito la propria attitudine alla ricerca dell’immagine, che l’autore si fa ‘occhio che guarda e mangia il mondo’: la metafora, chiara e ambigua al contempo, è, come il sogno, lo spazio comune in cui l’interiorità dell’autore e la realtà che vive si incontrano. Una terra di mezzo cui il lettore è condotto da ciò che David B. chiama lo “spettro dell’arte”.

«Non faccio mai tutto il disegno di un fumetto, ho solo un’idea generale della fine: mentre faccio un capitolo penso a quello successivo».

La disomogeineità della narrazione, che procede per digressioni di estensione varia che coinvolgono intrecci e personaggi diversi tra loro, risulta dunque dall’assemblaggio di una selezione di appunti per immagini annotati dall’autore nell’evolversi del viaggio. L’architettura interna dell’opera risponde dunque a una mappatura interiore: ogni episodio di Diario Italiano vol. 2 è votato alla rappresentazione del rapporto che si instaura tra l’autore e gli elementi della realtà con cui, di volta in volta, interagisce. Con una costante: la volontà di rappresentare i meccanismi che determinano l’equilibrio, sempre mutevole, tra fantastico e reale, tra detto e taciuto, tra gli oggetti e i loro fantasmi.

Così, l’occhio di David B. coglie tanto “l’imbottigliamento di fantasmi” che domina l’arte del periodo Edo, quanto i “veri fantasmi” della società giapponese che, sotto il ponte sul fiume Yodogawa, aprono i loro lucernari di cartone per intercettare “un momento di sole”.

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Lo stile è quello, stabile poiché maturato in una ricerca decennale, del David B. più classico: ma, a parte un flashback seppia a Tokyo, molto più colorato rispetto al primo Diario Italiano, trattandosi della società del gadget, del robot, della realtà aumentata. La tavola, pensata come unità più che come collettore di vignette, straripa immagini, legate tra loro da una sequenzialità di carattere più interiore, che cronologico. Il tratto è denso e sovraccarico, i corpi caricaturali e trasformati secondo una proporzione più espressiva che oggettiva. Il colore è digitale: “è molto più veloce e il risultato è migliore, ma il resto è fatto a mano”.

La tappa necessaria all’elaborazione di questa mano inconfondibile è stata l’esperienza ne L’Association, la casa editrice laboratorio che, negli anni Novanta, ha rivoluzionato l’editoria del fumetto francese. Fondata da David B., Killoffer, Mattt Konture, JC Menu, Mokeït, Stanislas e Lewis Trondheim in reazione al formato franco-belga a 46 pagine e alle sue tematiche più classiche, L’Association ha risposto a una necessità di rinnovamento interna al mondo del fumetto francese, come il fumettista ha spiegato durante la presentazione. Prima “le uniche storie pubblicabili erano comiche o d’avventura”: l’autonomia nella gestione del formato o della storia garantita da questa casa editrice ha impresso una svolta nella bd in direzione della produzione del fumetto come oggetto librario, cambiandone radicalmente l’aspetto. La qualità dei fumetti dell’Association deriva dal contributo, al medesimo volume, di artisti diversi: il fumetto veniva “maneggiato e rimaneggiato” da editore e autore; “Così è nato, per esempio, Persepolis di Marjane Satrapi”. Questa progressiva negoziazione, secondo David B., non trova più riscontro nell’editoria a fumetti francese degli ultimi anni: “Adesso è facile fondare una casa editrice, ma, in Francia, l’editore non ti segue più”.

Diario italiano vol. 2, come l’episodio precedente, si inquadra in un genere fumettistico fortunato, che vanta esiti disparati, dall’inchiesta su episodi di attualità, al reportage di guerra, alla cronaca: con la tipologia del diario di viaggio si confronta un numero sempre maggiore di fumettisti, da Joe Sacco (Palestina), a Zerocalcare (Kobane Calling), a Craig Thompson (Carnet di viaggio), per citare i più noti. In particolare, il diario di argomento orientale è stato praticato in Italia da autori come Igort (Quaderni Giapponesi – vol. 1 e 2) e Vincenzo Filosa (Viaggio a Tokyo).

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I diari di David B. appartengono a questa corrente, privilegiando tuttavia una dimensione onirica e semi-onirica che alterna lo scandaglio antropologico alla proiezione nel mito, nella convinzione che il fantastico, collettivo (la leggenda) o personale (il sogno), contenga la chiave di lettura del reale: il demone Tanuki, come i gangster delle triadi di Hong Kong o le città di cartone di Osaka di cui nessuno vuole parlare, troverà sempre il modo di inquietare la società, derubando il ricco mercante o turbando la ieratica tranquillità del monaco. Questa figura di trickster trasformista, non a caso posta sul foglio di guardia, come il prosciutto-natura morta in esergo a Diario Italiano vol. 1, è l’emblema del diario di viaggio alla David B.: l’osservazione di una civiltà a partire dall’immersione nelle sue invisibili fantasie.

Diario italiano Vol. 2
di David B.
144 pagine, b&n – 18€
traduzione di Maria Grazia Zulli
Coconino Press

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