HomeGraphic Novel"Tempo da cani", il Freud rocambolesco di Larcenet

“Tempo da cani”, il Freud rocambolesco di Larcenet

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Coconino Press continua a recuperare l’opera di Manu Larcenet. Dopo il diario intimo di Faremo senza (qui da noi recensito), è il turno del primo volume di Le avventure rocambolesche, una serie in 5 volumi pubblicati in Francia tra il 2002 e il 2007. Nella serie spiccano due volumi: il primo, dedicato a Sigmund Freud, e il secondo, incentrato su Van Gogh e intitolato La linea del fronte. Quest’ultimo, in particolare, rappresenta uno dei lavori più rappresentativi dello stile del fumettista francese, nonché una tappa obbligata per comprendere l’evoluzione del suo stile. Infatti, quanti hanno maturato negli anni una dimestichezza con le opere di Larcenet non potranno notare temi e soluzioni che anticipano in maniera diretta e forte quanto il nostro svilupperà prima in Blast e in seguito nell’affascinante e oscuro Il rapporto di Brodeck, senza dimenticare una tappa intermedia e fondamentale come Lo scontro quotidiano.

I volti dei soldati intrappolati nelle trincee, compagni di viaggio di Van Gogh, da un lato alludono con il loro duro realismo ai ritratti degli operai del Reparto 22, mentre dall’altro non possono rimandare agli arcigni volti dei paesani di Brodeck: un approccio neo-realista e quasi “desueto” nel suo voler tracciare un’estetica degli ultimi. Ma appaiono anche alcuni simboli cari al Larcenet di Blast, a partire dal mondo austero dei rapaci e dei volatili che si sovrappone, come un’epifania, al mondo degli uomini.

Leggi un po’ di pagine in anteprima da Tempo da cani

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Tempo da cani. Le avventure rocambolesche di Sigmund Freud è invece molto più vicino a Lo scontro quotidiano, sebbene faccia tesoro di quanto Larcenet aveva sperimentato nei tardi anni Novanta, grazie ad opere come Bill Baround e Dallas Cowboy (quest’ultimo in un formato all’italiana che per certi versi sarebbe diventato un leitmotiv del suo lavoro), creando un interessante equilibrio tra comicità assurda e il suo solito impegno personale. Lo stile è volutamente vicino alla scuola umoristica di Fluide Glacial, eppure, tra le pieghe leggere di un umorismo stravagante, Larcenet sa innervare alcuni momenti duri che incendiano le tavole.

La trama è molto esile: un inedito Sigmund Freud, stanco degli imbolsiti salotti viennesi e dei polverosi divani sui cui è costretto a fare analisi, decide di volgere la propria attenzione e i suoi servigi verso il nuovo continente, l’America, con il fine è quello di allontanarsi dalla barbarie. Il lillipuziano Freud di Larcenet, in compagnia del fido aiutante Igor – il cui unico fine è quello di sopravvivere a questa bislacca avventura – decide di colonizzare un territorio selvaggio e inesplorato. Come un novello Don Chisciotte, lo scienziato dovrà cedere sin da subito all’irruenza degli autoctoni.

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In realtà, l’America è una terra magica, dove convivono caoticamente istanze diverse e difficilmente comprensibili: il tentativo di irregimentare tanto l’indiano quanto il colone in categorie e complessi da cui sgusciano alacremente e furbescamente fuori, faranno capire a un monotematico Freud, ossessionato da un complesso materno, quanto il suo metodo – creato appunto per le sale da the europee – qui abbia una scarsa presa.

A questa sottile critica dei limiti del pensiero freudiano, Larcenet intreccia quella che è – sicuramente – la nota più interessante della storia. Freud e il fido Igor incrociano la propria strada con quella di un cane dotato di parole e in fuga da un prigione/canile in cui le autorità l’hanno rinchiuso con l’accusa di essere randagio, cioè di essere libero. Una forma di polizia che allude ai processi di normalizzazione e segregazione del diverso a cui Michel Foucault ha dedicato pagine interessanti nei suoi saggi sulla genealogia della modernità.

Spot, il giovane cane a caccia della sua anima, diventa per Freud una sfida alla sua ragione, insieme alla “magia” del mezzo-sciamano, un indiano con cui la nostra combriccola dividerà una cena a dir poco lisergica ed illuminante. Spot diventa non solo il motore della vicenda, conducendo una trama a dir poco leggera verso una svolta drammatica, ma anche il vettore di un discorso sulla libertà, l’identità e l’anima che sfugge alle maglie della scienza freudiana.

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La dimensione quasi normativa e gerarchica della psicanalisi non ha presa su un mondo dove l’anima reclama un suo spazio di autonomia e di indefinibile presenza. Le parole del mezzo-sciamano che cacciano Freud nel momento più drammatico rappresentano, per Larcenet, il richiamo a istanze più complesse e che il linguaggio della modernità non può cogliere nella loro sfuggente forza. Ma Tempo da cani nasconde anche una critica evidentissima e forte al fondo oscuro su cui sarebbero sorti gli Stati Uniti, quella volontà castrante alla normalizzazione e alla segregazione della diversità che avrebbe condotto a conflitti tutt’ora irrisolti. La voglia di Freud di comprendere l’altro è solo una piega della volontà egemone e “schiavistica” del colonialismo americano.

Tra battute leggere e situazioni comiche da western all’italiana, Larcenet pone momenti di dura critica e di forte consapevolezza, mostrando ancora una volta come attraverso i più disparati generi sappia essere fedele a quell’impegno politico che ha caratterizzato come un fil rouge tutta la sua produzione più recente.

Tempo da cani. Le avventure rocambolesche di Sigmund Freud
di Manu Larcenet

Traduzione di Francesca Scala
Coconino Press, aprile 2018
Brossurato, 48 pp a colori
€ 15,00

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