Yoshihiro Tatsumi è l’autore di gekiga più pubblicato in Italia (nonché il primo, se si rammenta il volume Lampi, edito da Coconino nel 2004, in tempi “non sospetti”). Anche meritatamente, poiché, della corrente delle “immagini drammatiche”, è tra i primi teorici e animatori.
Dopo i volumi usciti per Bao Publishing (Una vita ai margini, Tormenta nera) e le raccolte di racconti curate da Coconino Press (Crocevia, Inferno, Le lacrime della bestia, Città arida), si aggiunge un libro anche per Oblomov, che mette in fila storie realizzate tra il 1972 e il 1973, I pescatori di mezzanotte.
Durante la sua carriera, Tatsumi si distinse come autore di racconti realistici incentrati sul Dopoguerra nipponico, nonostante non sia stata questa l’unica ambientazione e tematica da lui esplorata, come dimostra la raccolta dai contorni storici Fallen Words (Drawn&Quarterly 2012). I suoi fumetti di realtà restano tra le più vivide e crude rappresentazioni della vita quotidiana – soprattutto urbana e metropolitana – di un Giappone sconfitto ma non del tutto piegato. In pochi anni, dopo il conflitto mondiale, il paese divenne una potenza economica mondiale, ma lo fece sulle spalle, sul sudore, sul sangue e sul proverbiale spirito di sacrificio di gente qualunque. Sembra essere questa la spietata e realistica – e giustificata dalla Storia – tesi di Tatsumi, che trasuda da buona parte dei suoi racconti.
In tale prospettiva, non si tirano indietro nemmeno i lavori di questa raccolta, che si concentrano sulle vicende di giovani individui immersi in contesti urbani ordinari e spesso cupi, ritratti nel privato e nell’intimità o dediti ad azioni oltre la moralità (truffa, furto, gioco d’azzardo). C’è praticamente un’unica eccezione, Casa di donna, una storia di fantascienza quasi asimoviana, con robot umanoidi che vivono in mezzo agli uomini in un futuro lontano ma non troppo.
Leggi anche: Yoshihiro Tatsumi: dalla letteratura Buraiha al fumetto gekiga
Sarà per via dell’incisiva quarta storia (senza titolo), che racconta di un giovane uomo ossessionato dal terreno appena acquistato, ma queste storie sono intrise da un gusto verghiano (e non azzardo davvero a definirla un’influenza, vista la distanza di luogo e tempo). Un materialismo di fondo, un attaccamento alla “roba”, motiva le azioni dei protagonisti, fino all’ossessione più ridicola e patologica. Il narratore è forse meno neutrale che mai, rispetto ad altri racconti in cui Tatsumi mostra un’attitudine quasi bonaria, mentre qui è attento a incedere beffardo sulle contraddizioni dei suoi personaggi, con un sottile moralismo rivelato nei finali, che in una sola pagina risolvono ogni indecisione con cinismo.
Si riconoscono i volti delle maschere di Tatsumi – o dei suoi attori –, disegnatore forse meno dotato di colleghi come i fratelli Tsuge. L’autore però rende i suoi racconti parabole universali di una società che va verso la modernità, riducendo all’osso dettagli e lineamenti. Che sia davvero capace o meno di rappresentare il bello, di certo non ci aspira mai. Se disegnare le donne lo porta a una stilizzazione senza troppe pretese, gli uomini più credibili che rappresenta sono proprio quelli più brutti, e le espressioni più efficaci sono quelle più contrite e sofferte, non i sorrisi.
Leggi anche: Storie di vite spezzate. “Le lacrime della bestia” di Yoshihiro Tatsumi
Il racconto fantascientifico che intermezza la raccolta può apparire quasi fuori luogo o fuori registro rispetto a tutti gli altri, ma è anzi utile a cercare una prospettiva concettuale nella raccolta. Il pessimismo realista di Tatsumi non si ferma al (suo) presente, il suo lavoro non è solo cronaca dei tempi, ma è appunto quel racconto sci-fi a giustificare e dimostrare come ideologico l’approccio dell’autore.
I pescatori di mezzanotte
di Yoshihiro Tatsumi
Traduzione di Juan Scassa
Oblomov Edizioni, maggio 2018
Brossurato, 194 pp in b/n
20,00 €