Cani sciolti, la nuova serie di Gianfranco Manfredi, esordirà più avanti nell’anno in edicola sotto il marchio Audace, brand di Sergio Bonelli Editore dedicato alle produzioni “dal taglio più adulto”. In occasione del cinquantennale del 1968 – anno dal quale la serie prende piede – la casa editrice ne ha però fornito un assaggio in un lussuoso volume da libreria, contenente i primi due episodi, con i disegni in bianco e nero di Luca Casalanguida e copertina di Giampiero Casertano.
Il volume, intitolato Sessantotto, rappresenta un impeccabile doppio episodio pilota di questo serial cartaceo, che si inscrive perfettamente sulla scia piuttosto feconda delle recenti produzioni televisive più innovative (di marca Sky) come Romanzo Criminale, Gomorra, 1992 o il recente Il miracolo: una serie corale, realistica nel linguaggio e nelle situazioni, con personaggi ambigui inseriti in una cornice storica facilmente identificabile entro un’ambientazione familiare, nella quale lo spettatore-lettore possa identificarsi.
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Dunque: Milano, Italia, 1968. E chi meglio di Gianfranco Manfredi come showrunner di questo format dalle ampie potenzialità, lui che il Sessantotto lo ha vissuto in prima persona, lo ha cantato e scritto come autore e cantautore e può come nessun altro evidenziare le sfumature, le contraddizioni, gli odori e i sapori di una stagione carica di prospettive di cui ancora oggi sentiamo l’eco? La cronaca e la storia si intrecciano così alle vicende personali dei protagonisti, ognuno dei quali si prende il giusto tempo per essere identificato, in se stesso e nel rapporto con gli altri, con le istituzioni e in special modo con i genitori, a rimarcare lo scontro generazionale che segnò come mai prima o dopo quel particolare momento storico.
In mezzo agli eventi che caratterizzarono il marzo di quell’anno esemplare – la Statale occupata e sgomberata dalle forze dell’ordine, il sit-in di Largo Gemelli, il trappolone della polizia armata alla Cattolica – si muovono i nostri giovani protagonisti, figli ribelli imbevuti di speranze e di utopie, “cani sciolti” perché non affiliati a nessun movimento politico, ma comunque decisi a cambiare la storia, o perlomeno a provarci. Contro un sistema antiquato e penalizzante ancora guidato dalle norme del dopoguerra, e ancora di più contro i fascisti che, a differenza degli indiani dei film western americani, attaccano anche di notte. Conosciamo quindi il ribelle Deb, padre costruttore e mamma casalinga; Lina dal temperamento indipendente; Pablo, idealista figlio di un ex partigiano; Milo, gay non dichiarato e futuro cantante punk; Turi, studente espulso dall’università per indisciplina; Marghe, rampolla di una famiglia blasonata ma decisa anch’essa a lottare per la sua rivoluzione.
Manfredi è bravo nel delineare i caratteri dei vari personaggi inserendoli nel contesto degli eventi reali. L’elemento più interessante è senza dubbio la ricostruzione minuziosa dello scenario di quel periodo: Casalanguida descrive con precisione le strade e le piazze della Milano di allora, i palazzi storici, il ritrovo al Bar Magenta, le facce degli studenti che immaginano la rivoluzione e nel frattempo occupano le università sventolando manifesti contro i baroni o per dare potere agli operai nelle fabbriche, cantando le canzoni di Francesco Guccini (Auschwitz) o di Pete Seeger (We Shall Overcome), e urlando slogan pro Ho-Chi-Min. Manfredi tratteggia l’ambientazione milanese di quegli anni con mestiere e con un gusto che ricorda certa historieta argentina di Carlos Trillo e Domingo Mandrafina, ma anche il Giancarlo Berardi di Ken Parker o ancor più di Giuli Bai & Co., per l’amorevole e nostalgica attenzione ai personaggi, alla loro umanità, alle loro dinamiche relazionali e al loro linguaggio, anche attraverso un uso accorto del dialetto o di certe espressioni tipiche.
Si tratta senza dubbio di una serie basata sui personaggi, dove l’avventura e la trama si sviluppano a partire dalle relazioni che essi instaurano e alle evoluzioni che si intuiscono nei loro rapporti. Non a caso la seconda parte del volume riprende gli stessi attori vent’anni dopo, nel marzo del 1988, quando una fotografia che li ritrae ancora studenti diventa il fulcro di una mostra commemorativa dal titolo programmatico “Dove siete?” e finisce così per rappresentare per loro un’occasione di riconciliazione. Lo stacco netto sul 1988 consente alla serie di riflettere sull’evoluzione culturale avvenuta in Italia negli anni Settanta e Ottanta, su come la società si sia trasformata e abbia interpretato nel concreto gli slogan e le istanze di quegli anni. Il privato che diventa pubblico e viceversa, la nostalgia di una rivoluzione mancata e forse mai compresa, lo svuotamento progressivo dei simboli (come il punk che mischia tutto, dalla svastica alla falce e martello).
Quello che manca è il conflitto, rievocato più che vissuto, suggerito ma non ancora chiaramente manifestato attraverso una storia solida e coerente. Dal racconto del padre di Pablo, che rivive le sue esperienze da partigiano durante la guerra, alle relazioni presumibilmente difficili tra i protagonisti nel corso dei vent’anni che separano i due piani temporali, la sensazione è che tutto sia ovattato in un passato rievocato più o meno nostalgicamente, ormai distaccato, dove le increspature, anche quando esistenti, si sono col tempo appianate. Il racconto è lineare, i personaggi si reincontrano (senza particolare entusiasmo) come vecchi amici che si rivedono dopo tanto tempo ma non hanno granché da dirsi. Le tensioni, se esistenti, non emergono in superficie.
Tutto conduce verso un finale inaspettato. Che vorrebbe dare conto di un’evoluzione nei rapporti tra i personaggi ma risulta invece improvviso. Così la storia si chiude lasciando un senso di incompletezza; il dramma e la tensione, se si possono intuire, sono spostati altrove, in un passato o in un futuro non ancora descritti. Come Manfredi sottolinea nella postfazione del volume, l’affresco da lui prodotto ha bisogno di un respiro più ampio. La sensazione finora è che il punto di vista scelto privilegi un distacco ironico, utile a dare conto delle diverse sfaccettature di quegli anni, sostenendo l’efficacia descrittiva a scapito della forza emotiva e drammatica.
La serie prevede circa venti episodi complessivi, nei quali sarà necessario dare conto delle tensioni sopite, perché questi personaggi così ben tratteggiati in queste prime pagine possano sostenere anche una vicenda pienamente convincente.
La sfida non facile per Manfredi sarà costruire uno scenario verosimile ma non documentaristico, in grado di tenere traccia delle contraddizioni di quegli anni, senza perdere in tensione drammatica. E senza rinunciare a quella esigenza di conflitto che suona necessario motore per lo sviluppo di una trama degna di interesse, tanto più per quegli anni intensi (talvolta persino violenti), al di là dell’affresco realistico o della rievocazione nostalgica.
Cani sciolti: Sessantotto
di Gianfranco Manfredi e Luca Casalanguida
Sergio Bonelli Editore, maggio 2018
Cartonato, 142 pp in b/n
19,00 €