Questa settimana per la rubrica “Lo scaffale di…” abbiamo chiesto a Dario Sicchio – sceneggiatore di Walter dice: e Kingsport e tra gli autori di Battaglia e Caput Mundi – di raccontarci le sue letture più recenti.
Senzombra, di Michele Monteleone e Marco Matrone
Questa lettura la metto al primo posto perché mi fa sentire un privilegiato. Approfittando del fatto che io e Michele stiamo lavorando molto insieme in questi mesi, ho potuto leggerlo in superanteprima.
Fa sempre strano parlare bene del lavoro di un amico, non si sa mai che parole usare per non sembrare di parte, ma che ci devo fare… a me Senzombra è proprio piaciuto. È divertentissimo, ha dei personaggi adorabili (Yaman il Collezionista in primis) e un ritmo perfetto. Vorrei dire di più, ma non posso. E per non eccedere nei complimenti a Michele (sia mai), mi pare giusto sottolineare che i disegni e i colori di Marco Matrone sono da rifarsi gli occhi. Se avete visto le immagini di anteprima e vi sono piaciute, credetemi, non avete visto niente.
Fantastici Quattro, di Jonathan Hickman e altri
Solo recentemente sono diventato un fan di Jonathan Hickman. Ho iniziato a leggere la sua run degli Avengers con interesse, ma con un certo scetticismo per le premesse, ma un numero dopo l’altro me ne sono innamorato. Credo sinceramente che sia una delle poche vere saghe epiche a sfondo supereroistico degli ultimi anni, con una pianificazione, una cura della narrazione e un approfondimento dei personaggi incredibili. Da lì ho iniziato a recuperare voracemente tutto quello che trovavo dell’autore: Manhattan Projects, Black Monday Murders, Red Wings (che però non mi è piaciuto), fino ad arrivare alla sua storica run sui Fantastici Quattro.
Ho divorato il primo Omnibus e ora sto sbranando il secondo. È davvero un lavoro imponente, giocato su equilibri sottilissimi di epica, fantascienza d’alto livello, character study e humor. Dentro questa run ci sono tutti i semi (sebbene ancora acerbi, soprattutto dal punto di vista della scansione degli eventi) di quello che Hickman ha sviluppato appieno nei suoi Avengers.
Outcast vol. 5, di Robert Kirkman e Paul Azaceta
Seguo praticamente tutto della Skybound. Outcast è una lettura sicuramente molto piacevole, resa estremamente appassionante dagli incredibili disegni e colori di Paul Azaceta. È davvero uno dei miei artisti preferiti del momento, sia per stile, che per sintesi, che per narrazione. Kirkman si è mosso in maniera molto cauta e defilata in questa serie, prediligendo una narrazione dilatata fino all’immobilismo. Infatti, è solo dal 4 volume della serie (corrispondente più o meno a 20 albi americani) che la serie ha iniziato davvero a ingranare, mostrando il suo mordente e svelando il suo vero argomento.
Nel panorama fumettistico attuale, sono forse tre o quattro gli autori che possono permettersi di far attendere due anni ai propri lettori per svelare del tutto il plot di una propria serie… uno di questi è Robert Kirkman. Fortuna che i personaggi sono stati interessanti fin dall’inizio. Mi ha fatto penare, ma motivato dagli splendidi disegni, ho resistito e ora la serie mi ha preso completamente. Ho già preso Oblivion Song, ma non l’ho ancora iniziato. Non vedo l’ora!
Batman. I am Bane, di Tom King e David Finch
Ok, qui rischiate di brutto, perché sono un lettore ossessivo compulsivo di Batman e sono anche un prolisso, per cui appena sfioro l’argomento rischio di partorire un trattato. Giuro che cercherò di fare il bravo e contenermi.
Questo è il terzo arco narrativo della run di Tom King su Batman e benché avessi apprezzato moltissimo anche le due storie precedenti, con Io Sono Bane sono ufficialmente innamorato. Il plot di questa storia potrebbe essere riassunto in due righe tanto è scarno, ma è raccontato in una maniera talmente interessante e originale che ti tiene incollato dalla prima vignetta all’ultima.
Su tutte le cose splendide che rendono unica la sua gestione del personaggio, spicca proprio il modo in cui King scrive il protagonista. Nonostante l’alta qualità delle storie, ho sempre trovato che il punto debole della run di Snyder/Capullo fosse proprio la caratterizzazione di Batman/Bruce Wayne, troppo fuori fuoco e anonima, troppo simile a quella di infiniti altri supereroi, nonostante la sottoportante tematica sul rapporto Batman/Gotham fosse stupenda.
King invece ci restituisce un Batman perfetto: un non-supereroe dalla mente insondabile, le cui azioni non possono che sollevare seri interrogativi morali. Batman è un uomo normale, un privilegiato con tendenze anarchiche e autolesionistiche che prende la legge nelle proprie mani, mettendosi al di sopra di tutto e giustificando la cosa con un trauma che non è mai riuscito a superare, in maniera quasi infantile.
Per me Batman è un personaggio che non può essere raccontato in maniera efficace se ci si sottrae alla sua natura incredibilmente controversa. Il Batman di Tom King è un personaggio umano, ma con il quale è impossibile empatizzare veramente. Dietro a tutte le sue (poche) parole si avverte il peso di un uomo che ha compiuto incredibili violenze, soprattutto verso se stesso, per essere ciò che è. Questa saga poi ci restituisce un David Finch in formissima, non produceva tavole così efficaci dai suoi primi periodi alla Marvel; enormemente valorizzate dai colori di Bellaire.
Niente da perdere, di Jeff Lemire
Poche storie: Jeff Lemire è un grande narratore. Dopo un amore iniziale scaturito per opere come Sweet Tooth, Essex County, Plutona, Trillium, Animal Man e Freccia Verde, me ne ero allontanato a causa di alcuni suoi lavori più deludenti nell’ambito del fumetto mainstream (Justice League Unlimited e quasi tutta la sua produzione Marvel sono davvero dimenticabili, e anche Descender non mi ha preso particolarmente). Con Niente da perdere sono tornato al vecchio idillio. Una storia semplice e intensa, raccontata in maniera davvero potente. Qui si ritrovano tutti i topoi della produzione di Lemire: la provincia, il riscatto, la necessità della violenza e i rapporti familiari.