Donny Cates non avrà certo un’esperienza decennale come autore, ma questo non gli impedisce in nessuna maniera di mettere i puntini sulle i. Così succede che apri il suo profilo Twitter e nella bio ci trovi scritto «Scrittore di fumetti. Venom, Thanos, Doctor Strange, God Country, Babyteeth, Redneck, Atomahawk, Interceptor, The Paybacks, Ghost Fleet, Buzzkill, ecc…». In più è praticamente certa una sua storia degli Inumani per luglio. Ha lavorato per Dark Horse, Image, Skybound, Aftershock e ora è il momento del tanto agognato contratto in esclusiva con la Marvel. Tutto in soli tre anni e dopo una vita passata da stagista proprio negli uffici di queste case editrici. Tanto per far capire a tutti che magari sarà anche l’ultimo arrivato, ma questo non gli ha certo impedito di perdere tempo.
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Cates è uno di quegli autori che arrivano al successo perché ossessionati dai fumetti e dall’idea di scriverli, nonostante gli anni passati a servire caffè ai vari Cebulski e gli infiniti rifiuti. Donny non ha mai smesso di crederci un attimo, come non ha mai nascosto di essere indissolubilmente legato dalle sue radici texane. Per pubblicizzare il suo primo grande successo, God Country, ha pensato bene di utilizzare come slogan uno dei motti più celebri della rivoluzione texana del 1831, “Come and take it”, passato dall’essere sventolato su di una bandiera al campidoglio di Austin all’essere stampato su t-shirt e spillette in vendita in tutte le fumetterie degli Stati Uniti. Di questo passo era inevitabile che prima o poi si sarebbe arrivati alla serie horror classica declinata in chiave sudista. Tra grigliate, predicatori e vacche a perdita d’occhio.
A dispetto di ogni previsione, però, Redneck parla di vampiri e della loro vita nel profondo sud in maniera insospettabilmente fresca e matura. Rispetto a quello che ci si aspetterebbe i protagonisti non sono belve prive di umanità e neppure depressi imprigionati in un ruolo che non vorrebbero mai aver cominciato a vestire. Compongono famiglie ragionevoli, consce del loro problema, e che nel corso degli anni hanno escogitato modi per condurre una vita tranquilla senza dare troppi problemi a nessuno. Allevano bestiame che macellano per berne il sangue e rivenderne poi la carne in ristoranti di loro proprietà, gestiti da umani fidati. Se ne stanno per conto loro e non vogliono guai, nonostante la consapevolezza di avere sempre il coltello dalla parte del manico. I veri problemi arrivano solo per via dei cacciatori di vampiri, pazzi fondamentalisti incapaci di lasciare sedimentare antichi rancori. In più in soffitta vive il nonno, un bastardo nostalgico della vecchia scuola. Quando prima si ammazzava e poi si parlava.
Gli ingredienti sono pressapoco tutti qui. Donny Cates ci mette del suo e racconta una vicenda tutto sommato semplicissima in maniera dinamica e accattivante, basando tutto lo sviluppo drammatico attorno a un grosso whodunit in chiusura del primo capitolo. Immaginatevi una sorta di violentissimo Una notte da leoni, con in più la possibilità di arrivare tramite flashback fino ai tempi del selvaggio west. e più o meno ci siamo. Le pagine girano che è un piacere, e la percezione generale è quella di un titolo solido e con una sua identità ben precisa. Il pericolo dell’inoffensività generale dei titoli targati Skybound viene schivato alla grande, e il risultato è una serie che almeno non si dimentica una volta chiusa l’ultima pagina.
Rispetto a quanto fatto su The Last Contract, anche il disegnatore Lisandro Estherren fa un salto avanti davvero notevole e il suo tratto – assieme ai magnifici colori del sempre bravo Dee Cunniffe – è uno dei motivi principali del successo di questa serie. Il riferimento principale di tutto il suo lavoro rimane il Jason Latour di Southern Bastards, qui reinterpretato in chiave al contempo più graffiata e cartoonesca. Una scelta forte, e all’inizio forse neanche comprensibile appieno, ma che in realtà funziona alla grande. Ora come ora tutta l’attenzione se la sta prendendo Cates, ma sono certo che si sentirà parlare parecchio anche di Lisandro.
In questo volume, intere sequenze funzionano solo grazie alla sua abilità di disporre in scena gli attori, sempre sospesi tra crudo realismo e un gusto stilizzato che spesso pesca in certe suggestioni sfacciatamente retrò. Senza mai bisogno di strafare o di costruire strane geometrie fini a se stesse, tutto scorre come dovrebbe e senza mai nessuna banalità. Stiamo parlando di un fumetto di vampiri e di burini, quindi vedete voi quanto si poteva sbagliare in tal senso. Alcuni frangenti ambientati nel passato della famiglia dei protagonisti sono poi semplicemente splendidi e ci lasciano la voglia di una storia western al 100% da parte del disegnatore argentino.
Redneck arriva in fumetteria senza troppi squilli di tromba ad annunciarla, ma a conti fatti si tratta di una serie da non sottovalutare. Prima di tutto si tratta di una proprietà intellettuale davvero interessante, dove i tratti di genere puro convivono in maniera splendida con intuizioni intimiste semplici ma per nulla scontate, dando agli autori la possibilità di costruirci sopra una mitologia con le spalle abbastanza larghe per sostenere archi narrativi piuttosto lunghi. In seconda battuta ci presenta due talenti di cui si sentirà parlare parecchio. E il tutto senza dimenticarsi di consegnarci una storia che varrebbe la pena recuperare già di per sé. Senza tante preoccupazioni circa tutto quello che le gira attorno.
Redneck vol. 1 – In fondo al cuore
di Donny Cates e Lisandro Estherren
Traduzione di Stefano Formiconi
saldaPress, aprile 2018
Brossurato, 128 pp a colori
€ 14,90