Lo scorso novembre, alla fine della lettura di Macerie prime, l’incompiutezza della storia mi aveva lasciato con un certo senso di spaesamento. Pur trattandosi di un volume corposo – 192 pagine – il libro metteva in scena soltanto le premesse di quello che sarebbe venuto dopo, con Macerie prime – Sei mesi dopo. Con questo nuovo tomo appena pubblicato le premesse sono sbocciate e sono state portate avanti. Ma il senso di spaesamento mi è rimasto appiccicato addosso.
Macerie prime – Sei mesi dopo, più ancora del precedente, racconta i problemi comuni di una generazione, quella degli ultratrentenni di oggi che devono confrontarsi con le più diverse sfumature della precarietà della vita. Un viaggio tra le incertezze che si manifestano in ambito lavorativo ma che coinvolgono anche i rapporti personali, tra amici o all’interno di coppie. Il senso di inadeguatezza di questa generazione all’interno della realtà di oggi è sottolineato in modo molto deciso, tra le pagine del fumetto. Ma senza riuscire a coinvolgere fino in fondo – convincendo, emozionando, stimolando – e a restituire una interpretazione universale. O almeno vale così per me.
La grande, meta-condizione degli ultra/circa/trentenni, la precarietà, viene descritta in modo troppo matematico: le conseguenze delle azioni (o inazioni) dei personaggi si manifestano con una naturalezza fin troppo banale e rassegnata. Zerocalcare è perfettamente consapevole di non offrire una lettura ‘esaustiva’ da sociologi o psicologi, ma il suo sguardo parziale sembra tagliare fuori molte semplici sfumature che rendono ogni vita diversa da tutte le altre. I personaggi incarnano ruoli troppo idealtipici, insomma, e rischiano di sembrare costruiti solo per incarnare un determinato stereotipo sovrastrutturale.
Tra i personaggi, c’è chi si ritrova nell’inadeguatezza di essere padre senza aver mai smesso di essere figlio, chi è alle prese con il desiderio di una difficile maternità, chi è fermo in una situazione di immobilità che lo porta a non cambiare mai la propria vita, chi ancora arriva addirittura a compiere un gesto estremo. Ma tutte queste situazioni vengono calate dall’alto sui personaggi da un momento all’altro – o meglio, da un libro all’altro –, senza mostrare i meccanismi che hanno portato al nuovo status quo. Senza il pathos del cambiamento, le parole dei personaggi diventano vuote, come quelle di attori che non riescono a interiorizzare la propria parte.
Vittime di una così leggera caratterizzazione, i tanti protagonisti – da Secco a Cinghiale, passando per Sarah, Deprecabile e Giuliacometti – mostrano poche sfaccettature, e il microcosmo dell’autore resta tale, senza riuscire a diventare universale, come accaduto invece in tante sue opere precedenti, brevi o lunghe.
Per quanto Macerie prime (nel suo complesso, considerando sia il primo che il secondo volume) sia a tutti gli effetti un’opera corale, il punto di vista è unico, ed è quello dello stesso Zerocalcare (o meglio, dal suo avatar, che non necessariamente corrisponde al 100% con l’autore). Nelle premesse del primo volume, però, ci trovavamo di fronte a un personaggio realizzato, con un lavoro che gli consente guadagni stabili, una nuova casa e tante attenzioni – e di conseguenza anche richieste di attenzioni.
Il suo conflitto personale – la sua precarietà – nasce proprio dalle interferenze che la vita pubblica e i tanti “accolli” creano in quella privata, soprattutto nei rapporti dell’autore con i suoi amici storici, portando la narrazione su uno dei temi più cari all’autore, il senso di colpa, già descritto in modo efficace in Un polpo alla gola. Inizialmente soffocato, questo sentimento – quasi una pulsione insopprimibile – torna ad esplodere in modo fragoroso davanti all’evidenza della situazione in cui versano gli amici del protagonista (e alla loro generosità nei suoi confronti, nonostanti si siano visti voltare le spalle da lui).
Ma, anche qui, il percorso di caduta e di crescita – presentato metaforicamente attraverso il passaggio di consegne dal classico armadillo coscienzioso a un panda cinico e spietato, per poi tornare al punto di partenza – si presenta in scena con un andamento meccanico: il protagonista sembra subire gli snodi narrativi e adeguarsi a essi, senza avere il tempo di interiorizzarli, quasi come se dietro la sua schiena ci fosse un “interruttore del senso di colpa” che l’autore accende e spegne a seconda delle esigenze narrative del momento.
Le metafore visive scelte, in fondo, sono piuttosto chiare: per quanto i tentennamenti di Zerocalcare davanti al panda siano evidenti, il senso di colpa – visto qui come elemento in grado di garantire un minimo di ragionevolezza e un chiaro senso di umanità al protagonista – riemerge non dopo una lenta elaborazione della situazione, ma solo quando l’armadillo si libera dalla sua prigione e stende il panda. “Back with the Bang”, tutto all’improvviso, come recita il titolo del capitolo in cui è raccontato l’evento.
Nonostante questo, il senso di colpa – e quindi il doverci avere a che fare o meno – diventa il motore che muove tutto. Alla fine della storia la precarietà dei personaggi resiste, ma, ritornando al punto di partenza, Zerocalcare riesce a riconciliarsi con i propri amici. Il generazionale diventa, così, personale, e il cerchio rimane aperto.
A chi legge e osserva Zerocalacare dagli inizi, interessati a seguire l’evoluzione di una “voce” che ha saputo coagulare lettori diversi – generazionali e non, in cerca di umorismo e non – lo sviluppo dell’opera pone insomma una domanda sul suo obiettivo: raccontare davvero l’inadeguatezza di una generazione intera alla realtà attuale, o solo quella dell’autore alla nuova situazione che gli si è creata intorno dopo la popolarità ottenuta?
Macerie prime – Sei mesi dopo
di Zerocalcare
Bao Publishing, maggio 2018
Cartonato, 192 pp in b/n
€ 17,00