La prima volta che ho visto Curveball di Jeremy Sorese – autore di origini berlinesi residente in USA – mi sono ritrovato davanti a un volume incellofanato; era l’edizione originale e devo aver pensato al fatto che fosse un bel tomo voluminoso rispetto alle produzioni Nobrow che spesso si presentano come agili oggettini di design da libreria. Qui, invece, la cover riportava un’illustrazione leggermente caotica, che mostrava un momento di tumulto, e il design suggeriva un libro di fantascienza ma dallo spiccato gusto retro (una delle tante possibili declinazioni di retro-futurismo).
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Quando poi qualche mese dopo l’ho aperto, e letto, le contraddizioni sono proseguite. Ma ce ne sono di piacevoli, di contraddizioni. Da certe produzioni della casa londinese ti aspetti ormai un disegno quasi freddo e compiaciuto, in linea con lo standard estetico che porta avanti da anni. Invece qui Jeremy Sorese mette in fila oltre 400 pagine di disegni a matita, con chiaro scuri e linee anche un po’ sporche, seppur sempre molto fluide. Eppure il suo background è quello dell’animazione. Sorese infatti lavora alla serie Steven Universe, ed è autore di vari episodi dell’adattamento a fumetti. In Curveball sembra cercare una valvola di sfogo dall’immaginario cartoon a cui è abituato, sia in termini grafici che tematici.
Il lavoro a matita di questo corposo tomo è morbido e delicato e debitore all’approccio cartoon per la voluminosa plasticità delle forme. Soprattutto quelle umane, sempre in rilievo nelle sue inquadrature ravvicinate che ne deformano giocosamente i volti e ne accentuano i tratti (i nasi come grosse patate!). Il segno è di una fluidità che ricorda il lavoro della canadese Jillian Tamaki (nota soprattutto per E la chiamano estate, in Italia sempre per Bao Publishing). È curiosa la scelta di Sorese di rappresentare il futuro lontano di una fantascienza quasi Asimoviana – sociologica e non in tutto e non necessariamente distopica – con un bianco e nero sfumato e con un segno a matita non trattato al digitale.
Di fatto le vicende che racconta si nutrono di contraddizioni e puntano a disinnescare certezze. Il contesto che descrive Sorese appare, quanto possibile, come uno scenario idealizzato, tutto il contrario di un futuro distopico, teatro prediletto per la fantascienza. Curveball, più che un racconto di genere, nella maggior parte delle sue vicende si interessa della narrazione del quotidiano, finanche del racconto romantico.
Sorese affronta la tematica del genere (sessuale) senza cadere in stereotipi da moderna lotta sociale. Per questo utilizza il contesto fantascientifico come espediente e si diverte a usarne il potenziale per introdurvi elementi positivi, anziché premonizioni di rovina. È un mondo alla Pronipoti o alla Futurama, se vogliamo, dove lo sguardo narratore si posa su situazioni ordinarie e intime del quotidiano di un cameriere, Avery.
Per buona parte del racconto non è ben chiaro se il protagonista sia maschio o femmina, e questo è più evidente nella versione originale, poiché in inglese è più facile “giocare” con i pronomi. Il futuro, per Sorese, è un posto dove, al di là di tutte le comodità tecnologiche, la vera chimera è poter vivere senza alcuna differenza e discriminazione. Tanto che la tecnologia può controllare tutto, in modo quasi pericoloso e minaccioso, mentre intanto l’ombra di una guerra si staglia sull’umanità. Eppure, sono i sentimenti a restare la variabile più inafferrabile, fluidi e sfumati, come i disegni di Sorese.
La lunga lettura di Curveball lascia tutto il tempo per appassionarsi alla turbolenta vita sentimentale di Avery. Non dà altrettanto spazio alla possibilità di comprendere con completezza il mondo in cui ci muoviamo. Non è sempre obiettivo di Sorese mettere in chiaro proprio ogni dettaglio del mondo che ha ideato.
Dare per scontati elementi minimali di un quadro complesso può far parte di stereotipo sci-fi, ma il disegno non sempre dedito al particolare e la costruzione delle tavole spesso ardita non aiutano in ogni passaggio. Non era missione semplice quella di fare fantascienza sentimentale, e l’esperienza di Sorese, seppur non centrata a pieno, è un esperimento che mette bene d’accordo una scrittura istintiva con le necessità razionali del genere.
Curveball
di Jeremy Sorese
Traduzione di Andrea Petronio
Bao Publishing, febbraio 2018
Brossurato, 424 pp a colori
€ 25,00