Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo entrati nello studio del fumettista e illustratore Ernesto Carbonetti, autore assieme a Paolo Baron di Punk Is Undead (80144 Edizioni) e Lazzaro, il primo zombie, in libreria a fine aprile 2018 e in anteprima a Napoli Comicon per Magic Press.
Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?
Mi sto riposando dalle fatiche di Lazzaro, per Magic Press Edizioni, e, nel frattempo sto realizzando due tavole inedite per il Corriere della Sera, sempre relative a Lazzaro, il primo zombie. A breve nuovi progetti: abbiamo tante cose da raccontare insieme a Paolo Baron. Personalmente, invece, sto cercando di capirci qualcosa nel mondo dell’animazione, per delle fiabe.
Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?
Generalmente uso una bic per gli schizzi, poi ingrandisco tramite scanner e stampante i disegni che realizzo in piccolo. Quindi passo ad una matita definita vera e propria che può essere una H o una 2H, a seconda della definizione che mi serve, con cui realizzo anche le sfumature. Le campiture nere sono fatte con un semplice Tratto Marker, o addirittura al computer se non ho tempo per stendere il colore. Infine la colorazione vera e propria che avviene a tinte piatte con i soliti programmi, tra cui soprattutto Photoshop. Ultimamente, per Lazzaro, ho rivoluzionato tutto e mi sono dato ai pennarelli colorati per definire il disegno.
C’è qualche abitudine che ami predisporre prima di metterti a disegnare?
Adoro la preproduzione, come se stessi facendo un film, cosa che mi porta a realizzare anche elementi 3D, comodi soprattutto per gli edifici o i paesaggi, oppure mi piace concentrarmi sullo studio dei personaggi come in uno studio di casting, cioè capire chi può essere l'”attore” giusto, con la faccia giusta per i ruoli vari.
Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?
Una volta sì, perché cercavo di studiare sempre, per capire come gli altri disegnatori realizzassero certe cose, dalle pieghe dei vestiti alle anatomie, mentre ora cerco sempre la mia strada, che a volte può essere molto, ma molto buia, ma è la mia.
Nel tuo studio hai un oggetto particolare a cui tieni?
Il Big Jim “cambia volto, cambia avventura”: negli anni Novanta studiavo per ore il disegno e non poche volte ho capito delle cose grazie al bambolotto mitico, anche se era ridotto nei movimenti a causa del meccanismo per cambiare le “maschere” e per conformazione, ma si rivelò utilissimo. Non ho mai avuto il coraggio di darlo via, anche perché è con me fin dall’infanzia. Solo dopo anni ho capito che sarebbe stato molto meglio usare un semplice manichino in legno per artisti.