Tra fine anni Ottanta e inizio anni Novanta, anche il Punitore ebbe la sua svolta all-action, in linea con le tendenze dei comics americani dell’epoca. Non a caso, le sue due serie di quegli anni furono disegnate da due nomi che di lì a poco sarebbero diventati delle vere superstar del fumetto, trasformando gli X-Men nel brand più hot del momento: Whilce Portacio (disegnatore di The Punisher, la serie ammiraglia) e soprattutto Jim Lee (su Punisher War Journal).
Proprio quest’ultimo, in uno dei suoi primi lavori professionali dopo Alpha Flight, inaugurò la seconda serie regolare del Punitore, sceneggiata dall’editor Carl Potts, che si distingueva dalla principale per la narrazione in prima persona del personaggio tramite gli appunti trascritti su un diario (di guerra). A rileggerla a 30 anni di distanza, però, Punisher War Journal è una serie che risulta invecchiata davvero male.
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Il Punitore che troviamo in queste pagine non è quello folle e inesperto delle prime apparizioni, né quello lucido e spietato delle storie più emblematiche di Chuck Dixon o Garth Ennis, ma una via di mezzo annacquata adatta al target della serie, più giovanile e più interessato all’intrattenimento che a riflessioni psicologiche o sociologiche sulla natura ambigua del vigilantismo. In queste storie, le uccisioni da parte del protagonista sono rare, e i nemici alla fine sopravvivono praticamente tutti (anche perché molto spesso il Punitore si trova ad affrontare supereroi come Wolverine e la Vedova Nera).
L’ammorbidimento della figura del Punitore si nota soprattutto nelle prime pagine, in cui viene proposto un contrasto con quella più pura e idealista di Daredevil. Un accostamento classico e molto aspro, quello tra i due personaggi (pensiamo per esempio ai confronti raccontati da Frank Miller e Ann Nocenti), da sempre giocato sulle differenze di vedute in particolare per quanto riguarda l’eticità nel farsi giustizia da soli e la necessità o meno di uccidere altri esseri umani. Qui, invece, il confronto fra i due non funziona, proprio perché il solco che li separa non sembra essere poi così netto, e il tutto viene risolto come se si trattasse di un semplice bisticcio tra amici su chi deve provarci per primo con la bella ragazza di turno.
Il problema principale della serie deriva però dalla sua caratteristica di base: il troppo testo – necessario a portare avanti una narrazione in prima persona – mal si sposa con le trame avventurose e lo stile già molto dinamico di Lee, tanto che in alcune storie era proprio Potts a realizzare i layout in prima persona (poi rifiniti dal disegnatore). A rileggerle oggi, con il loro forte contrasto fra testi e disegni e la loro mancanza di ritmo, le storie offrono così un profondo senso di inadeguatezza.
La doppia storia con co-protagonista Wolverine, quella probabilmente più famosa del lotto, mette in luce più di tutte le altre questo problema. Per la quasi totalità delle pagine in pratica ci si annoia con inutili elucubrazioni del Punitore inserite in didascalie che ricoprono quasi del tutto le numerose (e minuscole) vignette, mentre il clou della storia si disperde tra le poche tavole restanti. Come se, dopo aver sceneggiato pagine e pagine di fitti dialoghi, Potts si fosse reso conto di dover inserire necessariamente una scena d’azione per ravvivare la storia, pur avendo poco spazio a disposizione.
In secondo luogo, una serie del genere funziona solo in un caso: se lo sceneggiatore è dotato di una buona prosa. Ma questo non è il caso di Potts, autore eccessivamente verboso e ridondante. Molto più efficaci dopo di lui sarebbero stati Mike Baron e Chuck Dixon, dotati – soprattutto il secondo – di uno stile di scrittura più aforistico e asciutto, adatto a un personaggio come il Punitore e alla sua tipologia di storie. I limiti di Potts si notano anche nella struttura ripetitiva delle storie, nelle quali il Punitore viene prima ridotto in fin di vita dall’avversario di turno, poi si riprende e raggiunge la vittoria, con una retorica da vero eroe americano alla lunga stucchevole.
All fine, dunque, l’unico valido motivo per rileggere oggi queste storie è per apprezzare l’evoluzione di Jim Lee, che nel giro di pochi mesi sembrò prendere sempre di più la mano al fumetto supereroico, superando con facilità la legnosità delle prime tavole per trovare piena dinamicità e uno stile personale che in pochi anni sarebbe esploso del tutto e si sarebbe imposto come quello più imitato degli anni Novanta.
Punisher Collection – Diario di guerra: Occhio per occhio
di Carl Potts e Jim Lee
Traduzione di Claudia Baglini
Panini Comics, marzo 2018
Cartonato, 264 pp a colori
€ 25,00