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“Zeno Porno”, la surreale desolazione di Paolo Bacileri

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“Zeno Porno non sono io, ma sono anche io.”
Paolo Bacilieri

Lo scrittore traccia segni sulla pagina, un enorme autoritratto, ma spesso l’invenzione letteraria sgrana e deforma: per pudore o per super-fetazione l’alter ego è sempre un altro probabile – ideale o virtuale –, una piega della megalomania o uno strumento utile tutt’al più a raccontar(si) il mondo. Così, il fumettista sovente disegna se stesso in ogni volto (e forse in ogni scorcio o paesaggio): l’altro non è che l’ennesima variazione, così ogni storia – dalla cronaca all’autobiografia romanzata – è lo stesso racconto. Alcuni, quasi in maniera parossistica, ripetono lo stesso tema con pervicacia, disseminano indizzi, ritratti, tracce.

Paolo Bacilieri, classe 1965, è l’autore poliedrico a cui dobbiamo uno dei capolavori del fumetto italiano, finalmente restituito da Coconino Press al pubblico in un volume unico. A distanza di una decina d’anni dalla loro prima edizione, Zeno Porno (Kappa Edizioni, 2005) e La magnifica desolazione (Kappa Edizioni, 2007) trovano così una definitiva collocazione. Il volume si presenta “doppio” già dalla copertina, rispettando idealmente l’identità delle due opere.

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Prima di cimentarsi nella creazione della maschera tragicomica di Zeno Porno, Bacilieri è stato un nomade. Ha seguito le orme del maestro e mentore Milo Manara, a cui è unito da un rapporto dal sapore antico, e ha pubblicato le sue prime opere sulla rivista francese (À Suivre) e sull’antologica Comic Art. Ha frequentato l’avventura e l’erotico, mostrandosi in parte già padrone del linguaggio di genere, ma Barokko è la prima prova di completa autorialità: tecnicamente audace con un segno carico ed eccessivo. Bacilieri così reinterpreta il noir all’italiana attraverso una regia non solo innovativa e inedita, facendosi così erede tanto della lezione del miglior Manara quanto di Andrea Pazienza ma rendendo tutto più saturo, violento, barocco per l’appunto. Una prova di rara forza e intelligenza che alla fine degli anni Ottanta lo consacra come autore unico, con un ciclo di imperdibili storie come Otello 91, Tragikomixage o Conad.

Lo stile di Bacilieri in questo periodo ha come fine l’eccesso: lo si intuisce dalle prime pagine di Zeno Porno, dove Robert Crumb dialoga con Benito Jacovitti in una miriade di rimandi (è lo stesso Paolo a parlarcene nel volume celebrativo dedicato al maestro, intitolato Il teatrino perpetuo e pubblicato da Coconino Press nel 2017). Un iperrealismo in cui l’horror vacui diventa angoscia dell’influenza ed enumerazione infinita. Paul Morley scriveva che «la lista è un codice per tutto ciò che siamo; la lista è un diagramma dell’eternità, a volte estremamente superficiale e incompleto, altre volte incredibilmente profondo e completo» (in Metapop. Storia del pop dal big bang a Kylie Minogue).

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Dal porno all’italiana delle riviste e dei fumetti da edicola al fumetto erotico d’autore, passando per i paperi disneyani, sino alla fantascienza di Philip K. Dick, Bacilieri sin da subito crea una biografia intellettuale sotto la falsa categoria del racconto d’avventura umoristico, in cui è facile scorgere riferimenti più o meno velati alla storia del fumetto (e non solo). Così l’epopea di Jack Kirby duetta con la voluttua di Georges Pichard, come l’esuberanza visiva di Moebius (via Pazienza) viene magnificata nelle vedute à la Giovanni Battista Piranesi. Alla stessa maniera del paesaggista ed incisore veneto, il nostro Bacilieri sembra ritrarre il vero, ma in realtà lo trasfigura di una patina surreale che assumerà toni post-apocalittici paradossali in una confusione tutta iper-modernista.

Soffermarsi su quanto succede è superfluo. La trama non è importante (per quanto segua traiettore eccentriche, rizomiche, continuamente centrifughe, vere e proprie fughe narrative che ricordano per certi versi l’epopea di Giuseppe Bergman), ma lo è come tutto si presenta, o meglio come Bacilieri lo mette in scena. Il perdigiorno cupo e dissoluto che si aggira per Milano con il volto di Harvey Keitel – preso in frégola – si trasfigura, diventando sempre più simile al suo autore e assecondando un po’ anche il mutamento di un segno che porta su di sé lo scontro con la realtà. Non è un caso che il tratto di Bacilieri si asciughi notevolmente nel corso di queste pagine e assuma un tono più leggero, cartoonesco e fumettistico non perdendo però in frenesia e inventiva.

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Tra il primo Zeno e il secondo, l’incontro/scontro con Bonelli porta l’autore veneto a ridefinirsi. Racconta Bacilieri che la prima storia di Napoleone (per la cronaca il numero 9, intitolato La lucertola e il serpente, del gennaio 1999) sia stata uno shock. Dopo aver passato mesi a disegnarla con il suo stile barokko, la stampa e la carta di Bonelli hanno reso il suo tratto meticoloso una poltiglia scura. Di là in poi, Bacilieri rende il suo tratto un’avventura, un work in progress che di volta in volta – assecondando il suo estro – oscilla tra l’iperrealismo al grottesco, ma lasciando al centro la fantasia, il gioco, la sorpresa.

Durante l’intero volume le cose, infatti, non smettono di parlare. I fumetti di Bacilieri sono rumorosi, dove il brusio di fondo non scompare mai, è tutto un ribollire di micro-eventi, di sottotrame, di elementi di disturbo che frastornano il lettore – volutamente – e lo costringono a uno strabismo creativo che cerca di contenere quello che avviene nelle tavole: è un continuo sussulto, un vorticare di direzioni e vettori di lettura, di invenzioni grafiche e narrative, di poesia dell’assurdo. Con un approccio simile a quello di Brandom Graham, Bacilieri restituisce voce alle cose: dalle onomatopee alle didascalie, gli oggetti denunciano la propria presenza al mondo, diventano parte integrante del mondo, non più semplice sfondo, ma intenzionalità che interagisce con il lettore.

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In questo Bacilieri sembra quasi recuperare un impianto medievale, dando ai balloon il ruolo che i filatteri avevano nelle rappresentazioni medievali, ma muovendosi in realtà in un contesto dove il diagramma diventa la matrice di comprensione del reale, anticipando così quell’interesse per l’orizzonte verticale del cruciverba. Il tono surreale non scampare nella seconda parte del volume, sebbene i personaggi principali – tra cui Zeno ormai padre – siano sacche di resistenza a quello che avviene tutt’intorno: un’ancora per il lettore, insieme al mondo familiare e riconoscibilissimo in cui si muovono, con una Milano ritratta nella sua architettura brutalista.

Bacilieri interseca come tessere di un’enorme puzzle elementi complementari come l’architettura, la letteratura – le lunghe citazioni dei romanzi che diverrano centrali in un’opera come Sweet Salgari –, l’arte, i rompicapi logici in un turbinio narrativo in cui l’oggetto libro sembra acquistare vita propria: un approccio ludico, in cui il mondo di Zeno Porno diviene, al contempo, familiare e straniero, prosaico e surreale, accogliente e nauseante. Pezzi di mondo vengono immersi in un contesto mutante, liquido, onirico. Un enorme affresco emotivo in cui la biografia diviene una scusa per una fuga creativa incensante, un gioco infinito, un bric-à-brac lisergico.

Zeno Porno e la magnifica desolazione
di Paolo Bacilieri
Coconino Press, 2017
178 pp in b/n
€ 22,00

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