Forse non conoscete il suo nome, ma sicuramente avete visto i suoi disegni. Franco Brambilla è uno dei principali illustratori italiani per la fantascienza, una vera leggenda con centinaia di copertine al suo attivo. Lavora infatti da molto tempo nel settore: il suo ciclo con Urania ha raggiunto ormai una lunghezza tale da poterlo paragonare a quello di Karel Thole.
Senza contare che il suo stile unico, costruito lavorando con software per la creazione di immagini digitali sintetiche, è iper-realistico e facilmente riconoscibile. Ma non fatevi cogliere dal pensiero che non sappia disegnare a mano libera: come diceva Salvador Dalí, ci sono voluti anni per imparare a disegnare e ancora di più per disimparare, trovando uno stile zen completamente diverso e unico nel suo genere.
Ho incontrato Brambilla virtualmente a Milano, tramite uno scambio di mail. Da parte mia c’era il desiderio di parlare di nuovo con una “vecchia conoscenza”, ma anche cominciare un discorso più strutturato sulle colonne di Fumettologica relativo alla fantascienza e alle sue varie declinazioni: illustrazioni, curatela di collana, rapporto tra letteratura e fumetto.
Prima di parlare dell’illustrazione per la fantascienza, vorrei innanzitutto che ti presentassi: chi sei e come sei arrivato all’illustrazione?
Ho cinquantun anni, vivo a Milano. Ho sempre amato la fantascienza, sono cresciuto negli anni Settanta e Ottanta, anni d’oro per la fantascienza cinematografica e televisiva. Dopo il liceo scientifico ho frequentato l’Istituto europeo di design: dipartimento di Illustrazione. Erano gli inizi degli anni Novanta e stava nascendo la “società dell’immagine”, c’era molto lavoro nel campo della grafica, della pubblicità e dell’editoria. Erano gli albori del digitale che si stava diffondendo negli studi, nelle case editrici e nelle agenzie pubblicitarie.
Ho cominciato lavorando per l’editoria scolastica, quella per l’infanzia e ho portato avanti il sogno di illustrare le copertine di fantascienza. Tutti cercavano artisti che sapessero usare i nuovi computer quindi imparai e lavorai da subito in digitale. Ho collaborato con l’inserto economico del Corriere della Sera facendo illustrazioni e infografica, con le edizioni Shake realizzando le prime cover fantascientifiche per Decoder e alcuni romanzi cyberpunk.
Poi conobbi Giacomo Spazio artista, e (tra le tante cose) art director esterno di Mondadori. Insieme ad altri illustratori e grafici fondammo l’Airstudio e cominciammo a lavorare con Mondadori, D Donna, Smemoranda e tanti altri clienti per più di dieci anni.
Fantascienza: come mai questo settore dell’illustrazione? La conoscevi prima di cominciare a disegnarla?
Sì, mi è sempre piaciuta, la fantascienza l’ho sempre letta, era un mio sogno disegnare le copertine di libri fantascientifici. Comunque, mi è capitato di fare copertine anche per altri generi: gialli, horror e qualche fantasy, ed è sempre stato molto appassionante.
Quali sono i tuoi gusti e le tue passioni come lettore tra gli autori di fantascienza? C’è qualcosa che ti ha colpito in particolare?
Dei classici adoro Clarke, Dick, Asimov, Vance e Vonnegut. Dei contemporanei Robert J. Sawyer, Paul Di Filippo, John Scalzi, Bruce Sterling, William Gibson, Allen Steele, Ian Watson, Mike Resnik, Dario Tonani, Giovanni Dematteo, Alessandro Forlani, Kremo, Maico Morellini e molti altri.
Il tuo lavoro con Urania: com’è nata questa collaborazione?
Ho fatto le prime cover come freelance alla fine degli anni Novanta, poi Airstudio nel 2000 prese in carico tutta l’edicola mondadoriana (Urania, Gialli, Segretissimo e romanzi d’amore) e così insieme a molti altri colleghi mi occupai di illustrare le decine di copertine che le varie collane richiedevano ogni mese.
È stato un periodo meraviglioso di passione e sperimentazione in cui ho avuto l’onore di conoscere e lavorare con altri grandi illustratori e fumettisti: tra cui Paolo Barbieri, Pierluigi Longo, Massimo Basili, Festino e Togliani.
Come nascono le copertine di un numero di Urania? C’è una scheda o un brief, oppure fate un brainstorming con la redazione di Urania? Proponi più bozzetti? Puoi riutilizzare i disegni dopo la pubblicazione?
Circa un paio di mesi prima dell’uscita in edicola ricevo i brief dal curatore che mi suggerisce anche qualche situazione descritta nel libro che potrebbe funzionare come copertina. Un breve riassunto, qualche scambio di email a cui solitamente aggiungo una ricerca in rete per approfondire gli argomenti trattati e per vedere come e se esistono edizioni precedenti; poi, comincio a creare un paio di possibili copertine e dopo una decina di giorni le propongo alla redazione, all’editor e ai grafici. La proprietà dei disegni resta sempre all’autore, cioè mia, che ne cede solo i diritti di utilizzo con varie modalità: tempo, esclusività, tipo di utilizzo.
L’autore può quindi cedere i diritti a nuovi soggetti stando attento a non interferire (se non altro per correttezza) con gli interessi di chi ha già acquistato l’immagine e può sempre utilizzarli per l’auto promozione.
Il tuo stile per Urania è molto particolare: utilizza il software, anzi più software. Quali programmi adoperi e con quali tecniche utilizzi per realizzare le tue illustrazioni?
Uso molto Photoshop ma anche alcuni programmi 3D: Poser, Cinema 4D e Bryce Pro. Modello gli oggetti con Cinema, le figure umanoidi con Poser, assemblo tutto in Bryce Pro… aggiungo texture, fondi e colori con Photoshop.
In rete ho visto immagini molto gustose: vecchie cartoline italiane alle quali hai aggiunto robot, dischi volanti e altro. Di che si tratta? È un progetto?
Sì, è un mio progetto artistico che unisce la passione per le cartoline vintage e la fantascienza. Si chiama “Invading The Vintage” (qui una serie di illustrazioni) ed è cominciato nel 2007. Sta ancora andando avanti ed è stato molto amato dai nerd come me e non solo. Fondamentalmente sono alieni, robot e astronavi ma anche personaggi di film e telefilm di fantascienza che invadono le cartoline dei nonni, creando scenette surreali e buffe.
Cosa vuol dire illustrare la fantascienza in Italia oggi? Quali sono le sfide, gli immaginari su cui lavorare rispetto anche al gusto e aile sfide che sono state affrontate dagli illustratori che ti hanno preceduto (Thole e gli altri)?
Penso che le sfide siano le stesse, bisogna catturare l’attenzione dei possibili lettori. Generare curiosità verso il testo, il libro. Cambiano le tecniche ma l’importante è l’idea, la costruzione dell’immagine che deve attrarre senza svelare troppo.
Quali illustratori e quali immagini ti hanno più influenzato? E quali sono le tue illustrazioni delle quali sei più orgoglioso?
Solitamente tendo a non pensare più alle immagini una volta consegnate… l’eccitazione è per quelle che devono arrivare con i nuovi brief… ma restando alle cover di Urania sono molto orgoglioso della cover che ho fatto per La doppia faccia degli ufo, romanzo di Ian Watson che è si è aggiudicata il Bronze Illustration Award per l’editoria, premio istituito dall’Associazione Autori di Immagini e messo in palio tra i partecipanti all’Annual.
Invece, gli artisti che mi hanno influenzato sono molti; mi piace citare sempre il Maestro Karel Thole, ma anche Syd Mead e Ralph McQuarrie, dei veri miti.
Hai voglia di tornare a disegnare a mano libera oppure pensi che il computer rimarrà per sempre lo strumento con il quale lavorare, anche in futuro?
Non ho mai smesso di disegnare a mano libera. Grazie alla frequentazione di fiere e convention del settore, che gentilmente mi hanno offerto degli spazi in cui esporre, negli ultimi anni ho cominciato a fare bozzetti e schizzi a matita e pennarello piuttosto apprezzati dai collezionisti.
Per l’amico e scrittore Dario Tonani, creatore della saga di Mondo9, ho illustrato un vero e proprio art book dove si tenta di mostrare una parte delle macchine e degli scenari che i lettori troveranno nei suoi romanzi.