Baron Bean, pubblicata dal 5 gennaio 1916 al 22 gennaio 1919, è la più importante striscia realizzata da George Herriman fatta eccezione per il suo capolavoro Krazy Kat (1913-1944). Da un lato si tratta di una gag strip dal gusto tipicamente anni Dieci, una commedia sociale che racconta le disavventure di un aristocratico – non sappiamo se decaduto o impostore – e del suo servitore Grimes, costantemente in lotta per difendere (e promuovere) il proprio lignaggio cavandosela con i pochi spiccioli a disposizione. Dall’altro è in questa striscia che Herriman inizia a spingere l’acceleratore sul fronte dell’assurdo e del surreale, in una sorta di laboratorio che troverà in Krazy Kat il suo più compiuto terreno espressivo.
Il “Barone” Bean (nel cui nome echeggia l’epiteto barren bean, ‘testa vuota’) è innanzitutto un gentiluomo tanto furbo quanto spiantato, perennemente sull’orlo della rovina, sempre pronto a darsi un tono e a scroccare pasti che le sue magre sostanze non gli permetterebbero di consumare. Una figura non nuova, a cavallo tra Diciannovesimo e Ventesimo secolo. Negli Stati Uniti di quegli anni, l’aristocratico wannabe era infatti uno stereotipo comico diffuso, specchio di una realtà in cui l’ossessiva ricerca e ostentazione di nobili origini europee – soprattutto negli stati del Sud, come raccontò satiricamente Mark Twain in Le avventure di Huckleberry Finn – permetteva ad alcuni di ricostruirsi una vita facendo tabula rasa del proprio passato e di rafforzare, anche tramite l’invenzione di false genealogie, la propria posizione sociale in un contesto segnato dal disordinato sovrapporsi di ondate migratorie.
Nell’epoca del caos etnico, il gioco delle apparenze poteva essere decisivo, come lo stesso Herriman ben sapeva: nato a New Orleans nel 1880 da genitori creoli (di pelle chiara), si trasferì nel 1890 a Los Angeles, dove la famiglia fu registrata come di origine francese. Afro-americano per i suoi famigliari e francese per l’anagrafe, George sarà più avanti da molti colleghi soprannominato “il Greco”. Forse anche per questo, al centro della sua carriera di umorista Herriman mise proprio il tema dell’identità: qualcosa di difficile da determinare, persino ingannevole o talvolta fluido, come sarà il sesso di Krazy Kat, mai esplicitato in oltre trent’anni di strisce.
La commedia sociale di Baron Bean affonda perciò le sue radici in un preciso contesto culturale, in cui il personaggio porta con sé tratti profondamente dickensiani, sospeso tra un Wilkins Micawber (eterno spiantato e ostinato ottimista in David Copperfield, sempre in attesa di svoltare) e un Montague Tigg (il furfante di Martin Chuzzlewit). Ma tra gli ingredienti che ne ispirano la personalità – come osservò nel 1922 Gilbert Seldes, il critico che per primo contribuì al riconoscimento del genio di Herriman – c’è certamente anche Charlot. Il vagabondo interpretato da Charlie Chaplin aveva debuttato nel 1914, e Bean gli somiglia nell’aspetto pur essendone una specie di doppio inverso, che alla generosità preferisce l’indolenza e l’opportunismo.
Il modello più diretto della striscia, tuttavia, è una creazione precedente dello stesso Herriman. Si tratta di Baron Mooch, una strip che l’autore pubblicò nel 1909 – ispirata a sua volta alla fortunatissima striscia Mutt & Jeff di Bud Fisher – il cui protagonista era un autoproclamato barone sempre a caccia di pasti gratis. Accanto a Mooch dobbiamo inoltre collocare Gooseberry Sprig (fine 1909), striscia dedicata a un’anatra aristocratica e fumatrice di sigari, già apparsa in precedenza in alcune vignette di tema sportivo e nella stessa Baron Mooch. Gooseberry è particolarmente memorabile tra i precursori di Krazy Kat, poiché molti dei suoi personaggi riappariranno come comprimari proprio nella celebre striscia con Krazy e Ignatz.
A differenza dei tanti falsi nobili nell’America del primo Novecento, il Barone è però soprattutto un sognatore, un illuso che insegue donchisciottescamente i propri sogni di riscatto sociale. Il clima della serie, in questo senso, differisce dalle tante serie di ambientazione domestica create da Herriman – come Alexander the Cat (1909-1910) e The Dingbat Family (1910-1916) o le successive Stumble Inn (1922-1925) e Us Husbands (1926) – proprio sviluppando le inclinazioni dello spirito fantasista del Barone. Rispetto a Baron Mooch, infatti, il cast dei personaggi è qui molto più ricco e vario, e include numerosi animali e situazioni assurde.
Come ha notato lo storico e fumettologo Jared Gardner, nell’agosto 1916 un episodio di Baron Bean segnalò una profonda svolta creativa. Da pochi mesi l’altra creazione “parallela” di Herriman, ovvero Krazy Kat – che aveva debuttato nel 1913 come striscia autonoma, dedicata alle scaramucce in chiave slapstick tra un gatto e un topo – aveva ottenuto una importante promozione: il suo editore, il magnate William Randolph Hearst, gli aveva assegnato una intera pagina domenicale. Per Herriman era una grande opportunità, e iniziò a far evolvere il cast dei personaggi, recuperando comprimari da altre serie e alimentando uno scenario più complesso, in toni da vaudeville, caratterizzato da un crescente clima nonsense che attraversava l’immaginaria contea di Coconino.
Nella striscia del 12 agosto 1916, al termine di un viaggio durato alcune settimane – una piccola saga modellata su un analogo viaggio di Mutt e Jeff – Bean e Grimes concludono la vacanza ritornando “a casa”, ovvero… alla sezione fumetti del giornale! Un ingrediente «surreale e metafinzionale», ha sottolineato Gardner, che sarebbe stato impensabile lontano dalla direzione sfrenatamente immaginifica che Herriman aveva ormai intrapreso nelle domenicali di Krazy Kat, e che si ritrovò così ad influenzare anche Baron Bean, trasformandone il clima da family strip in qualcosa di molto vicino al senso dell’assurdo che popolava le avventure del celebre gatto.
Nei due anni e mezzo di vita editoriale che rimasero, Herriman farà dunque della striscia una vera e propria sponda – nelle ambientazioni, nei personaggi e nello stesso stile grafico, sempre più schizzato e sintetico – di Krazy Kat. Meno longeva di The Dingbat Family e meno elaborata graficamente di Stumble Inn, l’importanza di Baron Bean si rivela così un crocevia fondamentale nel percorso del suo creatore. Tra mondo urbano e domestico, e mondo metafisico e nonsense, Baron Bean è stata un’opera di profonda transizione, quella da un grande autore comico al grande poeta del fumetto che fu George Herriman.
*Questo articolo è l’introduzione al volume Baron Bean, edito da Castelvecchi nel gennaio 2018, che traduce per la prima volta in italiano la striscia di George Herriman.