Gli esordi di Nine Antico risalgono al decennio scorso, quando con la sua autobiografia Il gusto del paradiso rientrò nella rosa dei finalisti per il premio Révélations, che lo stesso anno andò all’allora enfant prodige Bastien Vivès. Mentre quest’ultimo approdò in Italia ben presto grazie alla defunta Black Velvet e consolidando la sua presenza nel mercato italiano, grazie anche ad una serie di ristampe delle opera giovanili, la Antico ha difficoltato a trovare una sua collocazione. Infatti, la pubblicazione del memoir con cui ha esordito oltralpe ha visto la luce solo nel 2015 per di Coconino Press/Fandango.
Coney Island Baby è il secondo libro prodotto da Antico e arrivo cronologicamente in Italia dopo il primo, a sette anni di distanza dall’edizione francofona, grazie a 001 edizioni. Questo ritardo si riflette sulla percezione che il lettore italiano avrà del lavoro della Antico, che nonostante le indubbie capacità narrative, al tempo era ancora alle prese con una definizione stilistica, sebbene in nuce vi siano tutti quegli elementi che caratterizzeranno le opere più recenti.
La seconda prova di Antico è una forte conferma delle qualità autoriali messe in mostra nell’opera prima: se là la materia era intima e vicina a chi scriveva condizionando una certa familiarità a giocare con la stessa, qua Antico è alla prese con un doppia biografia che viene utilizzata per creare una complessa trama di rimandi, assonanze e divergenze, giocando con i piani temporali. Quello di Antico è un lavoro di intarsio, condotto su una previa documentazione e su un evidente sincero interesse per la vita di due figure iconiche della femminilità del XX secolo: due icone potentemente e sfacciatamente pop, due teste di ariete che hanno sfondato un mondo, squadernando dinanzi agli occhi della puritana America una sessualità altra, sfrenata, spettacolare, trasversale.
Parliamo nello specifico di Bettie Page e Linda Lovelace. La prima, nata agli inizi degli anni Venti a Nashville, conobbe il periodo di massimo successo durante gli anni 50 diventando una delle prime e più conosciute pin-up americane e fondando di fatto l’interesse per la cultura fetish, grazie ad una serie di esuberanti foto che la consegnarono alla memoria collettiva, rendendola icona di stile. La seconda, nata dei tardi Quaranta, deve la sua notorietà alla pellicola Gola Profonda del 1972, in cui si dava sfoggio della sua maestria nella fellatio e, di fatto, portando ad un pubblico mainstream il mondo della pornografia hardcore.
Nel tracciare le biografie di queste due donne, Antico mischia le carte in tavola, confondendo il lettore e mostrando come in entrambe le loro storie non vi sia né una netta vittoria né una netta sconfitta, dove il coraggio e la miseria si intrecciano. Per dare un ritmo costante alle vicende, l’autrice inventa una cornice narrativa, in cui due ragazzine di ingenue pretese si recano dal magnate dell’erotismo all’americana, Hugh Hefner, cercando di far breccia nel mondo del soft-porno. Hefner accoglie le due vispe starlette e come un novello Virgilio le conduce all’interno di un percorso di consapevolezza e crescita, toccando con mano le vicende cardine della vita delle ragazze di Coney Island.
Lo stile di Antico, al limite del documentaristico, tocca con rigore e precisione la materia biografica, restituendo un’atmosfera quasi asettica che svuota di ogni pruriginoso erotismo tanti i corpi mostrati quanto le pratiche: le pagine in cui vengono mostrati fellatio, fisting ed atti sessuali vari non creano alcun sentimento erotico, sono mostrare nella loro bruta presenza con una naturalezza disarmante, grazie ad un tratto tremolante che allude tanto alla tradizione underground americana, quanto a quella europea. Sembra quasi di osservare un Guido Crepax esausto e distratto, privato di tutta la carica sensuale, così come un George Pichard desaturato, privo di qualsiasi orpello e tensione psichedelica.
Le tavole di Antico hanno qualcosa di austero e primordiale, quasi come fossero immagini apologetiche: un’apologia virata al nero, dove la redenzione non allude a nessuna rinascita, ma ad una caduta, dove la fede di Bettie Page collide con la solitudine e il fanatismo della colpa, dove l’attivismo della Lovelace nasconde una miseria esistenziale, dove alla base di tutto vi è la sconfitta della voluttosa carne dinanzi al tempo.
Non vi è alcun messaggio positivo nelle pagine di Coney Island Baby, vi è una fotografia impietosa degli appetiti sessuali, della spettacolarizzazione del corpo, della femminilità insieme coraggiosa e ferita, sprezzante e intimorita dinanzi a qualcosa di più grande e implacabile, che rende i volti figure di un gioco più ampio e irrefrenabile. Un libro che parla del sesso alla maniera di un trattato di entomologia, ma che sa andare al nocciolo delle cose. Indispensabile.
Coney Island Baby
di Nine Antico
traduzione di G. Eusebi
001 Edizioni, novembre 2017
brussurato, 232 pp., b/n
19,00 €
Leggi anche: Il gusto del paradiso: l’educazione sentimentale di Nine Antico
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