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Lo scaffale di Marco Taddei

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Per la rubrica “Lo scaffale di…” ospitiamo Marco Taddei, autore – assieme a Simone Angelini – di AnubiMalloy gabelliere spaziale, e del volume antologico Storie brevi e senza pietà, ristampato recentemente da Panini Comics.

Puke Force, di Brian Chieppendale (Drawn & Quarterly)

pukeforce
Dove l’ho comprato
: se ricordo bene, al Ratatà di Macerata, seguendo un sentiero di mattoni gialli indicatomi dal sagace Gabriele Di Fazio di Just Indie Comics.

Due parole: in un futuro tecnopazzo, tutto avvolto da strati di carta argentata e siringhe usate, in una metropoli squassata da sadici attacchi terroristici, Babbit e i suoi bizzarri amici cercano di opporsi all’ondata di Pus Nero Maledetto (il nome me lo sono inventato) che sta decerebrando tutti i cittadini e forse minaccia il mondo intero.

Non è proprio l’ultimissimo che ho letto, ma due parole su questo fumetto volevo proprio spenderle: non sarà quel vecchio pazzo di Mat Brinkman ma anche Chippendale riempie di soddisfazioni il lettore che s’azzarda a scendere i gradini umidi di questo demente sottoscala tra rifiuti cimiteriali, secchi pieni di popper, esalazioni velenose e cd di vecchi sistemi operativi.

Pure il senso della lettura ti mette in difficoltà. Il succo della questione è che ogni vignetta, in questo fumetto, è disturbante, è come se l’avesse disegnato un neonato frutto di un esperimento manicomiale, con una forza anarchica talmente travolgente che niente e nessuno può resistergli. Una zaffata di energia allo stato puro che spingerebbe pure mia nonna ad alzarsi, sfasciare una sedia e dire: “Cazzo, devo fare un fumetto!”

676 apparizioni di Killoffer, di Patrice Killoffer (Coconino Press)

676 killoffer coconino

Dove l’ho comprato: dalla Coconino a Lucca, facendo anche in tempo a vedere propio lui, Killoffer, che strappa molestamente un bacio alla cassiera dello stand. Aveva una bella camicia rosa. Killoffer, non la cassiera.

Due parole: Killoffer è un autore imbronciato, barba sfatta e sguardo torvo come il nembo che deve scatenarsi sulle tue mutande appena stese ad asciugare. Tutto il suo male di vivere passa per un lavandino pieno di piatti lerci abbandonato a Parigi.

E’ il primo lavoro – almeno credo – che appare in Italia di Patrice Killoffer, socio collega e amico dell’asso pigliatutto David B. nella brigata fumettistica dell’Association francese. Che dire? Questo fumetto m’ha trafitto. Sia nella mole, sia nell’impatto, sia nella sua eleganza, sia nella sua indecenza questo fumetto è lo strumento perfetto per fare una tenebrosa passeggiata dentro sé stessi. È un monumento alla fuga, all’auto-indulgenza, alla pochezza d’animo, all’ipocrisia ma tutto a fin di bene dato che queste 676 apparizioni ti danno una gran bella strigliata. Killoffer distrugge se stesso esponendosi senza pietà. Se il diavolo è 666, Killoffer è almeno dieci punti di più. Scusate se mi accontento di poco, ma io una roba del genere non l’avevo mai letta prima.

I dilettanti, di Conor Stechschulte (001 Edizioni)

dilettanti

Dove l’ho comprato: in Sala Borsa a Bologna per il BilBolBul. Avevo 20 euro in tasca e dovevo farci uscire anche una mezza colazione. Alla fine l’ho scelto perché mi avrebbero dato anche il resto. Che affarone!

Due parole: due tizi, un fiume, dei coltelli affilati, un rito di passaggio. È un capolavoro di sospensioni, suggerimenti, ellissi, intuizioni seppure non sia per niente rarefatto. E pare che Generous Bosom, il nuovo lavoro di Stechschulte, sia ancora più maturo. I disegni di questo fumetto mi hanno colpito molto, sono come le macchie di grasso lasciate sulla tuta di un meccanico. Non si capisce né dove si svolga l’azione, né in quale anno dato che le atmosfere sono ronzanti, collose, soffocanti. Un fumetto che dice tutto quello che dice senza dirlo. Mi vengono ancora i brividi a pensarci. Mi sembrava di avere la febbre mentre lo leggevo.

La favorita, di Matthias Lehmann (001 Edizioni)

favorita

Dove l’ho comprato: L’ho rubato (chiedendo se potevo) allo stand della 001 dietro consiglio di sua maestà Alessio Trabacchini e battendo sul tempo l’occhio vigile del patron Scuzzarella.

Due parole: in una villa arenata nella brumosa Francia rurale si snoda la vita noiosa della bella bambina Constance, tra le rigide cure della nonna e la mite indolenza del nonno. Poi, come se bevendo un bicchiere d’acqua inquadraste improvvisamente sul fondo la dentiera del vostro zio matto, un colpo di scena affilato spacca in due il racconto che cambia direzione, diventando oscuro e malsano.

Il disegno paradossale, ora lezioso, ora giocoso, comunque curatissimo, dona grazia leggera ad una faccenda nerissima, così come i dialoghi eleganti, il sapore d’antico, il fascinoso intrattenimento. Che gusto sprofondare dentro una storia per tre quarti d’ora; non mi capitava da un sacco di tempo!

Brecce bianche, di Simone Manfrini (Incubo alla balena)

brecce bianche

Dove l’ho comprato: a fine estate ad Osimo, durante una festa dove c’erano pure i Ponzio Pilates a suonare. L’ho comprato direttamente dall’autore, al banchetto.

Due parole: Incubo in formato cinemascope. Acquarello e matite che fotografano la desolazione. Un registro, un rapporto confidenziale anzi, della vita dell’autore Simone Manfrini, tutto ambientato in un quartiere anconetano che si chiama Brecce Bianche. Lacerti di memorie che nascondono chiodi arrugginiti. Un tono asciutto che mi ha fatto pensare ai resoconti documentaristici di Werner Herzog.

Non mi piacciono i diari a vignette ma questo prodotto mi ha incuriosito subito, dato che sfogliandolo il colore grigio sostituisce il generico nero dei fumetti “comuni”. Volti che si trasformano in nuvoloni controluce, corpi acquosi, dondolanti come alghe, macchie che disegnano perfettamente scenari e paesaggi. La piccola casa editrice Incubo alla Balena coraggiosamente, a buona ragione dato che l’autore ha avuto un riconoscimento al premio Boscarato del TCBF del 2016, ha dato spazio ai fantasmi e ai demoni di un giovanissimo autore e a me basta una storia di fantasmi, di demoni, a farmi felice.

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