Sia per quanto riguarda Tadao Tsuge che per il fratello Yoshiharu, in Italia si è iniziato a conoscerne il lavoro (in termini editoriali, di pubblicazione) a partire da opere realizzate nella piena maturità, o anzi, sul finire della carriera. Di Tadao è stato pubblicato La mia vita in barca (in due volumi Coconino Press), di Yoshiharu L’uomo senza talento (Canicola Edizioni).
Mancava – e per Yoshiharu manca ancora – un percorso cronologico che mostri l’intensa produzione giovanile, quella del periodo d’oro iniziale della rivista di fumetti alternativi e controcultura Garo, di cui sono stati collaboratori regolari.
Trash Market (Oblomov Edizioni) pone in parte rimedio a questo vuoto, con una selezione di racconti brevi di fine anni Sessanta di Tadao, il fratello minore, non meno prolifico di Yoshiharu, forse solo meno celebrato.
Il libro – che nasce a cura del critico ed esperto americano Ryan Holmberg – è stato pubblicato originariamente nel 2015 dalla canadese Drawn & Quarterly, casa editrice già responsabile della riscoperta in Occidente di molti autori gekiga e underground, con la traduzione non soltanto dell’opera di Yoshihiro Tatsumi ma anche di altri nomi più oscuri, come Oji Suzuki o Imiri Sakabashira.
Le storie di Trash Market sono figlie dei loro tempi. Raccontano la dissidenza del Sessantotto (anno non meno tumultuoso in Giappone che in Europa), raccontano la giovinezza da prospettive che rifuggono le luci già abbaglianti di un Giappone in forte ascesa sociale, o indietro fino al Dopoguerra, mostrando con spiccato gusto neorealista il disagio dei sobborghi e delle classi più basse.
Il nero delle chine nette di Tsuge non è solo linguaggio estetico e stilistico, è espressione di sostanza e sensibilità di contenuti. Il suo disegno è composto da graffi sottili di pennino, che incidono le pieghe e le rughe del legno con la stessa crudezza con cui ritagliano i contorni dei volti, così spesso contorti in smorfie di soffocato e assuefatto dolore. Il segno rigoroso, che ricorda l’incisione giapponese dei secoli più recenti, si concede poi a dettagli apparentemente non determinanti, ma che formano scenari angusti e veri, e allo stesso modo anche i personaggi incedono in quegli angoli di scenario.
La narrazione di Tsuge è fatta di ombre, non solo quando lui le traccia e riempie di nero, ma proprio per il fatto che il suo sguardo di narratore è propenso a indulgere sugli spazi e i momenti trasversali, apparentemente non rilevanti, ma che qui non sono contorno, bensì protagonisti. Così come sceglie personaggi marginali da raccontare, anche ogni spazio che vuole rappresentare è a margine. «Un tempo era soltanto un magazzino, poi uno studente ha voluto prenderla in affitto e da allora è rimasta così», dice per esempio il protagonista del primo racconto, mostrando un angolo angusto della sua misera abitazione.
Se per Tsuge lo scenario è soggetto del racconto, allo stesso modo lo sono i dialoghi: realistici, asciutti, netti. Portano addentro un mondo ordinario e duro e non lasciano margine di discussione troppo ampia. I personaggi spesso si confrontano a parole – in momenti centrali al racconto – ma difficilmente accettano il torto o la ragione l’uno di fronte all’altro. Semmai interrompono bruscamente le loro argomentazioni e poi senza altro proferirei instillano il dubbio nel lettore.
Poi si arriva a “Una storia totalmente priva di senso” e la discussione si fa litigio, scazzottata e ribellione d’altri tempi. Curioso vedere come il segno si fa più fluido, caricaturale e vicino al tratto fluido di Seiichi Hayashi – altro suo contemporaneo, autore del poetico e sofferto Elegia in rosso – anziché “fotografico” come Tadao aveva avuto sin dalla giovinezza, a differenza del fratello Yoshiharu, che più volte ha mostrato un segno più morbido.
Gli ultimi due racconti sono incentrati sullo scambio dialettico di personaggi giovani e travagliati, sbandati e inconcludenti, mentre a chiudere il libro (prima di un saggio del curatore dell’edizione americana, Ryan Holmberg) si trovano una serie di brevissimi scritti in prosa di Tsuge. La frammentarietà e il senso di inadeguatezza sono centrali nel lavoro di Tsuge. Il tardo Dopoguerra rurale che dipinge è facile da comprendere per il lettore italiano, che riconosce poetiche simili nell’opera di Pier Paolo Pasolini, per quel suo cantare i disgraziati. Ma a differenza, Tsuge, con grande moderatezza, sa sempre di doversi fermare prima di rendere grottesche le proprie rappresentazioni, devotamente radicato nella cruda realtà.
Trash Market
di Tadao Tsuge
traduzione di Vincenzo Filosa
Oblomov Edizioni
264 pagine b&n, 20€