Siamo entrati nello studio di Lorenza Natarella, fumettista e illustratrice che ha da poco pubblicato un graphic novel biografico dedicato a Maria Callas, Sempre libera per Bao Publishing (QUI la nostra anteprima).
Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?
In queste settimane sono molto presa dalla promozione di Sempre Libera, il mio ultimo graphic novel uscito il 7 Settembre per BAO Publishing, che mi tiene impegnata con interviste, presentazioni e montagne russe emotive. Non avevo mai fatto le cose così in grande come mi permette di fare BAO, perciò mi sento al primo giorno di scuola. Per fortuna loro sono attentissimi a curare ogni dettaglio, anche quello delle mie preoccupazioni, così posso godermela dopo tanti mesi di clausura.
Per quanto riguarda i proiettili che ho in canna, mi piacerebbe lavorare a fumetti brevi, scriverne qualcuno sul formato del racconto, scrivere una storia noir, ma anche tornare a fare illustrazione e sperimentare. Ho un progetto in corso con Topipittori, per un albo scritto da Elisabetta Curzel, di cui sono già molto innamorata.
Quali strumenti usi per disegnare?
Da quasi tre anni lavoro esclusivamente in digitale, con la mia solita Wacom Bamboo usurata e il mio solito portatile ammaccato (me l’ha fatto cadere il gatto). Vi devo confessare che mentre lavoravo a un fumetto di 200 pagine mi sono chiesta più volte se non avessi voglia di strumenti sofisticati da 900 pollici, pensavo “ma ecco come fanno i miei colleghi a essere così veloci e a non diventare pazzi”, però alla fine la mia Wacom e il mio portatile sono stati sufficienti.
Disegno a mano ormai soltanto sui miei mille quaderni, più per fissare qualche idea che per ottenere risultati, ma la vivo un po’ col conflitto: disegnando in digitale mi passa la paura di “sbagliare” e riesco a lavorare meglio (sono grafica nell’anima, devo poter tirare le guide, spostare, ridimensionare e così via) ma mi diverto da morire soltanto quando posso imbrattare superfici enormi e fare le scritte o i disegnacci brutti con strumenti che non so usare o con pennarelli scarichi.
Hai qualche abitudine prima di metterti a disegnare?
Devo bere il tè e devo mangiare i biscotti. Di recente ho smesso di assumere le quantità disumane di caffeina a cui ero abituata, perché mi innervosivo troppo. Adesso mi piace raccontarmi che la teina sia rilassante.
A parte la glicemia, l’altro ostacolo tra me e il lavoro è la mia ansia da prestazione: ci metto un bel po’ a scardinarla, quando devo metterci davvero poco disegno dei gatti molto liquidi che mi dicono la verità, per sdrammatizzarmi. Ne ho fatto qualcuno anche per i miei colleghi a Studio Armad’illo, li abbiamo chiamati Motivational Gattini.
Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?
No, perché se mi metto a guardare il lavoro degli altri non è che il lavoro degli altri poi guarda dentro di me come invece fa l’abisso, il lavoro degli altri mi mette in un angolo e mi rende inerme e adorante, tutta riflessiva, invece io per disegnare bene devo stare incazzata, mi devono prudere le mani. Ci sono pochi fumetti che mi fanno incazzare bene, ossia in maniera produttiva, e sono quelli di Manuele Fior e Bellezza di Kerascoët e Hubert. Se li guardo mi viene voglia di fare i libri.
Hai un oggetto in studio a cui sei particolarmente affezionata?
Attualmente sono davvero molto affezionata a quest’arancia secca a cui abbiamo donato una faccia. Era un’arancia della mia compagna di stanza Angelica, mezza appassita, non so perché abbiamo preso a giocarci e a lanciarcela dalle scrivanie, fatto sta che non si è mai rovinata, è solo diventata leggerissima e le si sono ristretti i lineamenti. Ci fa ancora ridere un sacco, secondo me perché simboleggia il nostro rattrappire al computer.
