Il trentaduesimo Speciale Tex – la collana ai più nota come “Texone” – ospita una storia incentrata sugli anni giovanili del ranger texano. Un filone che negli ultimi tempi si sta rivelando assai fecondo, in primis grazie alla collana “alla francese” Tex d’Autore, le cui storie mettono in scena nella maggior parte dei casi un Willer giovane e solitario, senza i fidati pard, talvolta anche fisicamente diverso dall’immagine che conosciamo (esempio: il Tex dai lunghi capelli disegnato da Eleuteri Serpieri).
Questo filone giovanile è figlio, inoltre, di una penna in particolare: quella di Mauro Boselli. Per il curatore editoriale del personaggio e suo principale scrittore, infatti, la giovinezza di Tex non è solo un refrain, ma un autentico e decisivo centro di interesse fin dai suoi esordi sulla serie. In Il passato di Carson (Tex nn. 407/409, 1994), in coppia con il disegnatore Carlo Marcello, Boselli “osò” per la prima volta indagare nella vita del fedele compagno di avventure di Tex. Quella storia è ancora oggi ricordata con particolare intensità da tanti texiani, grazie all’efficacia con cui riuscì a mescolare piani temporali diversi in un unico intreccio, sviluppando una profondità narrativa che a Tex era spesso mancata: un passato – mai narrato prima – gravido di conseguenze sul presente.
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Riscrivere il passato di Tex: la strategia di Boselli
Guardare al passato di Carson e Willer aveva permesso a Boselli, nel 1994, di mostrare – e per certi versi ‘stabilire’ – una cifra narrativa personale. Il punto stava nella consapevolezza della temporalità di Tex, come chiave per riconnettere uno spirito ‘originario’ alle complessità della lunga serialità odierna. Facendo un uso del tempo più realistico e smaliziato – sebbene senza una qualche continuity (pur blanda) come negli anni ’40/’50, in cui (basti leggere Tex Classic) le storie si susseguivano secondo un ordine logico prestabilito – Boselli consentì di vedere il giovane eroe crescere e maturare la propria personalità. Da fuorilegge a ranger a marito a capo indiano, vedovo e padre, Boselli suggerì che una evoluzione del personaggio era raccontabile, nonostante la distanza storica – o forse proprio grazie a questa.
L’evoluzione generale dell’icona Tex, infatti, è nota. Da un certo punto in poi – forse, paradossalmente, dal suo boom nei Settanta – il tempo della serie smise di muoversi nella stessa direzione dei suoi lettori, e il personaggio Tex si cristallizzò. Una condizione che ha mantenuto fino ad oggi, senza particolari guizzi o cambiamenti nella vita sua e degli altri personaggi. Nulla di strano: da un lato questa strategia editoriale ha consentito alla testata di mantenere una propria coerenza interna, una stabilità, una identità indipendente dal passare del tempo; dall’altro ha svolto una funzione rassicurante per il pubblico, garantendo certezze, ovvero un insieme di elementi immutabili (nello stile, nello scenario, nelle interazioni tra i comprimari) adatti a fornire un solido orientamento a ciascuna avventura.
Questa scelta di coerenza strutturale – e grafica – si è mantenuta tale anche a discapito del realismo. Penso a un caso emblematico come Il giuramento/L’implacabile (Tex nn. 103/106, 1969) in cui Bonelli e Galleppini decisero di narrare in modo più ampio e approfondito le vicende che aveva portato alla morte della moglie di Tex, l’indiana Lilyth. Anche in quel caso il passato, rievocato dal protagonista, si intrecciava alla narrazione del presente, nel quale – finalmente – poteva realizzarsi la tanto agognata vendetta. Ma lo stile della narrazione nei due piani temporali rimaneva pressoché identico, il carattere del protagonista era il medesimo prima/dopo e persino il suo volto non cambiava, pur essendoci una distanza tra i due momenti narrativi di quasi vent’anni.
Il nuovo approccio portato da Boselli con Il passato di Carson, sviluppato in seguito nella serie regolare e nelle altre iniziative collaterali, restituiva quindi una profondità temporale ai personaggi, ne presupponeva una evoluzione, ed implicava dunque una serie di tappe non scontate, lungo un percorso di crescita che era tutto da raccontare. Si veda per esempio l’ottima Jethro! (Tex nn. 678-679, 2017), scritta dallo stesso Boselli con i disegni di Corrado Mastantuono (attualmente il più personale ed evoluto interprete del personaggio) in cui leggiamo di un Tex sui vent’anni in compagnia di pard assai diversi da quelli a cui siamo abituati: il jayhawk Glenn Corbett e l’ex schiavo Jethro, che è anche narratore e memoria storica della vicenda.
La collocazione nel passato non limita lo spazio dell’azione, anzi apre a percorsi collaterali rispetto allo status quo e consente di sviluppare nuove sfaccettature del personaggio. Il passato di Tex diventa quindi più fecondo del suo presente. O meglio: lo ridefinisce. Ne riscrive i confini e, in definitiva, ne rafforza la leggenda.
La storia del Texone 2017 prosegue dunque la strategia boselliana di raccontare il passato per esplorare il presente. Per farlo lo scrittore si affida a un disegnatore come Stefano Andreucci, che con Boselli ha intessuto ormai una lunga collaborazione, a partire da Zagor fino a Dampyr, per arrivare ad alcune incursioni sulla testata regolare dello stesso Tex. Non si tratta quindi di un nome nuovo all’universo texiano in generale e boselliano in particolare, ma al contrario di un collaboratore che Boselli conosce molto bene, e per il quale dunque viene cucita una storia su misura, adatta a valorizzarne le caratteristiche.
Magnifico solitario: un Tex a misura di memoria
L’incipit richiama in modo evidente l’esordio storico del personaggio, con il giovane Tex ancora fuorilegge che osserva dall’alto un gruppo di inseguitori. Ritroviamo dunque il Tex spavaldo dei primi tempi, appena reduce dalla sparatoria di Culver City in cui ha vendicato la morte del fratello Sam. Un “magnifico fuorilegge” che deve ancora rivelare appieno se stesso e dimostrare agli altri di che pasta è fatto. Un eroe solitario e senza amici, se escludiamo la compagnia del fedele cavallo Dinamite. La solitudine del protagonista è un elemento tipico delle prime storie della serie, prima che prendesse una piega più corale, alla maniera di D’Artagnan e dei Tre moschettieri.
Qui le relazioni con i suoi compari sono molto meno affidabili rispetto a quelle a cui siamo abituati. Difatti, nel corso della storia saranno molti i capovolgimenti di fronte: nemici che si scoprono provvidenziali alleati, amici che tradiscono la fiducia accordata per pentirsene in un secondo momento. Lo stesso Tex sembra concedere a questi personaggi moralmente ambigui qualche chance in più del solito, mosso da una inusuale compassione. A volte questa fiducia è malriposta e conduce il protagonista nei guai; in altre gli salva provvidenzialmente la pelle.
Il segno di Andreucci ben si adatta al carattere della storia. Espressivo e dinamico, inserito nel solco della tradizione di Ticci e Villa, ma moderno nell’impostazione, abile nel taglio delle inquadrature pur nel rispetto della griglia classica, raramente trasgredita per definire i cambi di ritmo. La sua presenza in questo speciale rappresenta un giusto riconoscimento nei confronti di uno stile classico ma potente, come già avvenuto in passato per altri autori apparsi nella collana come Ticci, Civitelli, Frisenda, Mastantuono.
A relativizzare il peso passato di Tex, ma in realtà sottolineandone la rilevanza simbolica, Il magnifico solitario è una storia incorniciata in una storia: la vicenda non è altro che un racconto che lo stesso Tex adulto offre ai suoi due pard, l’amico di una vita Kit Carson e il figliolo Kit Willer. Un modo come un altro per passare una serata alla luce di un fuoco, in un momento di pausa, tra una cavalcata e l’altra, fra i tanti che ricorrono a punteggiare le loro avventure. Quale sia in questo caso l’avventura che stanno vivendo i tre non è dato sapere: la leggeremo altrove (o l’abbiamo già letta).
Il passato si innesta dunque, esplicito e consapevole, nella storia del Tex che conosciamo. Tutta la vicenda viene dunque ad essere collocata in un tempo diverso; non c’è diretta conseguenza sul presente, che esiste solo in quanto tempo della narrazione. Il Tex del presente, il Tex dello status quo, è esclusivamente narratore, nella difficile situazione di dover ricordare ma anche di dover intrattenere i suoi ascoltatori esigenti. Kit Carson e Kit Willer infatti, proprio come i lettori che rappresentano, hanno le idee chiare su come deve essere raccontata una storia: «Leva tutto ciò che è superfluo e noioso, e racconta solo le parti interessanti e l’azione».
L’elemento di interesse rispetto ad altre storie incentrate sul passato del personaggio è proprio la narrazione in prima persona di Tex: la sua memoria. Un comportamento che accresce la sensazione di vicinanza, di identificazione tra racconto e protagonista, e di totale controllo del secondo verso il primo. Svelando a tratti dei momenti di inattesa umanità, come quando ammette di avere ucciso un uomo, ma solo per difendersi: «È la storia della mia vita» ci confessa il giovane Tex, con disarmante sincerità. Oppure quando rivela – col senno del Tex adulto – che la sua spavalderia è talvolta una finzione adottata per infondere sicurezza nei suoi compagni. Il Tex di Boselli ha sempre avuto un carattere, una voce tipica che richiama il Tex di G. L. Bonelli, ma con in più la consapevolezza di una acquisita maturità, di una sicurezza che non necessita di spiegazioni.
Questo Tex giovane e spavaldo, l’eroe magnifico di cui il Tex adulto racconta le gesta, restituisce umanità e freschezza al personaggio. Lo ributta in un passato nel quale ha ancora senso affermare il proprio status di “raddrizzatorti”, la sua diabolica infallibilità, il proprio essere Tex. Ecco che allora i due antesignani degli attuali pard – il vecchio Dusty e il giovane Will Kramer, versioni “imperfette” e inaffidabili dei veri pard, meri ascoltatori dell’avventura – rappresentano per Tex i primi fallaci tentativi di costruzione dello status quo. E proprio per la loro fallibilità, i loro errori di valutazione, i loro goffi pentimenti, la loro ardua crescita nel corso della storia, possono essere comprimari ideali per una storia che parla di amicizia, delle tante prove e ostacoli che occorre superare per diventare veri amici, per riconoscere e apprezzare l’eroe.
Lo dimostra bene il finale, unico stacco dal narratore in prima persona, unica concessione a uno sguardo esterno rispetto a Tex. Il ritorno dello status quo comporta il ritorno del narratore esterno o in terza persona. La storia finisce e riconosce il Tex attuale, l’eroe che conosciamo, pronto per l’ennesima nuova avventura. Il passato di Tex, meglio del suo presente, svela il percorso dell’eroe e ne sancisce l’essenza. Questa è la grande intuizione di Boselli. Scrivere Tex è difficile. Ma essere Tex, è una faccenda assai più complessa.
Speciale Tex n. 32: Il magnifico fuorilegge
di Mauro Boselli e Stefano Andreucci
Sergio Bonelli Editore, 2017
240 pagine in b/n, € 6,90