Stefano Tamburini è stato autore tanto prolifico quanto influente, ma soprattutto eclettico. Il libro Muscoli e forbici (curato da Michele Mordente e pubblicato da Coconino Press, QUI un’anteprima del volume) di questa sua caratteristica è evidente espressione. Il libro è sia una antologia di fumetti che una raccolta di illustrazioni e di contenuti extra. Contraddizione e iperattività non erano forse proprietà evidenti della cifra stilistica di autori come Tamburini, Tanino Liberatore, Andrea Pazienza e di tutti gli altri creativi che ruotavano attorno ai molti progetti usciti dall’underground italiano degli anni Settanta e primi Ottanta? Se si guarda a Frigidaire, è su quel magazine che il fumetto italiano travalica molteplici confini (ancor più di quanto succedeva su Alter Alter), facendosi controcultura e avanguardia artistica a tutto tondo.
A livello grafico Tamburini fu probabilmente l’espressione completa di quella corrente, e in Muscoli e forbici si ritrova tutta la sua identità artistica compressa in poco più di 120 pagine. Un proposito quasi impraticabile se si pensa alla straripante potenza creativa di un autore purtroppo scomparso a soli 30 anni, lasciandosi alle spalle un’eredità così complessa che ancora oggi, a oltre trent’anni dalla morte, è difficile farci i conti.
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Curioso ma appropriato il sottotitolo al libro. “Una antologia grafica definitiva”. Grafica appunto, perché sarebbe arduo altrimenti incanalare in una sola e limitativa definizione il lavoro di Tamburini, che invece si manifesta dal punto di vista visivo in molteplici coniugazioni. Anche per quanto riguarda i fumetti raccolti nel libro, si tratta di esperienze notevolmente sperimentali, appunto dal versante grafico. Il libro contiene infatti tutti i fumetti di Agent Snake, un noir eclettico e distorto, nel vero senso della parola, proprio perché distorte sono le figure nelle vignette, tramite la tecnica affinata dall’autore di fotocopia mossa dei disegni.
Muscoli e forbici però è anche un gran contenitore di immagini, talvolta disordinate, compresse in un volume di grande formato ma mai abbastanza “grande” da contenere la forza visiva di Tamburini. Ci sono illustrazioni di copertine di Frigidaire e riproduzioni stesse delle copertine, che nella loro semplicità di collage e giustapposizione di colori sono forse la sintesi più efficace della forza creativa modernista e post-post-futuristica di Tamburini. L’autore era “figlio” del miglior Depero, ancor più che del dadaismo al quale lui stesso fa riferimento con la rivista Cannibale, che cita nel titolo una rivista dadaista degli anni Venti (tanto che ne riprende la numerazione ripartendo da dove era rimasta quest’ultima), ma era anche coevo di un lontano genio creativo come il giapponese Ikko Tanaka. Basti guardare a come il Tamburini designer gestisce le forme con nettezza e pretesa ingenuità, in modo simile a Tanaka, il quale fu designer e grafico assai influente (e fortunato) tra i Settanta e gli Ottanta.
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Ci sono inoltre fotografie, un intervento di Vincenzo Sparagna, ma soprattutto ci sono immagini da guardare e riguardare, consapevoli di non riuscire mai a capirle e assimilarle fino in fondo. È innegabile il fascino spudorato dei lavori di Tamburini, per la loro intrinseca semplicità e per un approccio talmente minimale da tradire quasi un intento derisorio verso il lettore o per la loro intrigante violenza grafica (si pensi ai collage di carne e sangue).
Il problema di questo libro è uno solo, e cioè che Tamburini non c’è più da tanti anni, e maneggiare la materia di un creativo dotato di una cifra stilistica talmente forte e personale è compito indegno per chiunque. Non si può non avvertire la mancanza della sua impronta negli aspetti di cura grafica, o meglio ancora la mancanza di una impronta forte, anche non fosse la sua, per ovvie ragioni.
Muscoli e forbici
di Stefano Tamburini, a cura di Michele Mordente
Coconino Press
124 pagine, colore – 19 €