Maggio è stato decisamente molto denso. Il mese è iniziato con il Napoli Comicon – in realtà già inaugurato a fine aprile, ma i cui “postumi” si sono riverberati per le settimane successive –, è proseguito con un Salone del Libro di Torino mai così attento al fumetto e si è chiuso con Arf!, il festival romano dai numeri in crescita. Questo ha comportato un’abbondanza di news – tra tutte la nascita di Oblomov, la nuova casa editrice di Igort – ma anche di fumetti.
Abbiamo così pensato di realizzare una sorta di seconda “Top 5”, tutta dedicata a grandi classici del fumetto che mancavano da tantissimo tempo dagli scaffali di librerie e fumetterie. E poi abbiamo fatto più fatica del solito a scegliere i titoli da inserire in questa selezione, come di consueto dedicata a titoli del tutto inediti nel nostro paese (salvo rare eccezioni).
La scelta alla fine è ricaduta su due maestri del manga, su altrettanti sceneggiatori americani contemporanei da noi molto apprezzati e su un autore che in passato abbiamo visto più che altro su riviste e quotidiani e che ora ci ha impressionato con il suo primo graphic novel.
L’uomo senza talento, di Yoshiharu Tsuge (Canicola Edizioni)
L’atteso L’uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge è un’opera nota come uno dei capolavori della storia del manga, vero e proprio caposaldo del filone gekiga. A trent’anni dal ritiro dalle scene dell’autore (fratello maggiore di Tadao Tsuge) e nell’ottantesimo anno dalla sua nascita, Canicola Edizioni porta in Italia un libro che ha segnato la storia del manga “d’autore”.
Secondo la cifra stilistica tipica di Tsuge, autore di riferimento a partire dal 1968 (con Nejishiki, pubblicata sulla rivista Garo) per l’allora ‘rivoluzionario’ e crudo naturalismo, la storia unisce realismo a squarci surreali e grotteschi, alternando la brutalità del reale alla durezza dei travagli interiori. Il volume, che raccoglie diverse storie apparse nel 1985 e 1986 sulla rivista Comic Baku, racconta la vita di un uomo incapace di provvedere ai bisogni della sua famiglia, un uomo “inutile” che vive venendo ciottoli vicino a un fiume e riparando macchine fotografiche, senza riuscire a ritrovare la forza per riprendere il suo vecchio lavoro, il fumettista, che pure lo aveva condotto, in passato, a grandi riconoscimenti.
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Il grande prato, di Roberto Grossi (Coconino Press)
Dopo diverse apparizioni su riviste e quotidiani come il Manifesto e Liberazione, Roberto Grossi pubblica ora il suo primo graphic novel, un libro che nasce proprio da una storia breve nata per le pagine di B Comics.
Con un un segno tanto spesso e robusto quanto delicato – soprattutto quando si sofferma sui volti del personaggi, tutti molto carichi di vita vissuta –, Il grande prato racconta il degrado della periferia, intesa non solo come luogo geografico ma anche umano, attraverso le vicende di due piccoli gemelli privi di genitori, tra rapine e campi rom in fiamme. Il loro intento di vita è solo uno: sopravvivere. L’esordio di Grossi sulla lunga distanza regge bene e trasmette sensazioni forti e contrastanti con il mutare delle pagine e dei capitoli, dall’ansia alla soddisfazione, dalla pena alla paura.
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Black Monday vol. 1, di Jonathan Hickman e Tomm Coker (Mondadori Oscar Ink)
E se la finanza internazionale fosse controllata da un gruppo ristretto di persone formato da emissari del demonio? Questa la premessa di Black Monday, la nuova serie Image Comics ideata da Jonathan Hickman per i disegni di Tomm Coker. Dal crollo di Wall Street del 1929 – che portò alla Grande Depressione – e il Lunedì Nero (il “Black Monday” del titolo) che colpì i mercati finanziari nel 1987, fino alla crisi globale del 2008, il fumetto di Hickman è un viaggio nel tempo che mischia realtà e finzione, economia ed esoterismo, noir e avventura.
Le tavole di Coker, caratterizzate da un segno realistico e una colorazione molto cupa, si alternano a pagine di testi, appunti e infografiche che vanno a formare una storia complessa e stratificata. Una lettura da affrontare con calma lasciandosi guidare dagli autori, che sembrano voler comporre un puzzle intrigante e ambizioso. Quest’ultimo aggettivo ben si addice al lavoro di Hickman, che negli anni ha cercato di creare veri e propri mondi narrativi. Opere come The Manhattan Projects ed East of West, ma anche il suo ciclo sui Fantastici Quattro, sono li a ricordarcelo. E Black Monday a ribadircelo.
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L’età della convivenza vol. 1, di Kazuo Kamimura (J-Pop)
Dopo Lady Snowblood e Una gru infreddolita, J-Pop porta in Italia una delle opere più importanti di Kazuo Kamimura, L’eta della convivenza. Dosei Jidai – questo il titolo originale – è innanzitutto una storia d’amore drammatica, ambientata in Giappone nel 1972. Al centro delle vicende c’è una giovane coppia non sposata che vive a Tokyo all’alba dei moti studenteschi e di una rivoluzione sociale. Grandi cambiamenti che sconvolgeranno un paese intero e che creeranno aspettative e nuovi problemi per i due protagonisti.
Kamimura mette in scena un dramma realistico e ricco di pathos, nel quale inquadrature e sequenze disegnate raccontano l’intimità sentimentale dei personaggi con grande maestria narrativa. L’età della convivenza è un manga maturo, che racconta una generazione e una nazione in fermento.
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Private Eye, di Brian K. Vaughan e Marcos Martin (Bao Publishing)
Dalla mente di Brian K. Vaughan, sceneggiatore dietro alcuni dei fumetti americani più interessanti degli ultimi anni come Saga e Y – L’ultimo uomo, e dalla matita dello spagnolo Marcos Martin, devoto di Steve Ditko, nasce The Private Eye, sorta di noir distopico che ragiona sul nostro futuro digitale. Ideato come webcomic e pensato per la lettura in formato panoramico su tablet e PC (in rigoroso 16/9), il fumetto è stato proposto sul sito Panel Syndicate con un metodo abbastanza nuovo: file senza DRM e prezzo a offerta libera (sì, anche 0 €/$, quindi). Poi ci ha pensato Image Comics a stamparlo, e ora arriva anche in Italia nella traduzione di Bao Publishing.
Siamo in un’era senza più Internet, il cloud che conteneva tutte le informazioni in rete è saltato e la linea tra pubblico e privato non esiste praticamente più. Ora, al posto del Controllo della Privacy di Facebook abbiamo maschere e travestimenti. In questo scenario post-apocalittico, i giornalisti sono diventati forze dell’ordine, mentre i paparazzi hanno assunto il ruolo di detective privati, muovendosi nella zona grigia della legalità.
Tra un tripudio di colori pastello, tavole con soluzioni pensate per sfruttare il formato orizzontale, un ripensamento dei canoni dell’hard boiled, dialoghi taglienti, una trama che si avvita su stessa senza implodere e un epilogo non scontato, The Private Eye è senza dubbio una delle pubblicazioni statunitensi più riuscite dell’anno.
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