HomeFocusIntervisteIl fumetto come rappresentazione della vita. Intervista a Marcello Quintanilha

Il fumetto come rappresentazione della vita. Intervista a Marcello Quintanilha

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Tungsteno di Marcello Quintanilha è uno dei libri più interessanti pubblicati in Italia nel 2016, già vincitore del Fauve Polar SNCF al 43° Festival d’Angoulême, premio riservato al miglior thriller a fumetti. È un noir che rifugge le ambientazioni urbane, per indagare il Brasile rurale e costiero; una storia di pesca di frodo e droga, che intreccia numerosi personaggi dai profili realistici e sfaccettati. La complessità delle loro figure e dell’intreccio dei loro rapporti, tra luci, ombre e grigi che si incrociano costantemente, viene simboleggiata dal tungsteno, il metallo a più alta fusione.

Il graphic novel di Marcello Quintanilha è un racconto brutale e realistico (di cui vi abbiamo parlato in una recensione), e con lui abbiamo indagato più a fondo quali istanze artistiche e tematiche muovono l’autore e la sua attività di narratore. Discutere di Tungsteno in questa conversazione diventa occasione per conoscere Quintanilha e la visione che l’autore brasiliano (residente il Spagna) ha del fumetto. L’approccio dell’autore è crudo e reale, quasi quanto lo sono i personaggi che mette in scena nelle sue storie.

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La prima cosa che mi colpisce del tuo lavoro è che ha un gusto molto realistico. È una storia di fiction ma sembra anche essere molto vera, nel modo in cui racconta i luoghi in cui si svolge. Era tua intenzione fare una storia che raccontasse un luogo oltre che una storia?

Sì, è così. Anche il luogo può essere un personaggio della storia e nel mio lavoro mi impegno molto nel sottolineare questo aspetto.

Il tuo stile grafico è assai realistico. Cosa ti ispira di più, non solo nel disegno e nell’arte ma anche in ciò che vedi attorno a te nella vita?

A ispirarmi è la mia intenzione di riprodurre la vita stessa in forma di fumetto, la vita nel suo complesso mi è di ispirazione. Mi ispira quell’arte che riproduce fedelmente la figura umana in modo realistico, ma mi impegno sempre nel riprodurre ogni figura con uno stile e un approccio mio personale. A questo punto della mia carriera posso dire di trarre la maggior parte dell’ispirazione dalla vita e da ciò che ho attorno, non da opere specifiche altrui. E intendo la vita che conosco in Brasile e le persone che conosco.

In questo libro il crimine e la violenza sembrano giocare un ruolo fondamentale, da protagonista.

La violenza è ovunque, ovviamente non solo in Brasile. La violenza ispira la mia arte e le forme in cui essa si manifesta, anche trasversali, per esempio il modo in cui i politici sfruttano le popolazioni, anche quella è violenza. Mi piace osservarla e usarla nelle mie opere, è ovunque, e fa parte della natura umana. Il crimine che racconto nella mia storia non è nulla, se paragonato a quello che fanno le grandi corporazioni alle popolazioni indifese. Non è mio ruolo criticare la violenza, quello che cerco di fare è descrivere l’impatto che ha la violenza sulla nostra vita di tutti i giorni e come ci può rendere persone migliori o peggiori.

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Una foto di Marcello Quintanilha, dal suo profilo Instagram.

Effettivamente non ho notato una chiara distinzione tra personaggi buoni e cattivi.

Verissimo.

Graficamente, trovo interessante il modo in cui tu visualizzi il movimento, molto dinamico e fedele al reale, come influenzato dal cinema, quasi tu guardassi attraverso un obiettivo, alla stesso modo di un regista.

No, io guardo ai miei personaggi come un fumettista, non credo di realizzare qualcosa di vicino al cinema o alla fotografia. Credo molto nell’indipendenza artistica del fumetto, non in questo tipo di analogie. Credo anzi nel potere del fumetto e in come esso possa arrivare alla gente e vada trattato con particolare rispetto.

Tu sei di origine brasiliana e ti sei trasferito in Spagna solo alcuni anni fa. Noi in Italia non sappiamo molto dell’attuale scena fumettistica brasiliana. Come la descriveresti?

In realtà la scena attuale è molto interessante. Sempre più artisti hanno la possibilità di farsi notare ed emergere con le loro pubblicazioni. Le pubblicazioni aumentano e anche la qualità. Ciò mi incuriosisce molto riguardo a cosa ci porterà il futuro, perché effettivamente questo aumento di produzione si specchia in un aumento di persone interessate a leggere nuovi fumetti.

tungsteno05Come mai sei venuto a lavorare in Europa?

In realtà ho pubblicato fumetti anche in Brasile. Nel 2002 mi sono trasferito in Europa per collaborare con un editore belga, Edition Le Lombard, perché erano tempi diversi e sentivo che sarebbe stato molto più utile per la mia carriera stare a stretto contatto col mercato europeo.

Il fatto che non viva più in Brasile non mi impedisce di continuare a scrivere storie che parlino anche del Brasile. Perché in realtà quel che cerco di fare con i miei lavori non è raccontare semplicemente ciò che vedo attorno a me, ma la vita in generale.

Il Sud America ha una lunga tradizione fumettistica. Cosa ti sei “portato con te” come ispirazione?

Come ti dicevo, io non sento di trarre diretta influenza da altre opere, e quindi rispetto alle terre da cui provengo cerco di riportare nelle mie opere la vita stessa del Brasile, ciò che ho vissuto lì e che mi ha reso la persona che sono.

Come lavori sulla pagina, quali strumenti usi?

Lavoro in analogico, facendo le linee di matita con il portamine, e realizzo i toni grigi su uno strato diverso di carta, che scansiono successivamente per fare i toni di grigio digitali. Il risultano può sembrare digitale, ma non lo è del tutto.

Il tuo libro ha vinto il Fauve Polar SNCF al 43° Festival d’Angoulême per il miglior thriller a fumetti. Cosa ritieni che ti abbia permesso di vincere in quella categoria così amata in Francia?

Be’, non posso sapere quale sia stato il segreto del successo [ride], ma credo che abbia contribuito il fatto che le mie storie non raccontano solo il Brasile ma cercano di andare oltre, scavando nella natura umana. Questo ha reso Tungsteno il più universale e accessibile possibile. Quando si va a raccontare davvero dei drammi umani, alla fine non c’è confine geografico che tenga.

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