Nelle intenzioni iniziali, DKIII – The Master Race sarebbe dovuta durare proprio otto numeri, ma alcuni mesi fa Frank Miller e Brian Azzarello hanno annunciato che l’avrebbero prolungata di un numero. Per inserirci chissà quali eventi importanti, uno si immagina, e invece…
Prima di iniziare, vi invito a recuperare i recap degli albi precedenti, se non li avete già letti.
Episodio VIII:
E invece qui non succede (quasi) nulla. Ventidue pagine senza approfondimenti psicologici, senza snodi narrativi e sottotrame. Solo battaglia, sbudellamenti e squartamenti – come di rado visti prima in un fumetto mainstream DC Comics –, splash page, doppie splash page e disegni e colori di buon livello da parte di Andy Kubert, Klaus Janson e Brad Anderson. Le tonalità rossastre, in particolare, danno alla storia un’atmosfera molto sanguinosa, e da quel punto di vista non ho nulla da ridire.
Una tale decompressione, in ogni caso, ci può evidentemente stare. In una miniserie dai ritmi così dilatati com’è stata finora questa DKIII, è normale che una roba che di norma dovrebbe occupare 2-3 pagine invece venga spalmata così tanto. In fondo, Frank Miller aveva già fatto qualcosa del genere con Hard Boiled, nel 1990. Però lì l’azione era meno fine a se stessa, e poi c’era Geoff Darrow, con le sue tavole piene di dettagli, che raccontavano tanto. Qui siamo davanti a un semplice esercizio di stile, condito da qualche momento particolarmente tamarro (tipo l’orecchino a forma di croce rovesciata indossato da Wonder Woman).
D’altronde, dopo il ringiovanimento di Bruce Wayne grazie al Pozzo di Lazzaro avvenuto nel numero precedente, ci si aspettava qualche reazione particolare. Da parte dello stesso Batman, o perlomeno di Carrie Kelly. Shock? Contentezza? Tralasciata qualche battuta sagace (e un po’ stanchevole), invece la questione viene accantonata praticamente subito. D’accordo che siamo nel mezzo di una guerra, però sarebbe bastato anche uno scambio di battute più corposo. I riflettori sono tutti puntati su Wonder Woman, dopo che per pagine e pagine ce l’avevano solo mostrata di soppiatto, però a questo punto non mi risulta più chiaro quale fosse lo scopo dei primi numeri, che sul rapporto tra Bruce e Carrie si erano parecchio soffermati.
Ci sarebbe stata la possibilità anche di dedicare il mini-comic a questa faccenda del ringiovanimento di Batman, ma invece gli autori hanno scelto di lasciare lo spazio al ritorno in scena di un personaggio minore di Il ritorno del Cavaliere Oscuro.
Annotazioni sparse:
– Tra le copertine variant di questo mese, nonostante nomi come Bill Sienkiewicz e lo stesso Miller, eleggo a mia preferita quella di Jim Lee e Scott Williams, per la possenza del corpo di Batman e i bei contrasti tra nero e bluette che ricordano le tonalità dell’opera originaria. Nineties über alles (però la migliore tra tutte le copertine, questa volta, resta la regular di Kubert).
– L’episodio sembra una versione supereroistica di 300, tanti sono i rimandi visivi a quella storia da parte di Kubert e soci nella battaglia tra Amazzoni e Kryptoniani.
– Altroché mezzi corazzati, il Batman ringiovanito opta per un notevole downgrade e recupera un vecchio modello di Bat-mobile, creato da Dick Sprang nel 1950 su Detective Comics #156.
– Il personaggio ripescato nel mini-comic allegato è nientepopodimenoche Bruno. Chi è Bruno? Nonostante il nome, si tratta di una donna, ovvero una bionda valchiria dai capelli a spazzola il corpo muscoloso che va in giro a petto nudo (se non fosse per delle svastiche che le coprono i capezzoli). Il prototipo di una qualsiasi abitante di Sin City, in pratica.