HomeRecensioniNovitàStorie di vite spezzate. "Le lacrime della bestia" di Yoshihiro Tatsumi

Storie di vite spezzate. “Le lacrime della bestia” di Yoshihiro Tatsumi

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Dopo anni, finalmente, Coconino Press/Fandango ha ripreso a pubblicare in Italia i racconti di Yoshihiro Tatsumi. Con Le lacrime della bestia si aggiunge un nuovo volume alla selezione di short story che hanno contribuito a creare il mito del mangaka. Sebbene l’attenzione verso l’opera di Tatsumi fosse cresciuta negli ultimi anni, grazie al monumentale Una vita ai margini e al giovanile Tormenta nera, entrambi editi da Bao Publishing, la pubblicazione dei racconti rimaneva ferma a Lampi (2002), ormai esaurito, ma recentemente ristampato con il titolo Crocevia.

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Una selezione che si distacca notevolmente dai volumi pubblicati dalla Drawn & Quarterly sotto la curatela di Adrian Tomine. La scelta del fumettista americano si concentrava su un periodo particolare a ridosso dei primi anni Settanta, quando Tatsumi passa dal sistema dei Kashi-hon, ampiamente diffuso nel dopoguerra, alla pubblicazione su riviste antologiche. Lo stile di Tatsumi è ormai sviluppato e la sua poetica ha varcato le soglie di un gekiga maturo, che invece del dramma storico preferisce drammatizzare il presente, soffermarsi sulla discrasia tra individuo e società, sulla morbosità e le deiezioni del singolo, spinto dal un ritmo alienante ai margini della vita.

I sette racconti inclusi in Le lacrime della bestia, nonostante abbraccino un periodo ampio, che va dai primi Settanta agli anni Novanta, si iscrivono ampiamente in questa prospettiva. Tatsumi descrive vite spezzate e alla deriva con un distacco quasi documentaristico, sebbene tra le righe trapeli una sua precisione visione. I tipi umani ritratti diventano vettori per indagare quel sottile confine che dalla normalità conduce attraverso situazioni limite dall’altra parte della vita, dove la solitudine diventa l’esito necessario. I personaggi di Tatsumi, anonimi e riconoscibilissimi, vivono in ambienti angusti e si confrontano con uno spazio urbano dove il realismo dei dettagli contrasta con la patognomica essenziale e al limite del caricaturale.tatsumi lacrime della bestia coconinoLa sconfitta dell’Impero giapponese si riverbera nei volti dei personaggi, qui ritratti come operai e piccolo borghesi che cercando di mantenere un’onesta dignità, ma che la vita trascina verso una zona d’ombra fatta di perversioni e sordidi segreti. Così, nel racconto che dà il titolo al volume, conosciamo un uomo che cerca di tenere insieme una famiglia minata dai fantasmi del passato: la disperazione dinanzi all’ineluttabilità del destino è l’invalicabile confine che circonda i personaggi di Tatsumi, incapaci di redimersi, simili ad animali, costretti dalla coazione a ripetere i propri errori sino al dramma finale.

In Adorata scimmia vediamo un altro di questi tipi umani: solitario e quasi catatonico, portato sull’orlo del collasso dalla semplice idea di una vita con una donna. Gli uomini di Tatsumi sono inadatti alla vita: vengono fagocitati, digeriti ed espulsi dalla società come la povera scimmietta domestica sbranata dal branco di scimmie dello zoo. Il nulla che si portano dentro cozza con la loquacità e l’amorale frenesia della vita borghese. La loro personalità collassa, aprendo quindi le porte a fatali eventi che ne segnano l’esistenza. Le menomazioni fisiche sono correlati oggettivi del disagio interiore. Si veda ad esempio l’assonanza di questo racconto con quello ancora più duro intitolato Pirahna.tatsumi lacrime della bestia coconinoQuesto scollamento tra uomo e mondo non è solo un segno delle indagini storiche e sociali portate avanti da Tatsumi nel dopoguerra. Il suo sguardo non diventa meno disincanto e pessimista quando parla della nostra stretta contemporaneità. Si vedano due racconti come Lettera a S. e Lampi. Soprattutto, il primo – come sottolinea Igort nella prefazione – è un racconto basato sulla cronaca recente, legata alla figura di Issei Sagawa. Nel 1981 il giovane Sagawa uccise con una fucilata alla testa Renée Hartevelt, sua compagna di corso, e ne mangiò gradualmente il corpo. Il protagonista del racconto, uno studente incapace, finge una corrispondenza virtuale con il killer parigino, mitigando così il suo senso di abbandono e solitudine in una Parigi estranea e fredda. Lo sfondo urbano – alieno per un orientale – diventa il simbolo della chiusura dell’uomo occidentale. Il senso di estrema nostalgia sfocia sino al parossismo e al disagio mentale con una gestione cinematografica che gioca con diversi piani narrativi.

La scelta di Filosa di far convivere nello spazio di un solo volume materiale che abbraccia quasi un trentennio permette anche di apprezzare le modulazioni del segno di Tatsumi. Rimane immutata la discrasia tra un segno raffinato e preciso per gli ambienti e la sintesi feroce condotta sui volti e sui corpi, quasi estrema nei racconti più maturi. Sempre in Lettera a S. si può apprezzare la scelta di un tratto quasi impersonale nel ritrarre gli occidentali per esaltare così lo stridente iato tra oriente ed occidente

A due anni dalla scomparsa di Tatsumi, Le lacrime della bestia è un’ottima occasione per ricordare e per conoscere l’opera fondamentale del geniale autore che ha creato il gekiga.

Le lacrime della bestia
di Yoshihiro Tatsumi
traduzione di Vincenzo Filosa
Coconino Press, 2017
172 pp. in b/n, € 17,50

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