Inizia bruscamente, L’uomo montagna, con un saluto che è un addio, un addio malcelato, che è chiara proiezione di due diverse prospettive di lettura offerte dal libro stesso. L’uomo montagna è un libro per un pubblico giovanissimo, ma chiaramente indirizzato anche ad adulti, per più motivi (come la cura nella costruzione di tavole elaborate e i più livelli di lettura delle metafore). L’addio che si consuma nelle prime pagine è quello tra un nipote e un nonno. La storia lo mostra come un arrivederci del vecchio al giovane e un invito al ragazzino a intraprendere un viaggio per ritrovarsi ancora. Il bambino insegue il miraggio di rivedere l’anziano, mentre in realtà sta percorrendo un simbolico percorso di iniziazione alla vita e alla natura, dopo l’addio del nonno.
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Sembra chiara l’intenzione degli autori di produrre una lettura dai tempi non immediati né affrettati, seppur disposta su un numero non sostanzioso di pagine. Le tavole sono complesse (per un fumetto indirizzato a bambini a partire dagli otto anni), dalla costruzione non banale, quando disposta su più vignette quando su splash ricche di disegni dal segno delicato e dai cromatismi variegati. Seppur non ispirandosi palesemente a nessuna opera o a nessuna corrente più nota, il fumetto di Séverine Gauthier (testi) e Amélie Fléchais (disegni; già al terzo libro in Italia per Tunué, dopo Lupetto Rosso e Il sentiero smarrito) fa uso di simboli e di situazioni assai comprensibili e tradizionali, animando elementi naturali, dalle montagne al vento agli animali, che interagiscono e parlano col protagonista. In questo ricorda un po’ le storie dalla leggera ispirazione nordica della Hilda di Luke Pearson, con piccoli ometti a confronto con le grandezze della natura e del destino.
Nonostante l’ispirazione naturalista, Fléchais rifugge la facile tendenza contemporanea ad attingere dallo stile narrativo e grafico di Hayao Miyazaki, al quale fin troppi guardano in Occidente. Non solo imitandone lo stile grafico asciutto, ma anche riprendendone le soluzioni narrative cariche di emotività applicate agli ormai tradizionali temi ambientalisti. Fléchais costruisce invece un immaginario grafico ben stratificato e dai tratti moderni. Guarda molto all’illustrazione, più che al fumetto, ma non all’illustrazione classica o pittorica, come farebbe immaginare la tematica così formativa e universale.
La Fléchais si inserisce nel solco di fumettisti che lavorano al margine tra fumetto e illustrazione (e non mi riferisco solo a quella dei picture book ma anche al mondo dell’illustrazione editoriale). Mostra similitudini di approccio con le americane Eleanor Davis o Andrea Tsurumi, che, seppur responsabili di lavori indicati per un pubblico più maturo, condividono con la Fléchais un’estetica simile, con tavole dalle vivaci variazioni cromatiche e dalle costanti sfumature, ricche di figure stilizzate e dai contorni non semplificati. Un’estetica lontana quindi da quella dell’animazione contemporanea.
La simbologia grafica ricorda quella dei lavori dello spagnolo Roger Olmos, autore di picture book per un pubblico maturo ma che ha toccato anche lui temi universali come morte e invecchiamento (come in Calando o in La leggenda di Zum). Entrambi amano giocare con metafore che si sviluppano in elaborate figure verticali; qui sono le montagne, curiosamente in testa al nonno e al nipote. Davvero buffe le scene (finali) con la testa del ragazzino acuminata dalle montagne che ci crescono sopra (nessun spoiler, visto che l’immagine in questione è sviluppata anche in copertina), a tratti grottesche se non fosse per i colori tenui che alleggeriscono l’immagine evocata. Ammetto che mi abbiano lasciato piuttosto stupito, tra il divertito e il perplesso.
L’uomo montagna
di Séverine Gauthier e Amélie Fléchais
Tunué, 2017
56 pagine a colori, € 14,90