Una delle (tante) particolarità di Legion è l’assenza di una sigla vera e propria, di quelle belle sia da un punto di vista musicale che di design, che uno anche se è alla 7×13 ancora non riesce a mandarla avanti veloce o a fare altro nell’attesa che inizi la puntata. No, Legion inizia a strappo e a un certo punto, nei primi minuti, compare il titolo, un titolo maiuscolo che si concede come unico vezzo grafico la presenza di una X all’interno della O (e di X e di O sono costellati gli episodi, questo in particolare).
La schermata del titolo del quarto episodio questa volta dura meno di un secondo. Trovo ammirevole questo menefreghismo da parte dei realizzatori: non voler concedere nulla allo spettatore, nemmeno la sicurezza di un titolo a fuoco e ben chiaro. Penso sia un segnale, in qualche modo, di quello che (non) ci attende nel proseguo dello show.
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In questa puntata, David è ancora in stato di sonno profondo. Melanie pensa che ci sia qualcosa che voglia nascondere a tutti e così manda la squadra (Syd, Ptonomy e Kerry) a scoprire cosa gli sia successo prima dell’arrivo al Clockworks. Vanno alla ricerca di Philly, l’ex fidanzata di David e scoprono che in tutti i ricordi di David, Lenny, l’amica picchiatella, aveva sostituito un’altra persona di nome Benny, e che il ragazzo aveva attaccato il suo psicologo, ora eremita all’interno di un faro. I tre gli fanno visita ma durante la discussione Poole si trasforma nell’Occhio e la Divisione 3 inizia a crivellare di colpi il faro. Intanto, David è bloccato nel piano astrale, dove fa la conoscenza di Oliver Bird (la new entry Jemaine Clement), marito di Melanie, che nella nostra realtà giace in stato comatoso dentro una tuta da palombaro all’interno di una stanza a bassa temperatura. Oliver gli consiglia di aspettare insieme a lui i soccorsi ma David, spinto da Lenny, si libera da solo dal limbo e corre a salvare i suoi amici. L’Occhio ferisce Kerry (causando un malore psichico anche a Cary) e l’episodio si chiude su un furibondo David. Alle sue spalle compare Lenny, la cui mano ha l’aspetto di quella del Diavolo con gli occhi gialli.
Il quarto capitolo di Legion è un grande metaracconto che si apre con Oliver Bird rivolto allo spettatore mentre parla delle storie che i genitori raccontano ai figli, quelle che impartiscono un insegnamento creando empatia e quelle che spiegano una morale attraverso la paura. Più avanti Syd – la stessa che nell’episodio precedente affermava il concetto di identità a prescindere dalla forma che assumiamo – se ne esce con la one liner «Chi siamo, se non le storie che raccontiamo a noi stessi?». Legion grande e totale bugia o sogno lucido alla Train de vie?
E qui attenzione, che adesso potrebbe partire una fan theory degna del gruppo di Reddit dedicato alle interpretazioni di Westworld: Philly, l’ex fidanzata di David, lavora all’agenzia immobiliare “Calvino Reality”. What’s that?!? È un elemento su cui vogliono di sicuro farci riflettere dato come lo inquadrano (al contrario ma ben visibile in due o tre occasioni).
Si parla di Giovanni Calvino o di Italo Calvino? Il primo ha cercato di interpretare la realtà secondo un punto di vista cristiano, il secondo ha giocato con i concetti di verità, storia e finzione in tanti suoi romanzi. Visto che è pensata da autori che parlano l’inglese (e che comunque Giovanni Calvino è un’italianizzazione) direi che è più probabile si riferisca al nostro Italo. Sì, ma in che modo? Quella di Legion è una realtà calviniana? Ma Calvino è uno degli autori più cangianti della letteratura italiana, parlerà del Calvino neorealista o combinatorio?
Io punto tutto su Se una notte d’inverno un viaggiatore, che agli americani piace tantissimo, e che in effetti parla di come il racconto della molteplicità delle cose impedisca una conoscenza certa della realtà. È quindi questa la morale di Legion? Che nulla di quello che stiamo vedendo verrà mai diramato tra certezza e sogno? Che il problema sta nel nostro raccontare/distorcere i fatti? Siamo a metà della stagione ed è lecito supporre una qualche parvenza di spiegazione. Ma come dicevo all’inizio, fornire risposte sembra l’ultima preoccupazione degli autori.
Annotazioni sparse:
– Parlando della Calvino Reality, va notato che il cattivo di questa serie si chiama L’Occhio e quindi… OMMIODDIO È TUTTA UNA COSPIRAZIONE!
– Ovviamente solita dicotomia blu-arancio imperante, la camicia arancio di Oliver Bird su sfondo blu ghiaccio, studio dello psicologo col pavimento aranciato e le pareti turchesi e a ogni scena color mandarino ne segue una azzurra. L’unica nota discordante è il ricordo d’infanzia di David in cui, tanto per cambiare, lui ha abiti rosso e sua sorella veste in verde.
– Effetti speciali un po’ mosci, con l’ultima inquadratura di Lenny davvero brutta, sembra un effettaccio di Spawn.
– Cerchi e X ovunque. Gli orecchini di Philly sono dei cerchi, la finestra da cui si butta Kerry verso la fina è rotonda, con una X dentro, nel piano astrale le scale che scende David sono dei cerchi, la tuta da palombare di Oliver ha degli oblò con delle X, e via così.
– Sequenza di montaggio con Undiscovered First di Fiest in sottofondo: 👍🏾👍🏾👍🏾
– Jemaine Clement, mio attore preferito, che, oltre a essere il 50% dei Flight of the Conchords (e già questo basterebbe per aver chiuso in bellezza una carriera), è stato il miglior cattivo della saga di Men in Black Boris l’animale, ha co-diretto What We Do in the Shadows, uno dei migliori mockumentary di sempre, e adesso mi fa veramente sognare con questo personaggio: Oliver Bird, marito di Melanie intrappolato nel piano astrale il cui character design è Ron Shusett + James Brown. Strano, dopo la rottura dei Conchords pensavo che Clement fosse la metà debole e meno lanciata della coppia. L’altro, Bret McKenzie, non solo aveva avuto un cameo nei tre film de Il signore degli anelli (dici cotica), ma poi aveva scritto le musiche del reboot de I Muppets, vincendo pure un Oscar. Clement invece me lo vedevo già spacciato a prestare il suo vocione ai cattivi dei cartoni – come infatti stava facendo. Ma siccome sono uno che vede lontano, adesso Clement lavora un botto mentre l’ultimo segno di vita lavorativa di McKenzie risale al 2014. Magari è solo questione di avere un buon agente, chissà.