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Guida ai fumetti di Iron Fist

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È sufficiente un nome per inquadrare Iron Fist? Il personaggio di Marvel Comics anche conosciuto da noi come Pugno d’Acciaio, anche conosciuto come la spalla di Luke Cage, anche conosciuto come l’ultimo supereroe in ordine di tempo a ottenere una serie televisiva tutta sua su Netflix (una serie che, lo temevamo noi pessimisti, si sta rivelando non granché secondo i critici americani), in arrivo il 17 marzo, ha vissuto molte vite. Per l’occasione, ricapitoliamo la sua Storia (attraverso le sue storie) per cercare di conoscerlo meglio e arrivare preparati alla visione della serie tv.

Le origini

Iron Fist nasce editorialmente nel maggio 1974, nel bel mezzo della mania degli americani per le arti marziali e i film di kung fu. Lo sceneggiatore Roy Thomas ricorda come il nome del personaggio derivi dal primo film di kung fu visto da bambino, in cui veniva messa in scena la “cerimonia del pugno di ferro”. Gil Kane, il disegnatore scelto da Thomas, si fa influenzare da Amazing Man, un supereroe degli anni Quaranta creato da Bill Everett (Amazing Man stesso sarebbe diventato poi un personaggio nella serie Immortal Iron Fist).

ironfist

Newyorchese e figlio del capitano d’industria Wendell Rand, Daniel Rand parte giovanissimo con i genitori verso l’Oriente alla ricerca della mistica città di K’un L’un, in cui Wendell era stato cresciuto e adottato da Lord Tuan, detentore del titolo di Yu-Ti, ossia sovrano della città, per poi far fortuna negli Stati Uniti. Con loro, anche il socio d’affari Harold Meachum, che durante la scalata verso la città lascia morire Wendell per poter aver campo libero con la madre di Danny, Heather, di cui è segretamente innamorato. Ma un branco di lupi si avventa sul gruppo, e Heather, dopo aver rifiutato la corte poco ortodossa di Meachum, si sacrifica per proteggere il figlioletto. Danny viene salvato dagli arceri di K’un L’un, che lo portano dal nuovo Yu-Ti, Nu-An figlio di Lord Tuan e fratello adottivo di Wendell.

Lo Yu-Ti, da sempre geloso delle attenzioni che il padre aveva riservato a Wendell, percepisce il desiderio di vendetta di Danny e lo manda ad addestrarsi da Lei Kung il Tonante, il maestro di tutti i Pugni d’Acciaio, ossia i guerrieri meritevoli di combattere con il drago Shou-Lao. Dopo un duro apprendistato, Danny si reca a cospetto di Shou-Lao, lo sconfigge e immerge le sue mani nel braciere contenente il cuore della creatura, emergendo dalla caverna come Pugno d’Acciaio. Affamato di vendetta, torna in America per chiudere i conti con Harold Meachum, che nel frattempo è diventato un vecchio menomato verso cui Danny non può che provare pietà. Sistematosi a New York, decide di usare i propri doni per proteggere la cittadinanza.

Piene di combattimenti iperverbosi e scene riempitive, le prime storie di Iron Fist sono invecchiate male ma costituiscono le basi imprescindibili del personaggio.

Iron Fist & Power Man & Iron Fist

Dopo l’esordio, Iron Fist ottiene una testata che, scritta da Chris Claremont e disegnata da John Byrne, dura appena quindici albi, ma rappresenta il meglio della produzione del personaggio tra gli anni Settanta e Ottanta. Il gusto soapoperistico di Claremont e le matite plastiche di Byrne sembrano una prova generale per la loro gestione sugli X-Men, che tra l’altro compaiono nei numeri finali della serie. Sabertooth, arcinemesi di Wolverine, debutta qui come cattivo di Iron Fist.

power man iron fist omnibus panini marvel

Negli anni Ottanta il genere di origine di Pugno d’Acciaio – il kung fu – inizia ad andare fuori moda, insieme al blaxploitation, il cui rappresentante più illustre in Marvel, Luke Cage, sta a sua volta navigando in acque torbide. Ecco quindi che gli editor pensano di far confluire Iron Fist nella serie di Cage, Power Man, che allo scoccare del cinquantesimo numero cambia noma e diventa Power Man & Iron Fist, il primo albo di un team-up destinato a diventare uno dei più stretti sodalizi in casa Marvel.

La storia di PW&IF #50 prende le mosse dalla festa per il ritorno in libertà di Cage, interrotta bruscamente da Stiletto e Discus, storici nemici dell’eroe, a cui farà seguito la nascita della bromance tra Cage e Danny Rand. Su queste pagine debutterà anche il gruppo Heroes for Hire, futuro brand di diverse collane. Il team-up andrà avanti fino al numero 125, con la controversa morte di Iron Fist, scritta da Christopher Priest (che all’epoca si firmava ancora con il suo vero nome, James Owsley).

È Danny O’Neil – l’editor della testata – a ordinare di uccidere il personaggio, dopo la notizia della chiusura della serie. Fino a questo punto, Power Man & Iron Fist ha avuto un buon successo di critica e pubblico e ha venduto 100.000 copie più della soglia minima sotto cui le testate vengono cancellate. Non molto per l’epoca, ma una cifra dignitosa. La Marvel, però, porta le uscite da mensili e bimestrali, e questo affossa le vendite, offrendo una scusa per chiudere la testata.

Priest accetta, a condizione che la morte di Iron Fist sia indipendente dalle trame della serie: «Le storie che stavamo portando avanti si erano risolte, e quando tutto sembrava finito Fist venne ucciso» ha raccontato nel 2000: «Fu una morte senza senso, che colse di sorpresa i lettori. Li fece arrabbiare. Ma è normale essere arrabbiati, la morte è un’esperienza senza senso. Ed è come ci trattò la compagnia». È il settembre 1986, il fumetto americano sta vivendo una fase strana delle propria esistenza, e la carriera di Pugno d’Acciaio sembra conclusa definitivamente.

Di quella decade la cosa più memorabile resta la comparsata in Caccia al tesoro, apparsa su Daredevil #178, una storia di Frank Miller, ininfluente nel grande arazzo milleriano, che vale la pena segnalare, oltre che per le encomiabili tavole dell’autore (in questo numero si diverte particolarmente a giocare con le verticali), perché è il primo incontro tra Danny e Devil, un rapporto cruciale che evolverà negli anni Duemila grazie alle gestioni di Brian Bendis e Ed Brubaker.

Gli anni Novanta e l’amicizia con Devil

È John Byrne a resuscitare Danny sulla pagine di Namor #21-25 nel 1991 (in Italia su Namor nn. 23-24 e X-Marvel nn. 36-38). Una superarzigogolata spiegazione di come quell’Iron Fist fosse un sostituto e quello vero fosse tenuto in animazione sospesa da una pianta riporta in vita il personaggio, pronto per gli anni Novanta, un decennio in cui Pugno d’Acciaio in realtà annichilisce di fronte alla scarsità quantitativa e qualitativa delle storie a lui dedicate. Non c’è nulla da segnalare, niente che valga la pena nemmeno sfogliare, neanche il briciolo di una mezza comparsata che ispiri un sorriso di soddisfazione accennato. La pochezza di quegli anni si abbatte con furia immotivata su Danny, che vedrà uno spiraglio di luce soltanto al cambio del millennio.

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Durante la gestione di Brian Bendis (e, in seguito, di Ed Brubaker), Iron Fist stringe rapporti stretti con Devil e finisce, in un periodo in cui Matt Murdock è chiuso in prigione, per sostituirlo al fine di convincere l’opinione pubblica che Murdock non sia Devil – come raccontato ne Il diavolo nel braccio D (Devil & Hulk n. 124 e seguenti).

In qualità di Devil, si allea con Capitan America durante il crossover Civil War, per poi militare nei New Avengers a partire dall’arco narrativo Rivoluzione. La sua militanza viene però interrotta per dirottare il personaggio su quella che a oggi resta la sua produzione migliore, Immortal Iron Fist.

L’immortale Iron Fist

Nel libro Supergods, Grant Morrison afferma che ci sono cicli e ricicli storici in cui fase seriose si alternano a fasi scanzonate. Morrison passa dalla visione adulta e tagliente degli X-Men in New X-Men a un recupero della Silver Age pochi anni dopo in All-Star Superman. L’ho detta in maniera brutale, ma il punto è che all’alba del nuovo secolo la fase seriosa stava dettando legge, prima con la revisione oscura di supereroi come X-Men e Batman, in un ritorno ad atmosfere più congeniali ai soggetti (spogliati dei loro elementi più colorati, gli X-Men sono una profonda riflessione sulla diversità, mentre Batman è materiale fertile per studi psicologici), e poi con il contagio di cose che seriose non lo erano neanche in partenza, come il reboot duro e grezzo di James Bond, il cui Casino Royale introduce la spia a un mondo post-Jason Bourne, tutto misteri e handheld camera.

Nel 2008 la Marvel addotta un approccio simile per la nuova serie di Iron Fist, Immortal Iron Fist, che di serioso non ha mai avuto nulla, a parte i tragici antefatti che condussero alla sua nascita. Brubaker e Fraction gli scrivono una storia sui generis che scava nel passato del personaggio, il disegnatore David Aja gli leva la tutina verde, piombandolo in un mondo spento, dove l’unica luce che illumina la scena è quella del suo pugno.

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La storia dell’ultimo Iron Fist e Le sette città per il paradiso ampliano la mitologia di Pugno d’Acciaio, mescolando alla perfezione il thriller pulp, l’azione, il misticismo e soprattutto il kung-fu. Il trio di autori non solo ci consegna la più bella gestione di Iron Fist mai realizzata, ma tiene anche a battesimo un team creativo e un modus operandi che troverà piena forza nella serie di Occhio di Falco, altro esempio di rivisitazione di un personaggio che in passato non aveva eccelso in termini di storie (e i loro punti di contatto non sono passati sotto silenzio).

Nel post-Brubaker/Fraction/Aja si torna a volare bassi: la serie finisce nelle mani goffe di Duane Swierczynski e Travel Foreman (e altri tre o quattro disegnatori chiamati per non far sforare le scadenze al mensile), il cui unico guizzo è mettere in scena la gravidanza di Misty Knight, una delle Figlie del Drago con cui Danny ha da anni una relazione amorosa a corrente alternata (gravidanza che poi verrà smentita in storie future).

Iron Fist, Nuovo Vendicatore

Scesa la china della testata principale, Iron Fist si ritrova a spasso come comprimario. Con la fine di Assedio e l’inizio de L’era degli eroi, la serie New Avengers ricomincia con un secondo volume e una nuova formazione. Ora a capo del team c’è Luke Cage, che chiama Danny per tornare a far parte dei Nuovi Vendicatori. Nel primo arco narrativo della testata, Possessione, Fist finisce subito sotto l’occhio portasfiga di Brian Bendis. Un essere sconosciuto ha preso possesso dei supereroi con l’obiettivo di farsi consegnare l’Occhio di Agamotto. Iron Fist è uno dei posseduti e finisce trasportato insieme all’amuleto nella Dimensione Bianca, da cui riemerge con un nuovo – e un tantinello pacchiano – costume bianco e oro, la prima rivisitazione cromatica dei suoi abiti in quarant’anni di storie.

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La presenza continua nei Vendicatori lo porta poi a essere tassello importante nel crossover Avengers vs. X-Men, contribuendo ad addestrare Hope Summers e partecipando a tutte le battaglie contro i Cinque della Fenice, cinque eroi (Ciclope, Emma, Namor, Magik e Colosso) fusi con frammenti dell’entità cosmica nota come Fenice.

L’arma vivente e oltre

Alla fine di Avengers vs. X-Men Luke Cage smantella i Nuovi Vendicatori, che torneranno sotto nuova veste e con nuovi componenti, lasciando Danny in un limbo editoriale. Così, nel 2014, la Marvel vara Iron Fist: The Living Weapon, prima serie regolare dedicata al personaggio dai tempi di Immortal Iron Fist. Questa volta, la baracca è tenuta in piedi dal solo Kaare Andrews, che scrive, disegna, inchiostra, colora e fa il lettering di tutti e dodici i numeri.

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Andrews, più a suo agio nei racconti brevi, imbastisce una lunga storia in cui, recuperando alcuni elementi della gestione Brubaker/Fraction/Aja, ripercorre le origini del personaggio, lo affianca a nuovi comprimari (la giornalista Brenda Swanson, il giovane monaco Pei) e gigioneggia con splash page caciarone, sequenze d’azione estese fino all’iperbole e un tocco meno delicato rispetto a Immortal Iron Fist ma non per questo meno divertente, restando uno degli ultimi esempi nel fumetto supereroistico di one-man show creativo.

Conclusa l’esperienza, e con l’arrivo della fase Marvel NOW! 2.0, Iron Fist è tornato in coppia con Luke Cage sulla serie Power Man and Iron Fist, terza iterazione della storica testata, in corso di serializzazione in Italia sulle pagine di Devil e i Cavalieri Marvel. Con l’arco I ragazzi sono tornati, a opera di David F. Walker e Sanford Greene, si è aperta una nuova fase nella vita editoriale di Pugno d’Acciaio che ora, con una serie tv a carico (e un’altra in arrivo dedicata ai Difensori), è ricca di potenziali nuove storie.

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