Takashi Murakami, l’autore/sorpresa che aveva stupito un po’ tutti con Il cane che guarda le stelle (tanto da vincere il Premio speciale librerie Feltrinelli all’ultima edizione di Lucca Comics & Games) torna con due storie ambientate nell’universo narrativo del precedente titolo.
Nonostante il titolo, però, Il cane che guarda le stelle – Racconti è solo in apparenza una raccolta di storie. In effetti è molto di più: un tassello ulteriore con cui Murakami sviscera i temi dell’abbandono già affrontati nel manga del 2009 per ampliarlo e cambiare la traiettoria del suo sguardo. Due racconti che non solo sono legati fra loro, ma che s’intrecciano anche con la storia del padre abbandonato dalla famiglia a cui rimane solo il fedele cane Happy.
Una donna ormai convinta di essere alla fine dei suoi giorni scopre per caso un cane abbandonato con evidenti problemi di salute. Un bambino, la cui madre lo abbandona per periodi lunghissimi a una solitudine forzata in un appartamento, decide di affrontare un viaggio impossibile per tornare da suo nonno. Lo farà in compagnia di un cane rifiutato da tutti sin da quando era un cucciolo. Le strade della signora anziana e del bambino si intrecciano, sebbene la catarsi per i due personaggi avviene ben prima, proprio grazie ai due animali.
Non c’è dubbio che l’approccio emozionale di Murakami sia quello, un po’ furbo, di muovere emozioni profonde del lettore attraverso situazioni che generano una sincera pietà per i personaggi. Le carte sono già state scoperte con l’opera precedente, e l’effetto sorpresa si va perdendo. Gli elementi che contraddistinguono il suo modo di raccontare sono ormai noti e in questi racconti, pubblicati un paio d’anni dopo rispetto a Il cane che guarda le stelle, ritornano: l’uso della didascalia narrativa dei cani; l’attenta descrizione di un mondo decadente ma in qualche misura poetico; l’alternanza di momenti profondamente tragici ad altri un po’ più leggeri.
Ma se questi aspetti li conosciamo già è altrettanto vero che questi racconti rappresentano una conferma e un passo in avanti per l’autore: lo stile si perfeziona, il tratto è più adulto. Ma ciò che lo rende un mangaka da tenere d’occhio è sicuramente la capacità di fotografare il lato oscuro della società in cui vive, riuscendo con brillantezza e lucidità a illustrare sia gli ovvi lati negativi che positivi.
Murakami insiste nel mettere in scena la decadenza del contemporaneo, dove bambini e anziani (non a caso uno all’opposto dell’altro nel percorso della vita) si ritrovano accomunati dal desiderio di amore nonostante o proprio per l’orrore che hanno vissuto. E non si tratta di un orrore estremo, come quello della guerra, ma qualcosa di più sottile: il vuoto emotivo che nasce dall’indifferenza. Una questione centrale in una società strutturata, come quella giapponese (ma il suo discorso non è certo localistico), in modo da spingere l’arrivismo a farsi nuovo Dio, e che ha fatto del desiderio dell’effimero il nuovo centro del mondo.
Murakami racconta tutto ciò con un minimalismo che asciuga le pretese intellettuali, lasciando spazio a una sincerità comunicativa che attraversa con amara dolcezza le pagine. A metà strada tra l’essenzialità di un Jiro Taniguchi e la lucidità storica di un Isao Takahata, Takashi Murakami è senz’ombra di dubbio un autore che può dare molto al manga contemporaneo, e questo Il cane che guarda le stelle – Racconti ne è l’ennesima conferma.
Il cane che guarda le stelle – Racconti
di Takashi Murakami
traduzione di Marco Franca
J-Pop, 2017
186 pagine, b/n
9,90 €