Il secondo episodio di Legion, la serie Marvel/FX con protagonista David, un mutante schizofrenico, inizia piano, con una traversata in gommone di un fiume immerso nella vegetazione. Destinazione finale: Summerland, la struttura di Melanie Bird (la donna che lo aveva tratto in salvo alla fine del primo episodio), dove David inizia un lavoro di scavo interiore per far emergere la propria storia. In un déjà vu matrixiano, il protagonista si allena in lavori sulla parola, con la Bird, e sulla memoria, con Ptonomy Wallace, che ricorda tutto e può entrare nelle menti altrui. Bird scopre che Haller era stato catturato dalla Divisione 3, un distaccamento governativo la cui missione è stanare e studiare i mutanti, e gli spiega che quelle da lui ritenute come malattie sono in realtà le manifestazioni dei suoi poteri.
I tre iniziano a sondare l’infanzia di David e uno dei ricordi torna con insistenza: il padre – di cui David non riesce a ricordare il volto – gli legge come fiaba della buona notte Il bambino più arrabbiato del mondo, in cui il protagonista uccide la madre. Durante una visita nello scanner per la risonanza magnetica, David proietta la sua mente al Clockwors, dove sua sorella Amy lo sta cercando. Vedendo Amy venire rapita dalla Divisione 3, David si agita e teleporta se stesso fuori da Summerland. Syd Barrett, la ragazza di cui è innamorato e che l’aveva salvato dagli agenti della Divisione 3, lo ferma dicendogli che il suo allenamento è più importante. A malincuore, David la ascolta e si ferma.
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Il secondo episodio, che mantiene il tono e il ritmo impressionistico (tante suggestioni e poca trama) del pilota, ruota intorno al concetto di manipolazione, un tema che immagino sarà alla base della serie: David manipola i ricordi e la propria mente attraverso l’uso di droga – assunta insieme a Lenny – come i realizzatori manipolano la materia del racconto. Cambiano il formato dell’immagine, la tagliano all’interno di una stessa composizione, transitando da scena a scena senza soluzione di continuità, velocizzano il girato (la sequenza con lo psicologo va almeno una volta e mezza più veloce del normale, dando una forte sensazione di disagio, irrequietezza e instabilità) e continuano quel lavoro sul suono già presente nella scorsa puntata, tra stridii d’ottoni e stonature di strumenti analogici e digitali. È un’impalcatura stilistica molto ingombrante – che sembra perfino toccare la recitazione degli attori (Rachel Keller, nei panni di Sydney Barrett, palese omaggio ai Pink Floyd, ha una recitazione monocorde, pronunciando le battute sempre con la stessa intonazione) – che si mette davanti al bisogno di raccontare una storia, sostituendosi alla stessa perché diventa lei stessa il racconto della “schizofrenia” di David, in un agile esempio di stile = sostanza.
Ponendo l’accento sulle influenze cinematografiche (le sessioni d’allenamento alla Matrix, il viaggio nel cuore della giungla alla Apocalypse Now), Legion conferma la sprezzante noncuranza nei confronti del materiale di partenza. Ottima cosa, eh, perché tiene lontani gli spettri delle easter egg e degli occhiolini che si sentono sbattere a un miglio di distanza, però talvolta dispiace non vedere una rappresentazione at large del mondo mutante, finora ritratto nella sua coralità solo nei filmoni testoteronici del franchise.
Annotazioni sparse:
– Malanie Bird è la Charles Xavier di questa fetta di universo Marvel. E, proprio come Xavier, possiede questa struttura enorme nel bel mezzo del nulla che non si sa con quali fondi abbia tirato su. C’è la possibilità che facciano uno spin-off dedicato soltanto alla scalata al successo di questa terapeuta speciale che sceglie di vivere il sogno Into the Wild edizione deluxe?
– Parlando di Xavier: a un certo punto, raccontando del fatto che le stelle hanno una voce, David dice che anche suo padre sentiva le stelle parlare, salvo poi spiegarla come metafora. Quindi il padre di David è come lui?
– Il pusher che vende la droga a David e Lenny è interpretato da Eddie Jemison, altresì noto come il disagiatissimo Livingston della saga di Ocean’s Eleven, verso la quale, come scrissi su Letterboxd, nutro una «morbosa speciale fascinazione».
– Pensavo ai titoli di coda, un po’ alla Mondrian, con questi quadrati verdi e viola che cambiano dimensione su sfondo bianco. Scelta azzeccatissima, perché: il verde e il viola sono colori complementari (che si rafforzano a vicenda) nel modello additivo di colori RGB; sono i colori maggiormente presenti nei costumi dei cattivi fumettistici; soprattutto, sono il binomio di colori di Buzz Lightyear (lo sapevate che i colori di Buzzlightyear sono stati scelti perché erano i colori preferiti rispettivamente del regista John Lasseter e di sua moglie? Non è una storia che vi scalda il cuore come un panino al pastrami?).