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Maupassant nel bianco e nero di Dino Battaglia

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Nel 1981 – ben 36 anni fa – il critico Claudio Bertieri, in una monografia pubblicata da Editori del Grifo e dedicata a Dino Battaglia scriveva che:

[…] il suo rifiuto al banale illustrativo e alla tradizionale istituzionalità della pagina ordinata in quadretti si concreta in insolite geometrie, in continui scontornamenti visuali ed in inattesi sconfinamenti. Il “fumetto”, per usare un termine categoriale di comodo, nell’insistita deviazione di Battaglia, diviene un’altra cosa. 

È interessante notare che agli inizi degli anni Ottanta, in Italia, ci si stupiva ancora per la capacità di alcuni autori di “scontornare” e di “sconfinare” fuori dal tracciato istituzionale della tavola, cosa che (ahimè) succede ancora oggi dopo aver masticato, deglutito e digerito qualsiasi possibile sconfinamento. Ma questo è un discorso liso che rischia di tracimare nella bega e nella discussione da bar. Pertanto, mi atterrò all’argomento di questa breve e puntuale disanima: e cioè Battaglia, o l’altro dal fumetto, come ironicamente potrei intitolare questo breve pezzo. Cos’è l’altro dal fumetto che Battaglia mette in essere quando si approccia alla narrazione per “immagini parlanti”? Nient’altro che fumetto, direi. E lo fa muovendosi in una tradizione ben consolidata e istituzionalizzata quale la riduzione dei classici a fumetti.

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Quello che rende Battaglia inimitabile è la modalità con cui interpreta questa tradizione. Quando nel 1967 Battaglia si approccia alla riduzione a fumetti lo fa con un grande classico come Moby Dick per la rivista Sgt. Kirk diretta da Florenzo Ivaldi. La peculiarità del suo stile è già evidente, ma rimane comunque fedele a una gestione lineare della tavola: la griglia non è stata ancora rotta e la modulazione del tratto, per quanto veloce, è ancora lontana dall’uso delle campiture sfumate e meno dense delle opere degli anni Settanta.

Cercando un proprio stile, Battaglia si approccia al capolavoro di Melville. A primo acchito sembra seguire una via tracciata decenni prima dalla serie Classic Illustrated, che tra gli anni Quaranta e Settanta dello scorso secolo propose le famose riduzioni dei classici della letteratura. L’editore di origini russe Albert Kanter la creò con chiari scopi educativi: introdurre i giovani lettori alla letteratura attraverso un mezzo ammiccante e di facilissimo richiamo come il fumetto. L’autore veneziano, però, non risponde a questo fine: non vi è finalità didattica nelle sue opere, ma drammatica. E nel contempo sembra, a chi scrive, che non vi sia neanche quell’esigenza “provinciale” di voler nobilitare il fumetto attraverso un rimando alla letteratura: come se il fumetto, trattando una materia nobile, possa accedere automaticamente a quell’altro dal fumetto e quindi eccedere il fumetto stesso.

Non vi è altro al di là del fumetto, che il fumetto stesso. Infatti, Battaglia utilizza i classici come materia prima per poter sperimentare le possibilità intrinseche del mezzo. Il tutto esercitando una metodica analisi del testo e del con-testo storico al fine di creare un correlato grafico, la cui intrinseca finalità non è quella di condurre il lettore alla conoscenza del testo madre. Le riduzioni di Battaglia sono esercizi di stile, cioè vere e proprie traduzioni inter-semiotiche, che non si limitano a declinare la parola letteraria al fumetto. Infatti, pur rimanendo fedele alla voce degli autori con cui di volta in volta si confronta, il disegnatore si esercita in un’interpretazione personale, che riattiva il senso sedimentato nel testo per ampliarlo. Questo è quello che si può notare con evidenza nei primi due volumi della collana che Nicola Pesce Editore ha dedicato al “maestro dei maestri”, come lo definì Hugo Pratt.

Nel volume dedicato ai Racconti della guerra franco-prussiana di Guy de Maupassant, Battaglia offre un interessante saggio della sue capacità interpretative. Lo scrittore conobbe da vicino gli orrori della guerra, avendo prestato servizio come artigliere volontario. Tuttavia, a egli non interessa la Storia degli Eventi, ma gli aneddoti catturati ai margini. L’impreparazione tecnica dei reparti francesi e lo scarso spirito di realtà dell’Impero si riflettono tanto nella scrittura di Maupassant quanto in quella di Battaglia, attraverso un’ironia sottile di chiaro segno anti-militarista. Non è un caso che l’esercito imperiale sia il grande assente nell’affresco tratteggiato dai racconti di Maupassant, e Battaglia di suo è attento a ritrarlo raramente e in modo da restituire la strisciante critica.

È interessante notare che nella tragicomica L’avventura di Walter Schnaffs le fazioni militari intervengono in due momenti distinti: all’inizio del racconto, dove le vediamo impegnate in sortita dei franc-tireurs – incursioni definite barbariche dagli ufficiali prussiani – e sul finale mentre riconquistano un maniero “assediato” dal povero e inconsapevole Schnaffs, un ulano prussiano strappato alla sedentarietà e alla tranquillità del suo borgo. Il lettore viene condotto a empatizzare con il misero Schnaffs grazie alla prossemica e alla fisiognomica che Battaglia dona al protagonista: la mistura di legnosità e impacciataggine che contraddistingue il personaggio è resa attraverso un registro caricaturale e comico. Le pose goffe di Schnaffs vengono rese non con un uso plastico dei volumi, ma attraverso una stratificazioni di segni lasciati fluire sull’accecante bianco della pagina, oppure attraverso il tratteggio nouveau con cui viene rappresentata la vegetazione. Ma la resa parodistica delle milizie prussiane è un tratto che accomuna quasi tutti i racconti: dall’ulano ingozzato da Saint Antoine ai quattro malcapitati galoppini affettuosi arsi vidi da Mamma Sauvage, passando per gli ufficiali protagonisti del La signorina Fifì.

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Ma, al di là dei corpi, è lo spazio il grande protagonista. Battaglia rende il tutto attraverso una dialettica tra bianchi e grigi. Il nero pieno e coprente è astutamente evitato grazie all’impiego di tecniche differenti che modellano i pieni in una serie di grigi utili a costruire un’atmosfera fumosa e decadente. Viene stesa una patina di polvere su questi racconti, contribuendo a quell’idea di segno antiquario di cui parlava Andrea Tosti nella recensione al precedente volume della serie, quello dedicato alle riduzioni dei racconti di Edgar Allan Poe.

In Due amici, una Parigi assediata dai prussiani in cui la borghesia si muove fiacca tra i profili di edifici che sembrano vuoti non è dissimile alle case addormentate del borgo di Canneville di Un colpo di stato, dove va in scena, in una feroce pantomima, il comico passaggio di consegne tra la burocrazia aristocratica fedele all’Impero e la nostalgica guardia repubblicana dopo la disfatta di Sedan. Non sono solo le città a parlare in Battaglia, ma anche e soprattutto il contado, i cui bianchi diventano lo spazio scenico della rivalsa dei semplici, così come gli interni altrettanto bianchi riflettono la decadenza morale di certa borghesia come nella fondamentale Palla di Sevo.

Proprio quest’ultima rappresenta il capolavoro nel capolavoro. Con le sue 18 pagine, si presenta come il racconto più lungo della raccolta, e Battaglia ne da un’interpretazione magistrale per fedeltà e respiro narrativo. Lo spazio bianco viene usato come dimensione in cui allocare i cartigli di testo narrante, conservando così la voce onnisciente di Maupassant. Questa scorre ai margini delle vignette, conservando con l’alternarsi dei balloon il ritmo originale del racconto. Battaglia lavora con rigore e precisione: sottolineando i passaggi caratterizzanti del racconto. A una lettura non attenta, l’uso consistente della parola in forma di didascalie che affollano e sembrano quasi soffocare il flusso delle immagini potrebbe essere interpretato come una pecca. In realtà, Battaglia lavora di sintesi, cristallizzando le riflessioni a margine di Maupassant in poche e decisive immagini, in cui il bianco diventa parte integrante e fondamentale: non più solo un medium da cui si staccano per contrasto le forme, ma esso stesso rimanda da altro da sé e lo supera in una struttura narrativa.

Nel contempo, questo lavoro di sintesi grafica si concreta nell’uso di un doppio registro: da un parte vi è una ricerca di uno stile realistico, fondato sull’uso sapiente di fonti iconografiche dell’epoca, dall’altra l’enfatizzazione di un tratto caricaturale con un rimando all’opera di Honoré Daumier, quasi a voler rimarcare, sottolineare e intensificare le tracce critiche presenti nel testo. Si potrebbe rimproverare l’uso di stratificazioni e tecniche che rendono le atmosfere troppo oscure, non in linea con la scrittura dell’autore di Bel Ami, ma Battaglia, pur attingendo al realismo pittorico ottocentesco da Fattori a Detaille, passando per Grolleron e De Neuvillle –, conserva una sua peculiare visione. Il segno naturalistico di un Alphonse-Marie de Neuville è interpretato da Battaglia eliminando qualsiasi riferimento al colore e lavorando sulle gradazioni di grigi attraverso tecniche di spugnatura e tratteggio, in rottura e in continuità con quanto sperimentato nei racconti gotici dedicati a Edgar Allan Poe.

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L’ultima edizione dei Racconti franco-prussiani risale al 2000 per Edizioni Di. In copertina campeggiava l’ufficiale prussiano protagonista del racconto Due amici, implacabile e placido nella sua ostinata attesa, misurata dal lento fumo della sua pipa. A sedici anni di distanza, l’edizione NPE riporta nelle librerie un’edizione definitiva e necessaria, scegliendo come immagine di copertina la tavola di apertura di Un colpo di stato, in cui una Parigi desolata diventa l’icona del sentimento che pervade la lettura di Battaglia: l’attesa inutile di un cameriere dinanzi ai tavoli vuoti di un bistrot allude di converso all’umanità ritratta nei racconti selezionati dal disegnatore. Un’umanità ferita dall’incomprensibilità della violenza, ma che non si piega e non attende, anzi resiste e combatte tenacemente porta a porta, casa per casa, in virtù di un sentimento che va al di là del mero patriottismo. Battaglia dipinge l’uomo in situazioni limite, in cui la disperazione disegna scenari inediti che eccedono la storia, per farsi quasi leggenda.

Maupassant
di Dino Battaglia
Nicola Pesce Editore, 2016
124 pagine in bianco e nero, € 14,90

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