Fumetto e teatro: così lontani, così vicini. Il 2016 più che mai è stato l’anno in cui, in Italia, abbiamo visto interagire questi due linguaggi e campi espressivi, in una inconsueta quantità di spettacoli ispirati a graphic novel, serie e storie brevi a fumetti. Ben tre fumetti di Akab hanno dato vita a pièces teatrali. Davide Toffolo ha aggiunto al già già collaudato musical dei Cinque allegri ragazzi morti anche una rappresentazione di Graphic novel is dead. E poi c’è il caso particolare di Maicol&Mirco, i cui bizzarri Scarabocchi sono diventati uno spettacolo di discreto successo (ospitato anche durante il festival BilBOlBul).
Se l’espressione performativa è sempre stata caratterizzante nell’opera di un artista come Toffolo – che di pari passo al fumetto calca i palchi con la sua band Tre allegri ragazzi morti – è singolare il caso del prolifico Akab, con ben tre adattamenti teatrali di storie oscure, molto visive, dai temi criptici ed evocativi come solo il disegno può fare. Altrettanto controcorrente sembra il percorso degli Scarabocchi di Maicol&Mirco, con il loro umorismo nero e uno spirito da sgangherati haiku grafici, diventati popolari sui social (con oltre 80.000 fan) e dal 2017 sbarcati sulla rivista Linus.
A unire i tre autori non c’è molto dal punto di vista dell’immaginario o dello stile, dotati come sono di voci personali ben marcate e affermate. Per capire come siano nati e quale forma abbiano preso tanti progetti teatrali a così breve distanza tra loro – e per due di loro, riguardanti più di un’opera – abbiamo pensato di discuterne con gli autori stessi. E li abbiamo radunati in una sorta di tavola rotonda (a distanza).
Come sono nate le iniziative che hanno portato alla rappresentazione teatrale delle vostre storie?
Akab: Nel caso di Monarch, mi ha contatto Mattia de Virgiliis per chiedermi il permesso di usare i testi all’interno di uno spettacolo di danza moderna che stava preparando sul mito di Antigone. Onestamente di danza moderna o antica ne so meno di zero, quindi abbiamo iniziato a parlarne. Mi sono accorto che Mattia conosceva i testi di Monarch a memoria e mi ha confidato che da più di un anno girava con la sua copia sempre dietro. A quel punto, ovviamente, gli ho detto di sì.
Per quanto riguarda Not an atom of hell shall enter into my paradise (un libro uscito solo in Germania) mi hanno scritto i ragazzi dello Sputnik Festival proponendomi di fare qualcosa di diverso dalla solita mostra. Io ero reduce da Walking utopia (uno spettacolo sul tema dell’immigrazione che coinvolgeva poesia, musica techno, disegno live e acrobazie circensi) e avevo voglia di rifare cose simili, quindi insieme a Daniele Onorati (che ne ha curato la regia) abbiamo iniziato a ragionare sulla possibilità di farne una versione teatrale. E così è stato.
M&M: Come tutte le cose che funzionano bene: per caso. Andrea Fazzini (regista e direttore artistico del Teatro Rebis) è un nostro vecchio amico. Insieme NON andavamo a scuola. Ci siamo rincontrati dopo anni ad un baccanale e… Dobbiamo continuare?
Toffolo: Se parli di Cinque allegri ragazzi morti – il musical Lo_Fi, è nato in un baretto al Pigneto a Roma. La regista Eleonora Pippo, fan dei Tre allegri e appassionata di fumetti mi disse che avrebbe voluto fare un musical ispirato alle mie storie e nel quale ci fosse la musica dei Tre allegri. Io risposi, un po’ preoccupato, che lo avremmo fatto. Mesi dopo mi disse che la compagnia era composta e che mancavo solo io per cominciare le prove, che sarebbero durate tre settimane. Quindi andai a Roma a fare le prove. Così è cominciato tutto.
Cosa, dei vostri fumetti, ritenete abbia stimolato l’interesse e l’ispirazione di una compagnia teatrale?
M&M: Perché i nostri fumetti sono “la paura che sfida la paura”, che a nostro avviso è l’esatta definizione del Teatro.
Toffolo: La prima ragione penso sia il fatto che ho esplicitato in un libro che si intitola Tres, fumetti per il teatro questa mia passione. La seconda penso sia il fatto che il mio lavoro, in generale, è nato sulla idea di trovare energie nuove. Con i fumetti, con Piera degli spiriti e Cinque Allegri Ragazzi Morti negli anni ’90 e con le graphic novel negli anni successivi, e con la musica nel collettivo de La tempesta, che ha fatto da apripista a molte altre etichette indipendenti che sono poi fiorite. Anche il teatro ha bisogno di energie nuove e si è rivolto a situazioni simili, a linguaggi fratelli.
Akab: Chiaramente avrebbe più senso chiederlo a loro. Forse si prestano perché ho una naturale tendenza a raccontare storie minimali in luoghi chiusi e con pochi personaggi, adatti ad essere ricostruiti senza troppi sforzi economici.
In cosa il fumetto somiglia al teatro? E’ una questione di libertà di espressione?
M&M: Il fumetto per fortuna non somiglia a nient’altro. Il fumetto è sempre e solo fumetto. Però il mondo dei nostri fumetti assomiglia straordinariamente al mondo del Teatro Rebis. Mondi in cui si parla all’Uomo e non dell’Uomo. Mondi in cui la parola DIO è molto più lunga di tre lettere. Mondi pieni del niente. Aggiungiamo che senza il Teatro Rebis non ci sarebbe potuta essere alcuna trasposizione in scena del nostro lavoro.
Akab: Sono entrambe espressioni umane. Per ora non vedo altre similitudini se non inutili forzature.
Toffolo: Non credo centri la parte decorativa. Il teatro è un linguaggio a parte, un’arte specifica e anche quando, come nel mio caso, viene mantenuta integra la struttura narrativa e addirittura i dialoghi, la trasposizione linguistica ne produce una nuova cosa. Cinque allegri ragazzi morti ha, per esempio, un valore linguistico specifico. Non prevede ricostruzioni ambientali, il pubblico è praticamente in scena e tutto diventa un’esperienza unica e originale. I personaggi, la storia e anche le parole sono quelle, ma alla fine tutto è nuovo.
Nelle versioni teatrali, cosa è andato perduto e cosa si è aggiunto, di significativo?
M&M: Lo spettacolo teatrale è un fedelissimo copia e incolla dei nostri migliori sketch. Andrea in fase di scrittura li ha semplicemente rimontati, dando vita però ad un terrificante discorso sulla vita e soprattutto sulla morte che non sapevamo di aver scritto. Le parole sono le stesse. Il discorso è diverso.
Akab: Parto dal presupposto che dallo stesso legno si possono fare sia tavoli che siede. Ovvero quando si decide di trasporre un’opera da un linguaggio ad un altro, sono certo verrà fuori una cosa diversa. Posso dire a riguardo che in uno strano modo entrambe le rappresentazioni hanno preso una virata inaspettata verso l’antica Grecia. Monarch con Antigone, mentre “Not an atom” con i cori mitologici tipici della tragedia.
Toffolo: Sono linguaggi diversi. Puoi trovare dentro tutto se non sei passivo. Almeno questo è il teatro che a mi eccita. Ma il segreto è l’idea drammaturgica. Nella visione del Musical lo-fi sui Cinque allegri questa idea c’è.
Che ruolo avete avuto nella produzione degli spettacoli?
Toffolo: Ho seguito come attore la messa in scena del primo episodio e del secondo. Ho prodotto le maschere usate nello spettacolo, ma la produzione esecutiva è di Pubblico Teatro, una compagnia di Roma. La tempesta ha lavorato sulla parte della comunicazione.
Akab: Direi musa ispiratrice e spettatore. Nel senso che in entrambi i casi gli autori della trasposizione sono partiti da dei miei libri per poi fare delle scelte su cosa tenere o meno. Quello che ti posso dire è che non c’è stato un vero processo di riscrittura e i testi scelti sono stati mantenuti fedelmente.
M&M: Portiamo i fiori a fine spettacolo. Come ad un bel funerale.
Che reazione avete avuto vedendo la prima volta lo spettacolo?
Toffolo: L’emozione è stata fortissima. Anche le estenuanti prove, la bellezza degli attori e l’ idea drammaturgica così aderente al mio modo di fare e capace di mettere assieme la mia musica e parole in una specie di viaggio narrativo e psicoanalitico assieme, il fatto di essere in scena durante lo spettacolo ha prodotto in me un’ enorme emozione.
Akab: In tutti i casi molto forte. Un autore di fumetti spende moltissimo tempo della sua esistenza nella testa, vedere queste idee maturate in solitudine entrare nella realtà è una esperienza stupefacente che ti costringe a riesaminare quello che hai fatto con occhi totalmente diversi. Immagino siano sensazioni molto personali e che in nessuna maniera possono rispecchiare un giudizio obbiettivo sull’insieme.
M&M: Sono rimasto pietrificato. Ad ascoltare quello che non sapevo di aver detto.
Quale fumetto di qualunque altro autore vi piacerebbe vedere al teatro?
Akab: Il primo nome che mi viene in mente è Custer di Trillo e Bernet, non solo perché è una magnifica storia, ma perché consentirebbe un assurdo cortocircuito di media. Custer è un fumetto con fortissimi riferimenti cinematografici che usa il linguaggio della tv. Gli manca giusto il teatro per fare poker. Oltre a questo è disseminato di piccole e grandi intuizioni da renderlo uno spettacolo a cui proprio vorrei assistere. Tipo i muri per aspiranti suicidi al bordo delle autostrade o un concerto degli squartatori di Annabelle, per vedere quale pezzo gli mutileranno questa volta, per chiudere con l’atto finale in cui si rivedono scene già rappresentate in precedenza ma con i testi manipolati dalla rete per nascondere la verità. D’altra parte tutte le storie sono solo bugie ben articolate.
M&M: Nessun fumetto. Quello che è successo a noi col Teatro Rebis non è replicabile.
Toffolo: Eleonora sta lavorando, mi dicono, alle “Ragazzine” di Ratigher e non vedo l’ora di vedere cosa inventerà per superare il problema delle proporzioni fra i personaggi e dei colori. E poi c’è un altro livello di teatro e fumetto per me. Una specie di Standup commedy che si chiama Graphic novel is dead. Live! che è ispirata all’ultimo libro che ho pubblicato. Ma quella se vuoi te la racconto un’altra volta.