Si apre con una sequenza muta dalla implicita musicalità il primo libro a fumetti di Federico Manzone, L’ultimo paese (Canicola Edizioni). Senza parole, ma con un ritmo fluido e deciso, lo stesso del documentario muto al quale è in parte ispirato, I dimenticati di Vittorio de Seta. Entrambi hanno come scenario il paese di Alessandria del Carretto (in Calabria), dove si svolge un affascinante rito tradizionale che consiste nel trasporto di un tronco d’albero giù dai monti, a mano, durante una festa paesana. I veri protagonisti di questo libro, però, non sono coloro che spingono il tronco; lo sono anzi un bambino di nome Mimino e un uomo senza un braccio. Il primo è un miracolato, sopravvissuto a una frana, mentre il secondo è un pittore, e gli viene chiesto di realizzare un ex voto per il piccolo, dedicato appunto alla sua salvezza.
Un uomo senza un braccio in un paese di braccianti. È così che l’autore stesso definisce efficacemente il suo protagonista, del quale racconta il travagliato presente e passato. Per Manzone, lui e Mimino (ma anche il nonno di Mimino) sono espedienti per fare un viaggio a ritroso e in profondità, in una cultura rurale condivisa, ma anche, scendendo più a fondo, per indagare e riflettere su se stessi. Il suo è un raccontare neorealistico, tinto dal bianco e nero sfumato e talvolta delicatamente fumoso del carboncino delle matite, che somiglia di più ai toni scuri del cinema italiano di metà Novecento, che ai colori sbiaditi e inesatti de I dimenticati. Con quel cinema condivide anche l’approccio narrativo fatto di scene che si susseguono con selettività rapsodica, istintivamente, come passando irrequieti tra i vicoli del piccolo villaggio.
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L’ultimo paese è un racconto che conduce in un luogo lontano non per fare del documentarismo, ma per raccontare dell’altro; l’autore stesso spiega che il titolo nasce quando, diretto ad Alessandria del Carretto in bus, una vicina di sedile abbia definito la meta “l’ultimo paese” per dire quanto fosse distante, in fondo alla corsa della corriera (lo ha raccontato nel primo incontro di presentazione del libro, tenutosi al festival BilBOlbul). L’affresco rurale dipinto da Manzone mostra figure che trasmettono forte attaccamento alla terra e alla tradizione, simboli della vita stessa. Il nonno di Mimino è personaggio che chiama simpatia, icona della famiglia per come lo è stata per decenni, una di quelle figure immancabili nella famiglia. Mimino, per contro, è l’innocenza di chi scrive la storia e di chi a essa si lascia andare, affascinato dalla vita e innocentemente spavaldo. I braccianti sono assorbiti da un’esistenza fatta di semplice lavoro, mentre il pittore è un artista che la vita la osserva e ritrae, ma forse la vive più di coloro che sono costantemente indaffarati, mentre da essa è travagliato e afflitto.
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Il racconto è breve, raccoglie con fare concitato frangenti di vita ritratti con efficacia tramite immagini evocative. Tanta attenzione agli intenti simbolici delle figure umane tradisce in parte la chiara fruibilità consequenziale della trama. Ci sono dettagli dell’agire dei personaggi, seppur ben caratterizzati, solo sottintesi o accennati, mai rivelati a pieno, come del resto lo è l’aperto e criptico finale. In parte ciò lascia un senso di spaesamento (se mi si vuol concedere il gioco di parole) e frammentarietà; ma appare anche evidente che l’intento di L’ultimo paese stia nell’incantare il lettore e porgli/porsi domande, non tanto nel condurre in un viaggio narrativo lineare e ciclicamente compiuto.
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Probabilmente ciò che interessa di più a Manzone è la contrapposizione tra un contesto immobile e immutabile dal tempo e ogni singolare e inafferrabile umanità. Già la sequenza muta iniziale lo dice, e lo ribadiscono efficacemente certe tavole dal gusto onirico: l’apparizione della Madonna è graficamente quanto di più affascinante e suggestivo si sia visto rappresentare nel graphic novel recente italiano. Sfogliare e leggere il libro è camminare tra le vie di quel paese lontano, increduli e forestieri (come lo sono di fronte alla vita Mimino e il pittore).
L’ultimo paese
di Federico Manzone
Canicola Edizioni
130 pagine, b&n – 16€